L’istituto ha realizzato un hardware neurale che può essere montato sugli smartphone e che riduce del 95% il consumo di batteria rispetto alle soluzioni attuali
Le reti neurali non sono una novità in ambito mobile consumer. Da qualche mese conosciamo il Mate 10 Pro di Huawei e l’iPhone X di Apple, entrambi dotati di co-processore che realizza il sogno degli ingegneri: avere uno smartphone che pensa come l’uomo, o quasi. La promessa è sulla buona strada ma ben lungi dall’essere avverata. Il motivo? Dispositivi del genere beneficiano poco della presenza di un calcolo AI, se non per scattare foto con impostazioni automatiche e rispondere in maniera più veloci ad alcune operazioni, soprattutto quelle che prevedono l’utilizzo sincrono di informazioni prelevate in locale e dalla rete. Il MIT ha intenzione di migliorare il panorama dell’Intelligenza Artificiale per tutti, proponendo una soluzione creata nei propri laboratori.
Di cosa si tratta
Dopo aver comunicato l’arrivo di un chip pensato per rafforzare e gestire la crittografia in vari ambiti, ora il MIT ha divulgato la finalizzazione di un altro hardware capace di ridurre al minimo il consumo di batteria durante operazioni di una neural processing unit, cioè di una rete neurale simile a quella del Kirin 970 e dell’A11 Bionic. Stando alle analisi dei ricercatori, è del 95% il risparmio energetico rispetto alle soluzioni attuali, talmente ottimale da far pensare all’integrazione di un elemento del genere su qualunque smartphone e tablet che voglia salire di livello, adottando un’intelligenza superiore e capace di risolvere problemi avanzati (ovvero task) senza batter ciglio. Quando vedremo a bordo dei nostri telefonini il chip del MIT?
Probabilmente non così presto, anche perché ci sarebbero da effettuare tutti i test contestuali del caso e vari studi di fattibilità per l’integrazione su dispositivi complessi come i cellulari odierni. E poi, con le principali compagnie che hanno già sviluppato, in casa, le loro NPU, che vantaggio avrebbero ad affidarsi a fornitori terzi? Plausibile dunque che la tecnologia del Massachusetts Institute of Technology rappresenti solo un primo passo verso studi ulteriori, che troppo spesso restano dentro i laboratori. Basti pensare alle batterie a litio e ossigeno di cui si parla da anni.