Nutanix, oltre l’iperconvergenza

Innovazione e cambio culturale per una nuova “normalità” digitale

Dai sistemi iperconvergenti alla visione di un cloud di tipo enterprise, gestito in maniera software defined

Si completa l’evoluzione di Nutanix, sempre più protesa verso il mondo dell’enterprise cloud. Ed è su questo tema che si è dipanato a fine gennaio un incontro a Milano per presentare il nuovo volto dell’azienda californiana, che in meno di dieci anni di vita si è ritagliata un posto di tutto rispetto nell’ambito delle soluzioni per data center. “Inizialmente eravamo legati al concetto di infrastruttura, con l’idea di ottimizzarla con le nostre soluzioni software”, esordisce Alberto Filisetti, Country Manager per l’Italia di Nutanix, sottolineando come “siamo sempre stati una società di software, anche se abbiamo proposto hardware iperconvergenti, comprendenti il computing, lo storage e il networking, ma sempre tramite OEM”. In sostanza, “l’idea fondante di Nutanix è sempre stata quella di portare i vantaggi tipici del cloud pubblico all’interno dei data center dei nostri clienti”, sintetizza Matteo Uva, Channel Manager di Nutanix Italia, spiegando che oggi l’obiettivo è quello di “andare oltre all’iperconvergenza, per gestire tramite il nostro software tutti i tipi di cloud, cioè privato, pubblico e distribuito, e realizzare il disegno dell’enterprise cloud”.

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Il mondo software defined

È un paradigma che fa leva sul concetto di software defined per consentire alle aziende di arrivare a un data center ibrido che sfrutta risorse interne e risorse cloud gestite però da un unico punto di controllo, con la proposta Prism, l’interfaccia convergente di Nutanix per controllare tutti gli stack e per fornire strumenti di provisioning, planning e scaling, oltre a insight e reportistica avanzata. Prism è anche multi cloud, perché “la vera sfida di oggi è che tutti i cloud parlano una lingua diversa, e il problema è quello di riuscire ad avere un ambiente unificato per tutte le tre soluzioni di cloud privato, cloud pubblico e cloud distribuito”, spiega Matteo Uva. Non manca anche un hypervisor targato Nutanix: si chiama Acropolis ed è stato reso gratuitamente disponibile da circa tre anni nell’offerta Nutanix, arrivando a un tasso di adozione vicino al 30 per cento del totale. “Se 15 anni fa l’hypervisor ha rappresentato una rivoluzione, oggi è diventato una feature: non gode più dell’effetto ‘wow’, per il quale si era disposti a pagare a parte, tanto che si può quasi dire che la sua maturità lo ha reso una commodity, ed è per questo che lo abbiamo integrato nella nostra proposta”, fa notare Filisetti, sottolineando però che in ogni caso i clienti hanno la facoltà di utilizzare tutti gli altri hypervisor presenti sul mercato, come per esempio i classici Microsoft, VMware e Citrix.

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Approccio “scale out”

Sempre nell’approccio della massima libertà consentito da Nutanix, è anche da sottolineare la possibilità di scalare le risorse, ma sempre con “un approccio scale out e non scale up, nel quale si aggiungono nuovi pezzi”, prosegue Filisetti, spiegando che “andiamo a creare un unico blocco hardware e un unico blocco software, dimensionati su quello che serve per partire, e poi si va avanti: non compro tutta l’infrastruttura subito come si farebbe con l’approccio tradizionale, ma aggiungo pezzi e scalo, con lo stesso livello di scalabilità consentito dal cloud pubblico”.

Go-to.market indiretto

Oggi, fanno sapere in Nutanix, la società ha un numero non lontano dagli 8mila clienti in 130 Paesi, con circa tremila persone, trenta delle quali in Italia. Il modello di go to market è al 100 per cento indiretto, con due modalità di base: da una parte quella classica con il distributore, che in Italia significa Exclusive Networks e Systematika, e i rivenditori certificati, che sono circa un centinaio distinti in Authorized, Premier ed Elite. L’altra modalità è quella che vede la presenza degli OEM, con contratti specifici quali quelli con DellEMC, Lenovo e IBM per i pSeries, e delle piattaforme certificate in modalità HCL, Hardware Compatibility List: è il caso di HPE e Cisco.