Operatori infrastrutturali, virtual operator e OTT. Quali saranno le tecnologie che plasmeranno le scelte strategiche nel settore delle telecomunicazioni? Chi saranno i protagonisti del mercato? Il futuro è nel 5G e nell’iper-convergenza. Dalle startup, arriveranno le sorprese maggiori
L’intero comparto delle telecomunicazioni attraversa una fase complessa, all’insegna della convergenza dei modelli di trasporto e distribuzione e della virtualizzazione legata al “software defined everything”. Fenomeni come la convergenza di reti fisse e mobili, l’erosione delle tradizionali marginalità, la continua concentrazione, la pressione competitiva esercitata da over the top proprietari dei contenuti e da nuovi entranti – spesso cresciuti in ambiti tecnologici diversi – la regolamentazione che tende a stimolare ulteriormente la concorrenza, non facilitano la vita né agli operatori, le cosiddette telco, né a chi fornisce gli apparati che sono alla base delle nostre infrastrutture TLC. Infrastrutture, che rimangono un asset fondamentale per le attività di impresa, la crescita commerciale ed economica, la formazione, la sfera politica, la qualità di vita dei cittadini. Difficoltà e complessità che aumentano se si guarda al futuro praticamente già in atto, con tecnologie emergenti come il 5G, la Network Function Virtualization, gli standard per la prossima generazione di Internet of Things, da UWB a Li-Fi. Con questo servizio – e la partecipazione di analisti, operatori, technology provider e società di servizio – Data Manager vuole identificare le tecnologie che plasmeranno le future scelte strategiche delle nostre infrastrutture, fornendo una risposta a una serie di interrogativi. Chi saranno i futuri protagonisti del mercato degli apparati? Come evolveranno le già complesse relazioni tra gli operatori infrastrutturali, i virtual operator e gli OTT? In che direzione sceglieranno di andare i regolatori, tra i due estremi della piena network neutrality e la necessità qualità/prioritizzazione del traffico per le applicazioni più mission critical? Come affrontare il problema della sicurezza e dell’integrità dei dati e dei contenuti?
CRESCITA LENTA
Come sempre, chiediamo agli analisti di IDC Italia di aiutarci nell’inquadrare il discorso anche in termini quantitativi. Quali sono i principali trend del settore delle telecomunicazioni e quali, soprattutto, i valori in gioco? A livello globale, il settore continua a rappresentare una fetta importante dell’economia, con un valore medio intorno ai 1400 miliardi di dollari. I fatturati globali dovrebbero collocarsi poco sopra questa soglia nel 2021, con una crescita aggregata annua di appena l’1,2 per cento nel quinquennio cominciato nel 2016. Il 2018 potrebbe vedere una crescita leggermente maggiore, ma in seguito peserà la dismissione di quote di infrastruttura legacy, di vecchia generazione. Oggi, le aree del mondo in maggior crescita sembrano essere l’Asia-Pacifico e l’America Latina mentre il mercato dell’Europa Occidentale mostra solo timidi segni di ripresa di una linea sostanzialmente piatta. Su un piano più tecnologico, rivela Daniela Rao, senior research and consulting director di IDC Italia, «i principali operatori continuano a essere impegnati nella realizzazione di infrastrutture geografiche sempre più software defined (SD-WAN), vere e proprie piattaforme di servizio ad alta virtualizzazione, che sfruttano cioè i concetti di software defined network e network function virtualization. Un altro filone è la commercializzazione di piattaforme integrate di collaborazione oltre che di comunicazione». Questo fenomeno di digital transformation, che investe anche i proprietari delle grandi reti di telecomunicazione, consente agli operatori di ottenere i vantaggi tipici di questo cambiamento: riduzione dei costi e delle inefficienze, maggiore flessibilità e apertura nei confronti del cliente e offerta di servizi innovativi.
La mobilità dei dati e delle persone continua a sostenere il predominio delle comunicazioni wireless, ambito che cresce infatti in modo più marcato in termini di fatturato globale (siamo intorno al 4%). D’altro canto, le curve scontano la forte spinta competitiva su determinati servizi e la loro saturazione. In Europa, Nord America e Asia, per esempio, la telefonia convenzionale – la voce, per intenderci – è nella migliore delle ipotesi, piatta. «Gli operatori mobili – osserva Daniela Rao – devono affrontare la sfida rappresentata dall’avvento sul mercato di nuovi protagonisti, per esempio, gli operatori locali in fibra o cavo in grado di arrivare al cliente con estensioni Wi-Fi e servizi interattivi. Non a caso assistiamo a un costante consolidamento e al bundling di servizi». Sulle tradizionali infrastrutture fisse, il calo dei fatturati non riesce più a essere controbilanciato dalla crescita registrata dall’offerta di servizi integrati a larga banda. La “voce” – così com’è oggi – rappresenta un business che ogni anno si contrae del 4% in media. Ma quali sono i mercati più interessanti? «Il mercato professionale continua a generare una forte domanda di connessioni VPN, cloud e servizi di tipo collaborativo» – precisa Daniela Rao. «Particolarmente attivo, e quindi competitivo, è il segmento costituito dalle medie imprese, con una focalizzazione sui servizi e la customer experience». Il mercato rappresentato dagli operatori è animato da un costante riallineamento dei portafogli di servizi, con una forte enfasi regionale. E in questo scenario, il valore delle operazioni di Merger & Acquisition continua a crescere. «In Europa, il mercato delle TLC genera circa 250 miliardi di dollari nelle sole nazioni dell’Europa occidentale, ma l’andamento anno su anno è sostanzialmente piatto» – spiega ancora Daniela Rao. «L’erosione dei tradizionali flussi di ricavi implica la necessità di differenziare moltissimo in termini di servizio e se in passato questo ha significato – in molti casi – puntare sui contenuti televisivi e video, oggi la sfida si sta spostando altrove. Lo scontro tra telco e “over the top” non infrastrutturati, provenienti dal mondo Internet, non ha portato fortuna alle prime. Secondo IDC, l’unica possibile piattaforma di differenziazione è proprio la trasformazione digitale, il diffondersi di modelli di cloud ibridi nelle imprese e, in misura crescente, nel mercato residenziale. Anche qui, la concorrenza non manca, come dimostra la presenza di operatori cloud provenienti da ambiti puramente IT o Internet, come Amazon, Google e Microsoft.
IL FUTURO PARLA 5G
Un altro terreno di crescita evidenziato da IDC e confermato dai partecipanti alla nostra tavola rotonda virtuale, sarà a partire dal 2018 la nuova generazione di infrastrutture mobili, il 5G, i cui standard radio sono stati ufficialmente approvati a livello di Third Generation Partnership Project (3GPP), solo lo scorso 20 dicembre, aprendo la strada ai primi trial su scala locale (la stessa Vodafone, per esempio, ha già svolto i primi test con apparati di rete Ericsson e IDC conta una decina di analoghe iniziative prese da altri operatori mobili). Il 5G si innesta sulla recente tradizione del 4G LTE, introducendo un nuovo tipo di interfaccia radio, la 5G NR (new radio), a sua volta basata su una modulazione del segnale ancora più efficiente e compatibile con uno spettro di frequenze ancora più ampio. Il 3GPP si è concentrato su tre pilastri del 5G: l’enhanced mobile broadband, la massive machine type communications e la ultra-reliable low latency communications per venire incontro alle esigenze di una infrastruttura che dovrà supportare in misura equa utenze mobili sempre più interessate ai contenuti a larga banda, estese applicazioni della IoT e una varietà di servizi mission critical come la driverless car.
Ma è arrivato il momento di dare la parola agli operatori e alle aziende, partendo proprio dall’evoluzione delle infrastrutture e degli standard di rete. «Il settore delle telecomunicazioni si appresta a vivere una trasformazione senza precedenti con l’avvento del 5G» – afferma Adam Lloyd, head of marketing & communications, South East Mediterranean di Ericsson. «A fine 2017, Ericsson e TIM hanno attivato presso il Politecnico di Torino la prima antenna 5G a onde millimetriche sull’intero territorio nazionale, grazie alla quale è stata raggiunta la connessione record di oltre 20 Gigabit/s, il massimo dimostrato dalla nuova tecnologia in ambito urbano». Secondo Ericsson, la quinta generazione del telefono cellulare, i cui primi modelli compatibili dovrebbero arrivare tra la fine di quest’anno e il 2019, non garantirà solo maggiore velocità, «ma darà vita a nuovi modelli di business con servizi cloud distribuiti e reti programmabili che consentiranno il riuso intelligente delle informazioni e abiliteranno la collaborazione tra le diverse industrie, supportandone la piena digitalizzazione».
Nei tre centri R&S di Ericsson in Italia si lavora già da tempo all’evoluzione delle attuali reti mobili verso il 5G lungo i tre pilastri già elencati: massive IoT, per garantire connettività continua a migliaia di dispositivi; critical IoT, per situazioni di monitoraggio e controllo da remoto in tempo reale anche in ambiti come la sanità e la smart grid, che necessitano di latenze molto basse; e infine; enhanced mobile broadband per offrire contenuti broadband di qualità uniforme anche in bacini molto popolati. Anche per un system integrator come Indra, il futuro è nel 5G. «Non è uno slogan – afferma Fabrizio Ceschini, direttore del settore telco in Italia – ma una reale necessità dettata dai nuovi scenari di integrazione tra mondi sempre più convergenti e interoperanti». La strategica importanza dei nuovi standard mobili non è legata solo all’enorme massa di dispositivi “smart” attesi per i prossimi anni, ma alla necessità di sviluppare nuove applicazioni proprio in direzione della machine-to-machine communication e dell’IoT. «In questo, il mondo dell’automotive farà ancora una volta da traino per l’innovazione» – conclude Ceschini.
IOT E COGNITIVE
C’è anche chi, come Massimo Ceresoli, head of Global Services Southern and Central Europe di Orange Business Services, coglie gli elementi di possibile preoccupazione, ponendosi dal punto di vista di chi deve decidere oggi gli investimenti futuri in questi ambiti. «Il mercato è in rapida evoluzione, c’è il rischio di non investire nella giusta direzione. Anche fare la scelta giusta è strategico». Orange Business Services – per assistere le aziende nell’analisi delle esigenze e nella scelta di soluzioni, oggetti e sensori più adatti e certificati – ha sviluppato la linea di offerta “Datavenue”. «Grazie alla nostra competenza, al portafoglio servizi e agli oltre 700 esperti IoT – prosegue Ceresoli – gestiamo con attenzione i dati delle aziende e dei loro clienti, dalla progettazione alla realizzazione, con il massimo livello di sicurezza e nel rispetto delle normative dei paesi interessati». Se poi torniamo a pensare alle infrastrutture convergenti fisse, il data center – privato o pubblico che sia – rimane uno dei cardini della trasformazione. «Considerando l’evoluzione degli scenari tecnologici, dall’IoT al cognitive computing – afferma Davide Suppia, country manager e vice president sales di DATA4 Italia – le aziende si stanno focalizzando su una transizione verso le potenzialità dell’Hybrid IT, scegliendo i servizi di colocation come mezzo per sfruttarne tutti i benefici».
Se Davide Suppia ha ragione, quale ruolo sono destinati ad avere gli operatori “alternativi”, i grandi proprietari di data center pubblici con la loro cultura informatica nella competizione con le telco? Per Ceresoli di Orange Business Services l’interazione tra reti e applicazioni è sempre più avanzata. Proprio per questo «è importante il ruolo di un partner come Orange Business Services, con un DNA nelle telecomunicazioni e una forte esperienza nel cloud. Tutte le infrastrutture si stanno spostando verso il cloud, comprese le soluzioni di comunicazione unificata e SDN, per migliorare la convergenza e la flessibilità delle risorse IT, di connettività e di sicurezza». D’altronde, ricorda Ceschini di Indra, il futuro di chi oggi è chiamato a gestire un data center si chiama Software Defined Data Center. «La virtualizzazione è stata la tecnologia che ha permesso di superare i vincoli e i limiti dettati dalle infrastrutture hardware e software, rendendo più flessibile l’IT. Oggi, l’estensione delle tecnologie di virtualizzazione alle infrastrutture di rete, con SDN e NFV, ci catapulta in un nuovo mondo che potremmo definire di IT as a Service, dove l’iper-convergenza rappresenta la nuova frontiera per un ambiente virtualizzato completo e chiavi in mano». E Suppia di DATA4 Italia incalza: «Come fornitore di colocation, riteniamo che il data center di nuova generazione debba includere una vasta gamma di servizi come quella erogata dal nostro Digital Hub, che garantisce gli asset per un’efficace implementazione di una strategia IT ibrida.
DALLE STARTUP LE MAGGIORI SORPRESE
Come giudicare invece l’attuale quadro competitivo nel mercato degli apparati infrastrutturali? Suppia è convinto che se vendor tradizionali come HPE, Dell, Lenovo manterranno il loro posizionamento di brand, almeno per quanto riguarda il data center, «provider in grande crescita, come per esempio Inspur, che fornisce server rack “pre-filled”, sono destinati ad affermarsi sempre di più nel panorama IT». Guardando al nuovo modello dell’IT as a service, conferma Fabrizio Ceschini di Indra, si proseguirà su una strada di concentrazione, con pochi e specializzati operatori – nati in contesti diversi ma ormai convergenti – configurati come provider tecnologici end-to-end. «In questo scenario, è dalle startup che dobbiamo aspettarci il tasso più alto di innovazione e le nuove tecnologie con le quali superare i limiti attuali. Prendiamo per esempio l’Industry 4.0: nell’ambito del processo che porterà alla produzione automatizzata, un ruolo di rilievo spetta alle aziende emergenti che si occupano di industrial analytics, ovvero lavorano sulla valorizzazione dei dati raccolti per ottenere vantaggi a partire dal machine learning».
Un altro fronte da monitorare è quello degli standard e delle normative. Sarà possibile garantire un mercato non eccessivamente ingessato e ricco di opportunità per tutti? «I data center dovranno conformarsi ai regolamenti del paese in cui sono archiviati i dati, rispettando per esempio i requisiti GDPR. Ciò significa che i fornitori di servizi cloud dovranno investire ulteriormente nei fornitori di data center in colocation, che daranno loro capacità cloud “regionali” o “nazionali» – osserva Davide Suppia di DATA4 Italia. I regolatori, però, oltre a imporre limiti, non devono trascurare gli incentivi. «Il piano per la diffusione della banda larga può essere considerato un successo» – riconosce Ceschini. «Adesso, è necessario indirizzare i prossimi investimenti per stimolare la domanda di servizi evoluti che potranno beneficiare delle moderne infrastrutture. Il primo esempio deve venire dai servizi pubblici, con un modello di switch-off, così come è stato fatto per la tv con il passaggio dall’analogico al digitale, incentivando la popolazione a usare solo il servizio digitale perché rende più semplice la vita al cittadino». Un altro esempio citato dal responsabile del settore telco di Indra è rappresentato dalle offerte convergenti di connettività e contenuti, dove i principali operatori di pay-tv stringono alleanze e addirittura fusioni con i grandi operatori per lanciare offerte triple o quadruple play, in grado di combinare contenuti televisivi e servizi telefonici avanzati, stimolando così la domanda di connettività.
CONVERGERE PER EMERGERE
A fronte di tutto questo, dove si collocano le strategie di sviluppo prodotti e marketing dei protagonisti del futuro mercato convergente? Il ruolo di DATA4 è supportare le organizzazioni nella transizione da data center “on premise” a infrastrutture che si integrano perfettamente con il cloud. L’operatore di server farm francese, nato dodici anni fa da una joint venture tra Alcatel e Colony Capital, assicura servizi altamente scalabili grazie a grandi riserve fondiarie per i suoi campus, i prezzi competitivi per l’energia, e alla velocità di realizzazione (un data center in nove mesi). «Beninteso, oltre a tutte le specifiche e caratteristiche infrastrutturali necessarie a garantire alte prestazioni, disponibilità 99.999% e sicurezza totale» – fa notare Davide Suppia. Lo sviluppo di servizi innovativi richiede la disponibilità di budget importanti, aggiunge Massimo Ceresoli di Orange Business Services. L’industrializzazione dei servizi e il livello di performance non devono far lievitare i costi, o andare a scapito della sicurezza o del rispetto delle normative. «I clienti devono affidarsi a società in grado di mantenere i servizi sempre aggiornati e disponibili nel tempo. Servono partner finanziariamente solidi e robusti, con una storia che ne testimoni l’impegno a lungo termine. Orange Business Services investe regolarmente in R&D per lo sviluppo di servizi convergenti per le reti e le applicazioni: Collaborative workspace, Cyberdefence, Datavenue e Flexible IT sono alcune delle soluzioni introdotte per incrementare l’efficienza dei collaboratori, offrendo un valido e sicuro supporto alle aziende». Nell’attuale scenario, ricorda infine Fabrizio Ceschini, è evidente che per una azienda come Indra, la sfida si gioca tutta sulla «capacità di aiutare i clienti a innovare e di governare la Digital Transformation». Il portafoglio di soluzioni del system integrator spagnolo indirizza da una parte la necessità dei suoi clienti TLC di ottimizzare, consolidare, virtualizzare ed evolvere il mondo delle applicazioni IT, dall’altra di facilitare la transizione verso i nuovi canali digitali. «Per fare questo, abbiamo vissuto un processo di trasformazione sulla nostra pelle, con la creazione della nostra business unit Minsait, presentata in Italia nel 2016: Minsait raggruppa le soluzioni tecnologiche e di consulenza nel business digitale, proponendo un approccio strategico per combinare il rafforzamento dei risultati finanziari di breve periodo con la ridefinizione del business a medio e lungo termine».
La telco come orchestratore di servizi
«Gli elementi finora fisicamente distinti tra server IT, storage e apparati di rete stanno diventando software defined e convergono verso uno stesso layer applicativo senza necessità di hardware specializzati» – spiega Ettore Spigno, responsabile ICT Common Factory – Business & Top Clients di TIM. «La “cloudificazione” dei contesti IT è già una realtà e si sta estendendo anche alla rete di TLC, con gli stessi elementi di controllo di rete ospitati su un ambiente cloud, non necessariamente della telco». Secondo Spigno, per il mercato B2B, la capacità strategica di una telco rimarrà legata alla sua capacità di gestione, sicura e affidabile dei dati dalle sedi del cliente fino ai centri di erogazione dei servizi, della stessa telco o dei grandi public cloud provider, verso i quali potrà offrire le più elevate performance. Nel modello cloud, le soluzioni saranno comunque caratterizzate da ecosistemi con più player (telco, public cloud provider, software e hardware vendor). «La telco – conclude Spigno – potrà giocare un ruolo fondamentale come gestore dell’ecosistema, sfruttando la propria rete e la propria capacità di gestire contesti complessi, fornendo servizi di connessione diretta ai cloud, intermediazione dell’accesso a più cloud, strumenti di fatturazione e gestione dei costi, gestione end to end dei servizi, con quality of service, security e compliance alla legislazione locale».