L’abitudine è l’ostacolo principale al cambiamento di molte imprese. In molti casi, può essere solo sostituta con altre abitudini. Disinnescare le vecchie (e cattive) abitudini, creandone di nuove, è una delle caratteristiche principali che il nuovo CIO dovrebbe incarnare. L’attività più complessa in una fabbrica non è solo costruire il prodotto, ma mettere insieme tutti i pezzi secondo modalità, tempi e luoghi precedentemente pianificati, mentre la linea di produzione avanza. Questo significa tarare come un meccanismo di precisione magazzino, problemi di gestione delle parti, logistica, montaggio, relazione con fornitori, clienti e partner.
Il CIO che voglia essere veramente un leader della trasformazione digitale – che non può essere considerata più un’opzione, a patto che non si sia a pochi mesi dalla pensione (o dal licenziamento) – deve consumare le suole delle scarpe e non restare chiuso in ufficio: deve essere un tecnico, ma anche un creativo, per smontare e rimontare l’organizzazione con la leva dell’innovazione tecnologica.
Oggi, la possibilità di digitalizzare il processo di produzione – mettendo insieme industrial IoT, intelligenza artificiale, cloud, capacità di configurare l’infrastruttura as a Service, AR e VR, stampa 3D – permette di avere un’agilità senza precedenti per sviluppare non solo un nuovo modo di produrre ma anche una nuova generazione di soluzioni, servizi e prodotti, strettamente connessi.
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I CIO hanno la possibilità di rivoluzionare il modo di produrre, spostare e distribuire prodotti e servizi in tutte le industry. I CIO però devono essere lungimiranti ed essere consapevoli che molte scelte fatte oggi avranno ripercussioni sul futuro. Sicurezza, protezione dei dati, valorizzazione delle HR, design delle soluzioni diventano temi veramente centrali che andrebbero affrontanti ai più alti livelli di governance, fuori e dentro le imprese.
Quando parliamo di intelligenza artificiale, per esempio, lo dobbiamo fare in modo serio. L’AI può essere un acceleratore di business a patto che la si consideri uno strumento per migliorare la qualità del lavoro delle persone. L’AI che funziona è quella che rappresenta l’estensione delle capacità cognitive e l’empowerment delle capacità fisiche delle persone. Possiamo costruire fabbriche completamente robotizzate, ma dobbiamo chiederci se abbiamo adattato l’intelligenza delle macchine a quella delle persone e non viceversa.
La velocità dell’innovazione è il vero elemento dirompente della trasformazione digitale. Sono nato vicino a Maranello, in un territorio simbolo del “saper fare” e della capacità di affrontare le sfide della contemporaneità. La grande lezione che ho imparato, e che porto sempre nel mio lavoro, è che se si è pronti a rischiare, se si prende la strada più scomoda, allora si può prendere in mano il proprio destino e partecipare attivamente al futuro dell’azienda. L’innovazione, con buona pace di molti vendor, non è quasi mai “chiavi in mano” e non è un puro esercizio di ROI, anche se occorre sempre ricondurre qualsiasi progetto agli elementi base della buona gestione, altrimenti il rischio è solo quello di aggiungere confusione alla complessità.
Quando l’IT è vista come una funzione di mero servizio, non si riesce a cogliere il carattere propulsivo di questo ruolo, destinato a cambiare completamente. Non escludo, data la rilevanza dell’innovazione tecnologia e dei rischi connessi al business, che nei prossimi anni, i CIO più lungimiranti saranno chiamati dai consigli di amministrazione a prendere il posto di molti CEO dallo sguardo più corto.
Da technology enabler a business enabler, il cambio di ruolo è sfidante: prima era pull, adesso è push. Se in passato, il mio focus era quello che produceva l’IT, adesso è quello che produce l’azienda. È vero che in Italia questo ruolo, per ragioni strutturali e generazionali, continua a essere un po’ “provinciale”. Basti considerare che il CIO in molti casi dipende dal CFO, con tutto quello che significa. Il cambiamento – però – è in atto ed è inesorabile. I CIO devono prepararsi in tempo, per non essere colti di sorpresa. L’IT farà sempre di più la differenza, ma solo con le persone giuste al posto giusto.
Patrick Malservisi, IS/IT director di Toyota Material Handling Europe-Supply
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