Rif Line Italy Spa è una delle aziende emergenti in Italia nel settore della logistica internazionale. Con direzione a Roma e sedi in tutto il mondo (da poco è stata aperta quella di Osaka in Giappone), Rif Line ha chiuso bilanci in costante crescita ed è stata segnalata tra le prime 50 PMI del Lazio da MF, selezionate tra quelle con un fatturato compreso tra 10 e 250 milioni di euro al 2015 con un Ebitda positivo ed una crescita del fatturato superiore al 10% rispetto all’anno precedente.
Ormai si parla di “Logistica 4.0” per intendere la sempre più forte connessione tra la logistica e la digitalizzazione, lo stravolgimento delle modalità di trasferire ordini nel più breve tempo possibile, grazie ad uno sviluppo tecnologico e alla nuova trasformazione della macchina manifatturiera connessa all’industria.
Ne parliamo con Francesco Isola, Managing Director di Rif Line Italy Spa.
Quali sono i cambiamenti prima culturali e poi concreti ed operativi che un’azienda leader della logistica Internazionale come Rif Line deve affrontare per queste nuove sfide?
Fare dell’innovazione non soltanto un concetto ma una strategia precisa, il centro della propria attività e dei propri progetti. Per molti anni la logistica è rimasta sostanzialmente sempre uguale a se stessa, si trattava di movimentare delle merci, era un mondo molto “meccanico”, l’unica innovazione possibile poteva essere sui mezzi di trasporto utilizzati, ma ben poco sul piano del metodo di lavoro e sul modello organizzativo. L’arrivo del digitale e la globalizzazione rivoluzionando l’impresa e la produzione, hanno rivoluzionato anche la logistica. Oggi chi si occupa di logistica internazionale per aziende globalizzate, di fatto divenne parte integrante del processo produttivo. Non ci limitiamo più a distribuire il prodotto, contribuiamo a realizzarlo. Ecco perché ogni fase di movimentazione deve essere perfettamente monitorata in ogni istante, ogni fase deve essere coordinata, ogni area del mondo interessata deve essere presidiata da referenti efficaci. D’altronde oggi tutti noi siamo abituati, quando ordiniamo un libro sul web ci aspettiamo di sapere in tempo reale il suo percorso con il Corriere. E’ ovvio che chi deve movimentare merce tra paesi diversi, coordinando magari spedizioni diverse e fasi produttive, voglia conoscere nei minimi dettagli ogni fase. La digitalizzazione ha quindi un ruolo chiave, anche in un settore come il nostro molto “materiale”.
Si produce in luoghi diversi, si assembla in luoghi diversi, si vende in luoghi ancora diversi. La Logistica diventa quindi parte integrante della produzione? Può fornirci qualche esempio o case study?
Un nostro cliente, che produce articoli fashion, produce in Cina una parte del prodotto, negli Emirati Arabi un’altra parte, li assembla in Germania e li vende negli Usa. In un altro caso, sempre nel settore moda, si realizza in Italia una parte del prodotto, all’estero la si lavora, poi il prodotto torna in Italia per essere terminato. E poi si spedisce in tutto il mondo nel punto vendita. Ma di esempi del genere se ne potrebbero fare tantissimi. E’ evidente che per clienti come questi non basta avere al proprio fianco un’azienda che organizza la logistica: occorre un vero e proprio partner strategico che coordina ogni momento del trasporto con le fasi produttive, che permetta di monitorare in modo semplice la posizione e le eventuali problematiche doganali.
Proprio per questo la politica dei “dazi” di cui spesso si parla e che è di stretta attualità viste le recenti scelte di Trump, sono delle strategie decisamente “vecchie” perché non tengono conto di come si è trasformata l’economia e la produzione in questi anni. Oggi colpire con dei dazi dei prodotti come se fossero realizzati in un solo luogo vuol dire semplificare e in ultima analisi danneggiare il proprio stesso mercato. Un prodotto “finito” è molto spesso il frutto di tanti processi produttivi che si svolgono in parti diverse del mondo, e spesso solo una minima parte di questo viene effettivamente realizzato nel paese che lo esporta. Si pensi al caso delle MINI che vengono solo in minima parte prodotte effettivamente in Gran Bretagna, o dei prodotti Apple che vengono considerati prodotti in Cina, ma che in realtà sono frutto di processi produttivi, ingegneristici e semilavorati che vengono effettuati in paesi diversi: Germania, Giappone, Corea…Colpire con un dazio un prodotto, nella speranza di ridurre il surplus commerciale di singoli Paesi, significa quindi danneggiare anche la propria capacità produttiva.
Avete da poco presentato la vostra nuova piattaforma “webcontainer” per tracciare costantemente ogni spedizione. Come ritenete che si possa e si debba sviluppare in futuro la digitalizzazione della Logistica?
Webcontainer è stato un passaggio essenziale per Rif Line e per i suoi clienti, perché permette di monitorare ogni passaggio in modo semplice, in tempo reale. Ma occorre fare anche di più, soprattutto integrando in modo efficiente i sistemi di Rif Line, quelli delle aziende di trasporto e quelli delle aziende clienti, divenendo quasi un tutt’uno. In questo modo non ci saranno più “sistemi” ed “aziende” che devono coordinarsi tra loro, ma un sistema digitale unico, che armonizza produzione e logistica, trasporti e burocrazia doganale. Ovviamente si tratta di una sfida complessa ma assolutamente possibile. Noi di Rif Line crediamo che proprio nell’innovazione si giocherà la partita dei prossimi anni, ancora di più di quanto succede già oggi. Non per niente la nostra azienda è cresciuta esponenzialmente negli ultimi anni ed è diventata una delle protagoniste del settore in Italia proprio perché ha puntato tutto sulla digitalizzazione e sulla capillare presenza nelle varie aree del mondo. Abbiamo aperto da poco la sede di Osaka proprio per presidiare meglio una delle zone più strategiche per il commercio internazionale. La nostra formula per i prossimi anni è quindi di proseguire su questo percorso: innovazione e capillare presenza nei paesi strategici. E la capacità di integrarci con il percorso produttivo e distributivo del cliente.