L’IT per il Fashion, la trasformazione digitale è di moda

Nel mondo del Fashion, creatività, buon gusto e senso degli affari sono condizioni necessarie. Ma non più sufficienti per avere successo in un settore che è industria a tutti gli effetti. E, come accade oggi in tutti gli ambiti, anche qui serve una robusta dose di digital transformation

Tra camerini prova virtuali in piena era “Fitting room 2.0”, piattaforme omni-channel e supply chain sempre più sofisticate, la trasformazione digitale ha fatto il suo prepotente ingresso anche nel mondo del Fashion. E non potrebbe essere altrimenti, perché quello che è forse il simbolo del Made in Italy più ammirato in tutto il mondo, oltre che uno dei più importanti, ne ha bisogno per mantenere il primato in un contesto sempre più competitivo. Dove creatività, buon gusto e senso degli affari non sono più sufficienti da soli. Anche perché, sotto la superficie “glamour”, il settore della Moda è un comparto dove l’aspetto industriale è più concreto che mai, nel quale l’apporto dell’IT è pervasivo, e si estrinseca in soluzioni che coprono tutti gli ambiti. Gli esempi non mancano: si parte dal PLM per gestire il processo di sviluppo delle collezioni, che va dalla pianificazione alla creazione fino alla pre-produzione, per poi passare ai sistemi per il controllo della produzione, sempre più sofisticati, per arrivare alle nuove supply chain, nelle quali il livello di ottimizzazione è in grado di fare la vera differenza tra successo e insuccesso, e infine, alle nuove frontiere dell’omnicanalità, e dell’Internet of Things applicato concretamente con soluzioni di notevole grado di innovatività.

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PLM DEDICATI E SISTEMI ERP SPECIFICI

Nell’iniziare questa indagine, che si propone di analizzare lo stato della digital transformation nel mondo del Fashion, va innanzitutto rilevato che l’utilizzo dei sistemi PLM in questo ambito è ormai un fatto acquisito da anni, e vede protagonisti praticamente tutti i principali vendor, sia generalisti sia specializzati, che presidiano il mercato con soluzioni sempre più sofisticate, che sono tranquillamente in grado di affrontare e gestire tutti i cambiamenti tecnologici che si stanno verificando anche nell’ambito Moda, oppure che stanno arrivando ora a maturazione, dando forma a nuove modalità di produzione e di consumo. Anche perché, pur essendo per molti versi un settore speciale e unico, quello del Fashion rimane un comparto industriale a tutti gli effetti, con tutte le esigenze classiche: sincronizzare e mettere in comunicazione i team di sviluppo, rendere le informazioni disponibili in modo tempestivo, integrare progettazione e sviluppo del prodotto con il resto della supply chain, soprattutto quella estesa. Si tratta di funzioni che i PLM sviluppati per la Moda si trovano a dover assolvere, soddisfacendo le peculiarità del settore. Un compito che è svolto anche dagli ERP sviluppati specificamente per il Fashion, che propongono piattaforme estese di gestione di tutti i processi che si compiono nel comparto Moda: dalla produzione alla supply chain, dalla distribuzione wholesale al retail, passando per il data management, gli analytics e gli ordini online, il tutto orchestrato da un ERP in grado di governare tutta la catena del valore.

PUNTARE SULL’INNOVAZIONE

Ma, al di là delle soluzioni in uso da tempo, come i PLM e gli ERP, anche per il Fashion è suonata la campana della digital transformation, che come accade per tutti i settori non riguarda solo la tecnologia, in quanto comporta un cambiamento molto più ampio all’interno delle aziende, e che implica un cambiamento culturale, di organizzazione, di processi e oltre. Però, per quanto riguarda in particolare il settore del Fashion, uno degli ambiti nei quali la digital transformation sta determinando maggiori cambiamenti è quello del retail: «Da una indagine che abbiamo condotto lo scorso anno su oltre 400 fashion retailer in tutto il mondo, è emerso che più del 40 per cento, per l’esattezza il 42 per cento, ha adottato, oppure intende adottare entro i prossimi dodici mesi, una Omni-Channel Commerce Platform, che rappresenta oggi uno degli abilitatori fondamentali della trasformazione per il Fashion» – spiega a Data Manager Giulio Raffaele, senior research analyst Retail Insight Europe di IDC. Non solo: da una survey svolta l’anno scorso da IDC sui mercati verticali europei, emerge che «il 47 per cento del budget dei fashion retailer verrà assegnato all’innovazione o all’upgrade incrementale, per cambiare il business model oppure per individuare nuove fonti di ricavi» – spiega Raffaele, che giudica «altrettanto interessante osservare che le priorità di business indicate dai retailer dell’ambito fashion sono al 59 per cento nell’innovazione e per il 47 per cento nella crescita dei ricavi».

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L’IMPATTO DEL DIGITALE

Anche i dati snocciolati a metà novembre scorso durante il Fashion & Luxury Summit organizzato a Milano da Pambianco, specializzata come noto nel settore Fashion, hanno fotografato una situazione dove la digital transformation è ormai una realtà acquisita. Anche perché, come ha detto David Pambianco, CEO di Pambianco Strategie di Impresa, ormai ogni azienda, in qualsiasi settore operi, è oggi un’azienda in cui la tecnologia ha un impatto talmente importante da renderla “digitale”, e questo comporta profondi cambiamenti in quattro ambiti principali: la gestione del brand e la comunicazione, l’offerta di prodotto, i canali di vendita e infine l’organizzazione. Per quanto riguarda il primo aspetto, quello della gestione del brand, lo scenario mondiale di oggi vede «3,4 miliardi di smartphone connessi e il 90 per cento dei brand del fashion con una propria presenza sui principali social network» – ha ricordato Pambianco, sottolineando come questo scenario stia cambiando profondamente le modalità e gli strumenti per comunicare. Non a caso, le analisi della società sull’impatto del digitale hanno mostrato che l’investimento in comunicazione delle aziende della moda e del lusso ha visto, dal 2012 al 2016, un aumento delle campagne social, passate dallo 0 a 12 per cento del totale, e del display advertising, cresciuto dall’uno all’undici per cento.

IMPLEMENTARE NUOVE STRATEGIE

Riguardo agli effetti del digitale sull’offerta di prodotto, Pambianco ha fatto notare come le collezioni siano sempre più frammentate per stimolare il consumatore: dal 2012 al 2017 sono aumentate in media da tre a cinque le uscite per singola collezione. L’influenza del digitale sui canali di vendita ha determinato invece la crescita della percentuale del fatturato retail, con la conseguente apertura di più negozi diretti. Oggi, secondo le analisi di Pambianco, le grandi aziende sviluppano oltre l’80 per cento del fatturato attraverso il canale retail, mentre le medio-piccole solo il 32 per cento. Tuttavia, la crescita passa attraverso il canale dell’e-commerce: la ricerca Pambianco evidenzia come il fatturato online del campione analizzato sia di 250 milioni di euro, pari a 2-6 per cento del totale. Inoltre, il 52 per cento delle aziende gestisce direttamente le proprie vendite online, mentre il restante 48 per cento le gestisce in partnership con operatori specializzati. Questo nuovo scenario spinge all’implementazione di strategie omni-channel, con la rete dei negozi direttamente collegata alla piattaforma online delle aziende. Infine, per quanto riguarda l’organizzazione, la trasformazione digitale sta avendo impatti non di poco conto: per esempio, per la gestione del contatto diretto con il consumatore, ha assunto una crescente importanza il customer relationship management, con il 79 per cento delle aziende intervistate da Pambianco che ha adottato sistemi di CRM.

UNA PIATTAFORMA OMNI-CHANNEL ABILITANTE

La trasformazione comporta quindi numerose implicazioni organizzative e di processo, che spingono per l’adozione di nuove piattaforme, come la Omni-Channel Commerce Platform, costituita da quattro “core capabilities”, secondo la definizione di IDC, e che consistono nel Customer Experience Management, nel Commerce Engine, nell’Order Fulfillment e nella Content Optimization: tutte queste attività «vengono orchestrate in tempo reale dalla Omni-Channel Platform per il retail attraverso un modulo centrale di artificial intelligence» – spiega Giulio Raffaele di IDC, sottolineando che «questa piattaforma è ancora in corso di costruzione, ma rappresenta il modello ideale al quale poi si ricollega l’intero ecosistema di servizi di front-end, di back office e altro, tramite opportune API». Di certo, questo è il modello al quale si va a tendere, e le piattaforme o le soluzioni proposte dai vendor e adottate nell’ambito Fashion contengono questi elementi, «anche se non necessariamente il singolo vendor è in grado di fornire tutte insieme le quattro capacità viste poco sopra» – fa notare l’analista di IDC, spiegando che tutti i principali vendor per così dire “generalisti” come per esempio IBM, SAP e Oracle hanno soluzioni per questi ambiti, così come le hanno anche vendor più specifici come per esempio Salesforce o Aptos, mentre vi sono anche casi di grandi player del retail che persistono nella loro tendenza di sviluppare tutte le soluzioni in casa.

I DUE MONDI DEL FASHION

Entrando più nel dettaglio, la netta priorità assegnata all’innovazione non deve stupire, anche in ragione della composizione del settore Fashion, che «è diviso in due grandi mondi: da una parte quello del cosiddetto Fast Fashion, costituito dai vari H&M, Mango o Zara, giusto per citare i primi che vengono in mente, e dall’altra parte dal mondo del Luxury» – spiega Giulio Raffaele di IDC. Come evocato dallo stesso nome, gli operatori dell’ambito Fast Fashion «hanno cicli di produzione sempre più rapidi, e hanno dovuto spingere per primi sulla digital transformation, mentre chi opera nel Luxury è arrivato dopo a considerare questa opzione». Le ragioni che hanno portato il mondo del Fast Fashion ad accelerare sulla trasformazione sono molteplici, a cominciare dal fatto che i cicli sempre più rapidi, l’onnipresenza del digitale e una clientela ancora più smaliziata sia nelle esigenze sia nei comportamenti, richiedono un supporto sempre maggiore da parte della rete dei punti vendita e dell’intero ecosistema del retail, e rendono la pianificazione dell’assortimento per i punti vendita fisici e digitali una sfida di non poco conto. In questo scenario – ragiona IDC – il mondo del Fast Fashion «ha capito che non poteva più basare le proprie attività sulle pure considerazioni finanziarie o partendo da presupposti di prodotto, ma doveva iniziare a ragionare mettendo al centro di tutto i comportamenti dei consumatori, fino ad arrivare a una sorta di micro-merchandising nel quale si decide il tipo di assortimento per ogni singolo negozio». Va però detto che adesso anche il mondo del Luxury si sta avvicinando alla trasformazione digitale, pur se «non è ancora molto chiaro il modello di utilizzo» – avverte Raffaele, sottolineando però che «è interessante notare che anche il Lusso si è accorto della necessità di cambiare marcia per non perdere opportunità di revenue in un contesto in continua evoluzione».

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RIVOLUZIONARE L’ASSORTMENT PLANNING

Proseguendo nell’analisi delle nuove frontiere della trasformazione digitale calata nel contesto Moda, uno degli aspetti più critici è oggi quello della pianificazione dell’assortimento, l’assortment planning, che «deve passare da un approccio di tipo product-centric, cioè centrato sul prodotto, a uno più customer e profit centric, ovvero ritagliato più sulle richieste dei consumatori e sui prodotti in grado di portare maggiori profitti» – sottolinea Giulio Raffaele di IDC, spiegando che questo «comporta l’adozione di modelli di pianificazione connessi di nuova generazione e di soluzioni che siano in grado di abilitare decisioni più rapide e granulari in merito agli assortimenti e agli acquisti». Non è quindi un caso se i dati della “Retail Innovation Survey” di IDC, condotta nello scorso giugno su oltre 400 aziende tra Europa e Stati Uniti, hanno rilevato che un terzo dei retailer, per l’esattezza il 34 per cento, ritengono il micro-merchandising e l’assortment planning l’elemento di fondamentale importanza nell’ambito dei loro programmi di innovazione. Le piattaforme di pianificazione dell’assortimento di nuova generazione devono essere in grado di supportare i merchandiser nell’affrontare le nuove esigenze espresse dai consumatori, oltre che i requisiti posti oggi dal retail, e possono farlo con piattaforme unificate e guidate dagli analytics.

INVESTIMENTI E PRIORITÀ

Tra le priorità di investimento nell’ambito Fashion rilevate dalla ricerca di IDC, le piattaforme di e-commerce sono al primo posto con il 52 per cento: «Si tratta di un ambito nel quale le aziende del comparto Moda proseguono gli investimenti senza sosta» – sottolinea Giulio Raffaele di IDC, precisando che al secondo posto, a pari merito con il 36 per cento, si collocano le soluzioni relative alla Customer Loyalty e le piattaforme di data management. In questi due ambiti, «si tratta di aspetti vitali anche per il settore Fashion, in quanto l’area della customer experience personalization assume sempre maggiore importanza alla luce del contesto competitivo, e oggi vede la presenza di soluzioni in grado di raccogliere i dati in maniera contestuale da più fonti, per poi elaborarli utilizzando anche sistemi di intelligenza artificiale, mentre l’area del data management trova molte applicazioni utili con le piattaforme che gestiscono i dati sia strutturati sia non strutturati».

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NELL’ERA DELLA FITTING ROOM 2.0

Ma non di solo e-commerce o analytics vive la trasformazione digitale in atto nell’ambito Fashion, perché molte altre sono le vie che l’innovazione sta intraprendendo. Tra le iniziative più recenti, è per esempio da segnalare quella adottata da Mango per dotare i principali negozi dell’azienda, sparsi in tutto il mondo, di camerini digitali, in pieno spirito “Fitting room 2.0”. La tecnologia alla base del camerino digitale è uno specchio digitale Internet of Things progettato da Mango e sviluppato da Vodafone in collaborazione con Jogotech, che permetterà al cliente di scansionare le etichette dei capi all’interno del camerino, e di contattare lo staff del negozio direttamente dallo specchio, per richiedere altre taglie o colori. Lo specchio suggerirà anche altri articoli da abbinare al capo scelto dal cliente. L’obiettivo di Mango è di estendere il camerino digitale a tutti i suoi principali negozi, da Barcellona a New York, con l’obiettivo di far beneficiare i clienti di un’esperienza d’acquisto integrata, che combina in modo efficace e armonico la componente digitale e fisica. L’iniziativa rappresenta per Mango la prima fase di un progetto di trasformazione digitale che mira a creare nuove forme di coinvolgimento e rapporto tra i clienti e il marchio.

QUANDO LA DIFFERENZA È SMART

La tendenza che porta all’era della “Fitting room 2.0” era già stata inaugurata lo scorso anno a Milano, nel concept realizzato nel punto vendita Diesel di Piazza San Babila con le tecnologie Samsung (www.samsung.com/it) e l’apporto di H-Farm per la parte di system integration. Il progetto pilota, partito a metà marzo dello scorso anno nel Diesel Planet, come viene definito il negozio milanese, si era posto come primo passo per la trasformazione degli store dell’azienda vicentina, presenti in tutto il mondo, con un rinnovamento che non riguarda solo l’ambiente dedicato allo shopping ma il modo stesso in cui il cliente interagisce sia con i prodotti sia con le persone che si occupano delle vendite. In particolare, le tecnologie Samsung in campo vedono impiegati gli smartphone e le soluzioni SMART Signage: oltre ai classici totem presenti all’ingresso, gli elementi su cui si basa il nuovo concept sono due tavoli touch digitali sui quali i capi possono essere contestualizzati in dettaglio, due display interattivi, chiamati “denim temple” e comandati dagli smartphone, e i camerini di prova smart, due dei quali sono dotati di display a 95 pollici per una visione davvero coinvolgente di come il capo può adattarsi alla persona. Vera chiave del sistema sono anche le etichettature RFID che avvengono in fabbrica, e che sono lette dai vari dispositivi Samsung per proporre le informazioni relative a ciascun capo.

AL SERVIZIO DEL FASHION

Infine, c’è un altro esempio che testimonia la continua necessità del mondo Fashion di trovare sistemi che innovino sia il prodotto sia il processo. Le nuove modalità concrete di collaborazione a distanza, abilitate dalle tecnologie più recenti, sono infatti al centro del progetto realizzato da VEM Sistemi su piattaforma Cisco Spark per Del Brenta, azienda con sede alle porte di Padova che si occupa della creazione, progettazione e produzione di tacchi, zeppe e plateau per i più grandi marchi di calzature al mondo. Si tratta di una piattaforma cloud di comunicazione e collaborazione, utilizzata dapprima all’interno dell’azienda ed estesa successivamente anche a clienti e fornitori. Come ha spiegato Stefano Bezzon, head of innovation di Del Brenta, «in un mondo come quello della moda, che opera su velocità pazzesche, con tempi nell’ordine delle ore, con Cisco Spark si possono condividere con i clienti i modelli senza essere fisicamente presenti. Lo stilista e tutti quelli che collaborano possono collegarsi con qualunque device e vedere contemporaneamente tutti la stessa cosa, comprese le modifiche ai modelli effettuate in tempo reale». La piattaforma sta consentendo a Del Brenta di ridurre in maniera drastica i tempi di sviluppo e di realizzazione dei prodotti, oltre che il tasso di errore nella realizzazione degli stampi, che è passato dal dieci per cento a circa l’uno per cento. Come dire che anche nella Moda, la trasformazione digitale permette ritorni sostanziosi. Ma soprattutto rapidi e tangibili.