Quale business può oggi permettersi di rimanere al di fuori della rivoluzione digitale? Abbiamo il privilegio di assistere a un processo storico di cambiamento che sta impattando, con diverse intensità, su tutti i settori della nostra economia. L’emergere di nuovi modelli di sharing economy e una maggiore accessibilità a opzioni e prodotti hanno conferito al cliente un potere inedito. I modelli di business sono orientati alla “decommoditizzazione” dell’offerta e al parallelo adeguamento delle strutture dei settori industriali, impattate dalla riduzione delle barriere d’ingresso e dalla scomparsa progressiva dei tradizionali confini tra essi.
Chi crede di poter sopravvivere senza adattarsi al nuovo contesto probabilmente ha già iniziato a perdere la partita. Come possiamo affrontare con successo progetti di trasformazione che ci permettano di adattarci e sfruttare tutte le opportunità che ci offre il nuovo scenario? Sulla base della nostra esperienza, guidando progetti per i nostri clienti, in Minsait, l’unità di trasformazione digitale di Indra, proponiamo un decalogo di best practice raggruppate in tre categorie: Leadership, Risorse + Metodo e Talento. La Leadership della C-suite è indispensabile per garantire il successo del piano di trasformazione, in quanto (1) tutti i progetti di trasformazione digitale devono partire da una riflessione strategica che definisca il ruolo che la nostra azienda aspira a svolgere nel business del futuro, identificando i vantaggi competitivi, le capacità e le risorse su cui basare lo sviluppo. (2) Naturalmente, questa riflessione strategica deve essere guidata dal CEO, che deve assumere un ruolo di motore delle iniziative, guidando i cambiamenti e, se necessario, superando le barriere e le resistenze che potrebbero emergere durante il processo. (3) Accanto al CEO, è essenziale poter contare su un coinvolgimento diretto e determinato del Comitato di direzione assegnando specifici obiettivi di trasformazione.
Per quanto riguarda le Risorse e il Metodo, (4) l’implementazione del piano di trasformazione in cui si cristallizza la visione strategica, deve avere un budget chiuso con visione Capex, per evitare la dipendenza della capacità di trasformazione dalla congiuntura e dalle fluttuazioni del business attuale. (5) In questo senso, è necessario affrontare gli investimenti con una “prospettiva di portafoglio”, volta a diversificare le iniziative e i prodotti in ogni fase del ciclo di vita, con la consapevolezza che i punti interrogativi di oggi saranno i nostri “prodotti-star” di domani, ma anche del fatto che molte iniziative possono e devono perdersi per strada. (6) L’incertezza, in ogni caso, può essere limitata stabilendo obiettivi specifici di business e indicatori di performance con un impatto sui conti, il che ci consente di avere margini di manovra e di aggiustamento durante la gestione del processo. (7) In molti casi, sarà necessario assegnare ruoli di responsabilità della trasformazione e creare strutture ad hoc, composte da team multidisciplinari con la capacità di agire trasversalmente nell’organizzazione. (8) Inoltre, l’attuazione delle iniziative deve correre in parallelo all’accelerazione degli attuali cicli economici. Pertanto, dobbiamo proporre modelli di implementazione iterativa, strutturati in cicli brevi in cui i momenti di progettazione e implementazione siano addirittura sovrapposti. Infine, (9) il successo dei nostri progetti di trasformazione passa attraverso la creazione di ambienti culturali adatti, orientati a una trasformazione costante e capaci di attrarre i migliori talenti. (10) In quest’ottica, è anche essenziale integrare le nostre aziende in ecosistemi aperti di partner, clienti, concorrenti e altri stakeholder che ispireranno la nostra stessa trasformazione. Tutto questo (10 + 1) richiede una prospettiva realistica che valuti la capacità di trasformazione “dall’interno” (inside out) e che sia in grado – se necessario – di proporre modelli “dall’esterno” dell’attuale organizzazione (outside in) capaci di guidare con successo la transizione verso il business del futuro.
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Pedro García, AD in Italia di Indra