Convergenze e prospettive. Il passaggio dall’IT all’organizzazione per comprendere le leve di change management, mettere in discussione vecchi schemi e cogliere nuove opportunità
A cura di Sonia Rausa – AIDP
La storia che ci piace raccontare in questo numero è quella di un manager nato nell’IT e approdato alla direzione delle risorse umane. Con Mauro Prestopino, Group HR director di A. Testoni, azienda del settore calzature e pelletteria che rappresenta l’eleganza italiana contemporanea nel mondo, ripercorriamo l’avventura di una funzione sempre più di leadership nella costruzione di ambienti digitali abilitanti in cui tecnologia e persone interagiscono per produrre valore. Questa storia ci aiuta a comprendere come la trasformazione digitale sia soprattutto una trasformazione umana che richiede nuove competenze e un mindset diverso. Ci racconta che i ruoli e le responsabilità – oggi – non hanno confini, e che l’impresa deve affrontare nuove complessità legate al cambiamento sempre più veloce dei processi, alla gestione di una forza lavoro sempre più diversificata e multiculturale, e alla necessità di scoprire nuove forme di motivazione delle persone.
ORGANIZZAZIONE E IT
«Ho iniziato a fine anni 80 nei sistemi informativi, quando l’informatica era un lusso per pochi, il web non era ancora nato, non si parlava di digitale e gli imprenditori che si lanciavano in progetti IT erano considerati poco meno che visionari» – esordisce Mauro Prestopino. «Un periodo pionieristico. L’attività informatica era artigianale, cucita sulle esigenze del cliente, con pochi processi rigidamente automatizzati». L’arrivo dei packages gestionali ha ampliato le aree di copertura funzionale e, gradualmente, è cambiato l’approccio: «Le aziende hanno iniziato a capire che era più economico adattare i propri processi alle best practice gestite dagli applicativi, piuttosto che investire in costose modifiche per adeguare i programmi ai propri flussi, e che l’informatica era un fattore abilitante del business solo se affiancata a un’organizzazione efficiente e snella». Soprattutto, era evidente come una cattiva organizzazione fosse alla base di ogni fallimento dei progetti di trasformazione digitale e come gli ostacoli alla digitalizzazione fossero di natura culturale, talvolta legati alla mancanza di know-how specifico in area HR. «È in questo contesto che matura la decisione di spostarsi dall’IT all’organizzazione» – spiega Prestopino. «Troppo spesso avevo visto naufragare validi progetti digitali a causa di processi carenti o mancanza di competenze. Mi sono appassionato di risorse umane cercando di entrare sempre più nei meccanismi uomo-uomo / uomo-macchina per capirne il funzionamento e approfondendo, da adulto, con un percorso di studi universitari, competenze sino ad allora maturate solo con la pratica e l’esperienza.
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FORMAZIONE
La rivoluzione tecnologica ha cambiato radicalmente il modo di fare impresa. Il primo impatto ha riguardato la formazione. «L’informatica parlava un linguaggio lontano dalle persone, il modello formativo era rigidamente formalizzato e legato al sistema operativo scelto: lunghe sessioni frontali per introdurre le funzionalità del programma e illustrarne i tecnicismi» – continua Prestopino. «L’avvento dell’informatica distribuita ha stravolto ogni regola, rendendo il digitale uno strumento realmente alla portata di tutti, non tanto dal punto di vista economico, ma da quello dell’apprendimento, uniformando alcune competenze tecnologiche di base prima riservate agli specialisti. La standardizzazione introdotta da PC, smartphone e tablet ha semplificato i processi di apprendimento, rendendo le applicazioni molto più intuitive e immediate». Siamo di fronte a una sorta di “accessibilità cognitiva” che l’uomo non ha mai sperimentato prima. «Il linguaggio digitale è ormai patrimonio comune e la formazione si può permettere di tralasciare alcuni aspetti tecnici per focalizzare l’apprendimento su un set di competenze evolute: far capire come le nuove procedure migliorino il modo di lavorare, l’organizzazione e le relazioni con gli altri soggetti coinvolti. Le tecnologie non hanno cambiato solo il modo con cui facciamo le cose e comunichiamo, ma ci consentono di fare cose diverse. Siamo in un mondo “intensificato”, dove le relazioni sono sempre più da uomo a macchina e da macchina a macchina. La pervasività dei dispositivi tecnologici (interfaccia vocale, robotica, API, gamification, analytics) ha cambiato il nostro modo di vivere e di lavorare, i nostri rapporti professionali e umani».
COMPETENZE
Un secondo impatto riguarda le competenze. Non occorre solo formare all’utilizzo degli strumenti ma a una comprensione profonda del cambiamento. Il continuo susseguirsi delle innovazioni rende rapidamente obsolete le conoscenze acquisite: «Non basta più “sapere” – avverte Prestopino – è necessario “sapere e volere imparare”. Diventa imprescindibile un profondo “rinnovamento” – culturale e di atteggiamento – nei confronti del cambiamento. Educare all’innovazione in tutte le sue forme è una delle principali responsabilità di una moderna direzione del personale. La capacità di mettere in discussione vecchi schemi per cogliere le opportunità che si presentano è il valore di cui ogni organizzazione ha bisogno. Promuovere la cultura del cambiamento in azienda significa far apprezzare, a tutti i livelli, le nuove forme del lavoro (dallo smart al cloud working), rese possibili da strumenti che semplificano l’esperienza lavorativa e garantiscono la necessaria iperconnettività (big data, predictive analytics, organizational network analysis, social recruitment, social learning, tools per la condivisione delle informazioni). Sempre più professionalità saranno disintermediate dal rapporto di lavoro gerarchico centrato sul controllo e sul tempo: liberate dalla scrivania verso modalità di lavoro inter-funzionale e modelli organizzativi per gruppi di lavoro per competenze e obiettivi, fondati su autonomia, fiducia e flessibilità. La digitalizzazione ci può consentire di far crescere le persone: attive, propositive, più responsabili e più orientate a dare risultati».
CONVIVENZA INTERGENERAZIONALE
Un’altra sfida da affrontare, come ci spiega il direttore delle HR di A. Testoni, è la convivenza intergenerazionale messa a dura prova dal digital che permea ogni aspetto della vita lavorativa di ciascuno. Attualmente, “anziano” non è più sinonimo di esperto e portatore di know-how, ma di “obsoleto” o, nella migliore delle ipotesi, “da aggiornare”. «Il principale compito della direzione HR – ci ricorda Prestopino – è proprio quello di accompagnare il processo di trasformazione digitale, guidando la trasformazione delle persone e delle loro competenze, attivando percorsi di Sensemaking, affinché l’innovazione venga accettata e ricercata a tutti i livelli dell’organizzazione». La capacità di comunicare sarà fondamentale, non solo all’interno delle organizzazioni ma anche all’esterno, per gestire la ricchezza dell’internazionalizzazione e cogliere le opportunità della multiculturalità. «L’HR dovrà rinnovarsi profondamente, acquisendo competenze in ambito comunicazione, marketing e anche tecnologico, reinventando la funzione e il modo in cui opera, per giocare un ruolo centrale nella trasformazione dell’organizzazione, lavorando con tutti gli altri attori strategici». In questo contesto, le attività di change management sono più significative di quelle tecnologiche: «L’obiettivo è di integrare competenze molteplici e disperse, far collaborare persone e tecnologie, funzioni e strumenti, abilitando le persone a un digital mindset pervasivo e diffuso a tutto l’ecosistema azienda».
L’energia delle persone
AIDP – Associazione Italiana per la Direzione del Personale – è il network italiano dei
manager e professionisti HR. Una community di oltre 17.000 membri, 3000 soci attivi, 16 gruppi regionali, una rete internazionale. Dal 1960 AIDP promuove uno sviluppo serio e responsabile della cultura manageriale in ambito risorse umane. Attraverso eventi, pubblicazioni, progetti e studi sul mondo del lavoro sostiene il successo delle organizzazioni e la crescita delle persone che vi lavorano.
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