Dopo il mea culpa entrano in gioco i legali e le eventuali class-action, che potrebbero mettere in crisi la chipmaker più potente al mondo
Come sappiamo, tutti i processori x64 di Intel sono vulnerabili ai tre exploit definiti dal team Project Zero di Google con i nomi di Meltdown e Spectre. Dopo l’ammissione di colpa e la promessa di lavorare con le software house per tappare le falle, le associazioni dei consumatori in tutto il mondo si stanno facendo avanti per capire come proteggere i diritti di milioni di utenti che negli anni hanno convissuto con dispositivi vulnerabili. Il solo pensiero di una class-action su scala globale ai danni di Intel fa rabbrividire. E non solo: nel mezzo del calderone ci sono anche AMD e ARM, anche se in misura minore, contro le cui inefficienze di costruzione potrebbero rivolgersi le mosse cautelative delle organizzazioni legali.
Cosa succede
Le prime a muoversi sono le associazioni sul suolo statunitense. Anche se Intel, come spiegato all’interno di un comunicato diffuso nei giorni scorsi, crede che le patch per le vulnerabilità finiranno con l’impattare poco sull’esperienza d’uso degli utenti, un paio di avvocati della California sono già sul piede di guerra per assicurare che i cittadini interessati ottengano le dovute compensazioni per le conseguenze che ci saranno in un primo momento. Il riferimento è al rilascio di fix che, secondo gli esperti, renderanno più lente le macchine affette da Meltdown e Spectre, soprattutto quelle di vecchia data, che già soffrono di rallentamenti dovuti all’obsolescenza dell’hardware.
La volontà di ottenere una qualsiasi forma di rimborso da Intel, come da AMD e ARM, non riguarda solo i consumatori finali. Pare infatti che provider del calibro di Microsoft, Amazon e Google, i cui servizi poggiano su infrastrutture del produttore statunitense, siano pronti a chiedere eventuali compensazioni per i deficit che i clienti avranno nell’accesso ai loro servizi dopo l’installazione delle correzioni.