La polizia tedesca ha utilizzato i dati conservati dall’app preinstallata su iPhone per validare il fermo di un presunto assassino
Khavari è il nome di un rifugiato afgano fermato con l’accusa di omicidio nel settembre dello scorso anno. La vicenda a cui è legato risale a un anno prima, ottobre 2016, quando il corpo di una studentessa di medicina è stato ritrovato sulle sponde di un fiume nei pressi di Friburgo. Fino a qualche mese fa, gli agenti non erano riusciti a ottenere evidenze concrete del coinvolgimento, ma poi hanno cominciato a indagare l’iPhone usato dal ragazzo. Seppur i media non ne abbiano parlato, la polizia tedesca si è trovata nella stessa situazione dell’FBI nel momento in cui ha chiesto ad Apple di aprire l’iPhone 5C dell’indiziato della strage terroristica di San Bernardino. Khavari ha rifiutato di concedere la password di accesso al cellulare, che a quel punto è stato bucato da una compagnia di sicurezza privata.
Cosa è successo
Tra le informazioni presenti a bordo, sono risaltate agli occhi della polizia quelle riguardanti le attività dell’app Salute, preinstallata sugli iPhone. Anche senza configurarne un primo utilizzo, il software registra comunque le attività svolte nel corso della giornata, memorizzandole localmente. Bene, il giorno dell’assassinio di Maria Ladenburger, l’app ha analizzato un consistente sali e scendi di scale e piani, compatibile a quanto richiesto per scendere in riva al fiume di Friburgo, lasciare il corpo e risalire. Troppo poco per incastrare un accusato certo ma quanto basta per collegare gli indizi precedenti e usare i dati come prova ultima del coinvolgimento del ragazzo. Un caso unico, forse meno raro del previsto, che dimostra ancora una volta la mole di tesori che uno smartphone contiene, senza nemmeno rendersene conto.