Gli USA vogliono capire perché Apple vieta di riparare gli iPhone ai rivenditori

La California è tra gli stati firmatari di una legge che vuole semplificare il processo di riparazione di prodotti hi-tech. La Mela non ci sta e segue la sua strada

Nella seconda metà del 2017, la California aveva lavorato duramente per far passare, all’interno dei propri confini, il cosiddetto Right to repair bill. Si tratta di una legge che prevede la possibilità che negozi e rivenditori ricevano dai costruttori di tecnologia gli schemi di realizzazione dei propri prodotti per ripararli in prima persona, invece di mandarli per forza ai centri autorizzati. Tra le compagnie più dubbiose sulla norma, anzi del tutto ostili, c’era Apple, che da sempre spinge per dare l’esclusiva sulla manutenzione ai suoi Store, che concentrano vendita e supporto hardware/software.

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La strategia del gruppo, almeno nei confronti del consumatore, è vincente: quando uno smartphone, un tablet o un portatile della Mela ha un problema, basta recarsi presso il negozio brandizzato più vicino per ottenere una verifica, un preventivo e il giorno dell’eventuale sistemazione, in garanzia o a pagamento. Il tutto avviene spesso in tempi brevissimi, tanto che il cliente può benissimo aspettare il tempo necessario per riavere il suo iDevice come nuovo.

Qual è il problema

Una strategia del genere potrebbe andare bene agli States se non bloccasse, di fatto, le attività di riparazione parallele. Apple si è opposta concretamente alla procedura legislativa a New York, cercando di convincere anche gli altri giudici federali a respingerla, stando a quanto riportato dai media oltreoceano, ad esempio nel Nebraska. Per quale motivo? Per la multinazionale, permettere ai soli tecnici autorizzati di riparare i propri dispositivi è necessario per proteggere la proprietà intellettuale, la sicurezza degli utenti e quella degli stessi aggeggi elettronici. Qual è la paura? Gli hacker? Le agenzie governative? Il cybercrime organizzato?

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Probabilmente tutto questo, ma la domanda che si pongono gli enti in difesa dei consumatori è: gli iPhone acquistati appartengono a noi o ad Apple? Sembra evidente che qui il diritto all’acquisto vada in direzione diametralmente opposta a quella dell’utilizzo e della manutenzione, vista l’assenza di una scelta libera quando un display si graffia e si vorrebbe aggiustarlo presso il negozio di fiducia, non considerato dall’elenco speciale di Cupertino.

Per questo Susan Talamantes-Eggman, che ha introdotto la legge in California, ha chiesto formalmente ad Apple di argomentare la sua posizione, spiegando chiaramente dove la norma metterebbe in pericolo l’incolumità dei prodotti casalinghi, tale da vietare a rivenditori persino una diagnostica software sullo stato di salute del terminale.