La conferenza sul tema, organizzata da IDC a Milano a fine febbraio, ha identificato gli elementi principali di una digital transformation di successo, che non è uguale per tutte le aziende
Ormai la trasformazione digitale è un processo consolidato. E il numero di chi la intraprende è in costante ascesa: otto aziende europee su dieci la considerano oggi una priorità strategica, evidenziano gli studi di IDC. Ma di pari passo crescono anche i rischi di affrontarla in maniera sbagliata. “È inutile aver implementato tecnologie o processi nuovi se poi si continua a eseguire le cose nello stesso modo in cui si faceva prima: la trasformazione digitale deve insistere su tutto l’ecosistema, sui fornitori, sul canale e sui clienti, che devono essere in grado di interagire con l’azienda”, ha infatti ammonito Sergio Patano, Senior Research and Consulting Manager di IDC Italia, in apertura dei lavori della IDC Digital Transformation Conference 2018, tenutasi a fine febbraio a Milano. Con il titolo molto suggestivo “Being Successful in Digital Business Transformation”, lo specialista in ricerche sul mercato dell’ICT ha fatto il punto su ciò che serve oggi per avere successo nella trasformazione digitale del business, chiamando a raccolta anche Demetrio Migliorati, Head of Blockchain Program di Banca Mediolanum, che ha tenuto un interessante keynote incentrato sui nuovi paradigmi del Fintech, e alcuni dei principali vendor, come, tra gli altri, Target Reply e Alcatel-Lucent Enterprise.
Guardare ai processi
Delineando i contorni del fenomeno trasformazione digitale in apertura di lavori, Sergio Patano ha osservato che “la trasformazione digitale non è solo tecnologie, ma anche rivoluzione nei processi di business, che prevedono cinque punti chiave della transformation: Leadership, ovvero la capacità di sviluppare e implementare una strategia per la trasformazione digitale del modello di business; Omni-experience, cioè orchestrare l’universalità dei canali digitali in modo coerente, per fidelizzare i clienti; Information, ovvero fare leva sulle informazioni per ottenere vantaggi competitivi che consentano all’azienda di rispondere rapidamente alle opportunità, prendendo decisione sempre informate; Operating Model, cioè rendere le business operation più efficaci e reattive, poggiando su prodotti, servizi, asset, persone e partner connessi digitalmente; e infine WorkSource, trasformando il modo in cui le aziende accedono ai talenti, li connettono tra loro e con l’intero ecosistema per generare valore”.
Approccio olistico
Per verificare come sono posizionate le aziende italiane su questi cinque aspetti, IDC ha svolto un’indagine in collaborazione con Assintel su un campione di 1.000 aziende, dalla quale è emerso un quadro non omogeneo, con punte positive negli ambiti Leadership e Information, controbilanciate però da livelli non ottimali nelle aree dei Modelli operativi e nella Worksource, dove, quasi paradossalmente, sembra messa meglio la pubblica amministrazione. Un altro elemento da tener presente, ha proseguito Patano, è che “oltre a essere di processo, la digital transformation ha natura olistica e soprattutto ‘disruptive’: non può non esserlo, in quanto deve portare a far competere con aziende che sono native digitali, e questo richiede una vera ristrutturazione, con una roadmap ben precisa”. Non solo: “la trasformazione digitale non può essere uguale per ogni singola azienda, ed è per questo che noi proponiamo un framework di riferimento che ogni azienda deve adattare alla propria realtà, guardando al proprio interno e comprendere quale parte dei loro sistemi legacy è ancora valida e quale invece è un freno all’innovazione”, anche perché “non si tratta di un percorso breve, in quanto deve portare le aziende lontane dal legacy e il più possibile vicine a quelle nate già digitali”, ha concluso Sergio Patano.