Il governo prepara una legge per bannare bitcoin e simili a causa delle indagini sull’evasione fiscale delle principali piattaforme di trading
O lo ami o lo odi. Il bitcoin è così, non esistono vie di mezzo o compromessi accettabili per un mondo finanziario che sta vivendo una delle più rivoluzionarie trasformazioni della sua vita. Il rischio dietro le criptovalute è sempre lo stesso: l’assenza di regolamentazione è un vantaggio per i costi puri di trading però sottende plausibili dubbi sulla liceità degli scambi. L’anonimato e la logica degli hash proteggono l’identità di investitori e clienti, anche se si tratta di traffici economici fuorilegge. La Corea del Sud lo sa ed è per questo che vuole limitare la diffusione della moneta all’interno del paese. Lo farà non tanto vietando il mining o la compravendita di beni e servizi tramite bitcoin ma impedendo l’esistenza di piattaforme ufficiali di scambio locali. Il motivo è semplice: durante un’indagine della polizia, un paio di gestori del mercato bitcoin, tra cui Coinone e Bithumb, sono stati accusati di evasione fiscale e a pagare saranno tutti gli altri, utenti compresi.
Legge specifica
Il ministro della giustizia ha spiegato che il governo sta preparando una legge con cui vieterà del tutto attività di trading nazionali, una scelta difficile ma a cui si è giunti di concerto con le autorità principali. A quanto pare infatti, il ban è stato accolto dalle agenzie finanziarie sudcoreane e dai regolatori finanziari, supportati dal ministro delle finanze. Si tratta di una bella batosta per un mercato che nel paese sta crescendo rapidamente tanto da coinvolgere persino studenti e casalinghe e destando parecchie preoccupazioni sulla semplicità con cui chiunque può giocare i suoi risparmi nella borsa digitale. “Per questo la politica vuole una precisa regolamentazione – ha spiegato un analista coreano – in un panorama globale che vede sempre più persone salire a bordo della macchina dei bitcoin e quasi nessuno scendere”.