Startup e futuro. Il VC che investe sulla felicità

euklid

In Giappone, il sogno del CEO di SoftBank è di rendere le persone più felici con la tecnologia grazie al venture capital Vision Fund. Qui ne parlo con Giovanni Contini, esperto di digital marketing e co-founder di Euklid

Del Giappone ricordo le descrizioni di Tiziano Terzani. Un paese troppo artificiale e poco umano. Triste, cupo e poco creativo. Nei suoi diari, scriveva che persino il suo cancro “parlava giapponese”. Questo articolo è frutto di una conversazione avuta con Giovanni Contini. Il quale prima di tornare in Europa, ha vissuto e studiato in Giappone. Unico europeo, a soli 19 anni, ad aver sviluppato progetti di VC insieme all’università di Tokyo, replicando il modello californiano. Oggi, Giovanni Contini è co-founder di Euklid, startup con sede a Londra, valutata 10 milioni di euro, che sta rivoluzionando il settore degli investimenti, grazie ad algoritmi di trading e tecnologie bitcoin e blockchain.

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Quando penso al Giappone, mi viene in mente un paese lontano oramai dall’antico splendore tecnologico. Vecchio, poco creativo e poco avverso al rischio. È proprio così? – «La cultura giapponese – risponde Giovanni Contini – rende le persone poco propense al rischio. La struttura stessa dell’economia tiene conto dell’impatto sociale che hanno le aziende. A volte, descriverei il Giappone come il paese capitalista più socialista al mondo».

Perché? – «Perché le aziende pensano al profitto, ma prima ancora al loro ruolo all’interno della società. Per merito di questa cultura il tasso di disoccupazione è molto basso e la qualità dei servizi molto alta. Tuttavia, il Paese ha perso il fascino di patria dell’innovazione tecnologica a discapito della crescita della Silicon Valley. C’è da considerare – però – che alcune aziende simbolo del successo delle startup americane, in Giappone hanno poco spazio. Servizi come Uber abbasserebbero la qualità di vita dei tassisti. Comprare biglietti per concerti in Giappone è un’impresa. In Italia, invece abbiamo TicketOne. Il motivo per cui non semplificano il processo è perché porterebbe all’eliminazione di alcuni lavori».

Si tratta di una scelta o della conseguenza che ci sono toppe poche startup? – «La mentalità innovativa si concentra su imprese ad alto valore tecnologico o app per migliorare i servizi. Sono più interessati allo sviluppo di intelligenza artificiale, biomedicina e robotica, anziché al prossimo Airbnb o Uber. Tuttavia, le grandi compagnie investono ingenti quantità di denaro in ricerca e sviluppo. Il Giappone è ancora oggi in vetta ai paesi che registrano più brevetti al mondo. Il fatto che le società investano molto in ricerca e sviluppo limita però la nascita di nuove startup».

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Ecco perché non ci sono startup di successo? – «Proprio così. Fatta eccezione per il mondo bitcoin-blockchain, che richiedono capitali da VC meno frequentemente. Non solo i VC investono pochissimo in fase early-stage, ma anche le startup che nascono sono poche. Questo va in contrasto con gli enormi fondi e investimenti che i giapponesi trasferiscono nel mondo dei VC stranieri. Ma all’ecosistema giapponese va bene così».

Mi viene in mente però Masa, l’uomo più ricco del Giappone e una volta del mondo – «L’esempio di Masayoshi Son, CEO di SoftBank – meglio noto come Masa – è molto popolare tra chi fa impresa in Giappone. In parte non stupisce, visto che è uno degli uomini più ricchi al mondo. Molte caratteristiche hanno reso Masa un modello da seguire. Prima fra tutte la sua perseveranza. La sua stessa direzione imprenditoriale è nata grazie a un incontro che ha ottenuto grazie alla sua forza di spirito. All’età di 16 anni – racconta Giovanni Contini – lesse il libro di Den Fujita, AD di McDonald’s Giappone. Rimasto impressionato, decise di far di tutto per incontrare Fujita. Dopo avere tentato inutilmente di fissare un appuntamento tramite le assistenti, decise di prendere un volo per Tokyo e di visitare gli uffici di colui che lo aveva ispirato. E gli sarebbe costato meno del costo delle telefonate. Chiese di poter incontrare Fujita solo per tre minuti. Il risultato fu una conversazione di 15 minuti, durante la quale chiese consigli su che genere di impresa fondare. Fujita gli disse di lanciarsi nel mondo dei computer, perché non bisogna mai guardare all’industria del passato o del presente, ma bisogna concentrarsi su quella del futuro. E da allora, Masa investe il suo tempo a costruire l’impresa del futuro».

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Come tanti giapponesi di successo, anche Masa ha studiato all’estero? – «Sì, ha studiato all’Università di Berkeley in California. Quella di studiare all’estero è una caratteristica comune a buona parte dei manager di successo delle grandi imprese giapponesi» – mi spiega Contini. «L’apertura mentale è molto importante, oltre al vantaggio di poter parlare in inglese, che pochi giapponesi riescono a fare. Il fiuto per il business e la capacità imprenditoriale non hanno mai fatto difetto a Masayoshi Son, considerato che prima di fondare SoftBank – l’azienda che lo ha reso miliardario – ha fondato e venduto altre due società per oltre un milione di dollari. SoftBank nasce come banca del software nell’era dei software, ma si evolve come azienda telco. Masa non solo aveva intuito il valore dei cellulari e della possibilità di connettersi a Internet, ma da subito aveva capito l’importanza di investire nelle infrastrutture di rete».

Ricordo che il CEO di SoftBank è famoso anche per aver investito in altre società di successo prima di altri. Tra queste troviamo Yahoo e Alibaba. Altre acquisizioni che lo hanno reso famoso includono ARM e NVIDIA, da lui reputate alla base di smartphone, IOT, e oggi anche blockchain – «In verità – mi interrompe Contini – aveva anche intenzione di investire in Android, ma non concluse l’affare solo per non rovinare gli ottimi rapporti che aveva con Apple. Tipico stile di business giapponese, quello di anteporre il rispetto e le relazioni personali agli affari!

Oggi, è famoso per il suo Vision Fund, con il quale ha l’ambizione di investire un trilione di dollari in aziende tech – «Ha iniziato con 100 miliardi, in buona parte dati in gestione dall’Arabia Saudita, dopo averli convinti a dare 45 miliardi in 45 minuti. Altri partecipanti del fondo da lui guidato sono colossi tra i quali Apple, Foxconn, Qualcomm e Sharp».

Qual è la visione di Masayoshi Son? – «Credo che sia quella di portare il mondo alla Singularity. Per arrivarci, investirà in aree che includono IoT, AI, robotica, biocompunting, e molte altre».

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Il sogno di Masa è di rendere le persone più felici con la tecnologia? – «La sua preoccupazione è di ridurre i problemi delle persone e dar loro più tempo per pensare a se stesse. Oggi, milioni di vite vengono rovinate da disastri naturali, malattie, stress, solitudine e così via. La visione di Masa di rendere le persone libere dai problemi richiederà – a suo avviso – trecento anni prima di avverarsi. Eppure, non smette di crederci e di raccontarlo. E per i prossimi trenta anni, continuerà a investire sulle basi delle soluzioni a questi problemi».

Conclusione – Alla fine di questa conversazione con Giovanni Contini, ripenso a Tiziano Terzani e mi scorre davanti agli occhi una sua fotografia all’interno della metropolitana di Tokyo. In bianco e nero. Due anziani. Con un viso privo di emozioni, occhi semi chiusi. Uno dorme con la bocca aperta e l’altro legge un giornale. Il primo è stravolto. Quasi morto. Il suo corpo non esprime energia, solo frustrazione e tanta depressione. L’atmosfera è cupa e sofferente. Una sofferenza interiore, che si percepisce dalla seconda figura, come se fosse stata obbligata a vivere quella vita. A prendere quel treno. A tenere gli occhi ancora aperti per leggere quel giornale. Solo abitudine. La felicità è qualcosa che non si cerca. No. La si sente oppure non esiste. Ha a che fare con il coraggio di perseguire i propri sogni? Probabilmente sì. Io ci credo. E Masa non si può dire sia triste. Basterebbe osservarlo in televisione. Riflette energia. È sicuramente ambizioso. Ma è anche felice? Chi lo sa. Almeno per una volta, il denaro viene investito per un ritorno di lungo periodo. Per la felicità di ciò che verrà. O almeno per il benessere. Forse, è più facile chiamarla così la felicità. Non siete d’accordo?