Il riconoscimento facciale di Facebook arriva in Europa

Sei anni dopo il divieto imposto dall’Unione Europea la funzione di rilevazione biometrica approda anche da noi, per combattere gli abusi di identità (ma non solo)

Lo scorso dicembre Facebook aveva annunciato di aver risolto le problematiche di privacy circa il funzionamento del suo algoritmo di riconoscimento facciale. Tramite lo sviluppo di calcoli avanzati, il social network può associare singole foto ai nomi dei suoi iscritti. In un primo momento l’opzione era stata vista come una pesante violazione della riservatezza individuale, tanto da spingere l’Unione Europea a bloccarne la diffusione nel 2012. A seguito di un lavoro di affinamento e di protezione degli utenti, oggi la rilevazione intelligente del volto debutta in Europa con un senso tutto diverso, almeno nelle intenzioni. Secondo Facebook, la novità sarà la base della lotta ai furti di identità, visto che il riconoscimento segnalerà ad ogni persona quando la propria immagine risulta nelle foto degli altri, comprese quelle impostate come profilo.

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Cosa succede

Nel rispetto della privacy, il riconoscimento automatico può essere disattivato in qualunque momento, così da impedire agli amici di ottenere tag istantanei su chi compare nelle proprie foto. Certo è che in questo modo si rende inefficace anche l’alert inverso, ovvero qualora la nostra faccia comparisse in immagini di cui non siamo a conoscenza, non potremmo saperlo, così come non sapremmo se un’icona del profilo ospita sembianze che non dovrebbe.

Oltre alle procedure legate in qualche modo alla sicurezza dell’identità, il monitoraggio facciale servirà anche a migliorare l’esperienza di navigazione dei non vedenti o di chi soffre di disturbi della vista. Avendo la possibilità di caricare foto sulle quali compaiono i nomi degli amici senza doverli inserire manualmente, basterà passare con il mouse (oppure con il dito nelle app per smartphone) sui tag con il voiceover attivato, così da ascoltare le etichette dei presenti. Non ci sono tempi certi sulle modalità di integrazione nei singoli paesi dell’Unione ma pare sia questione di giorni, al massimo qualche settimana.

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