Come utilizzare le nanospugne per realizzare dispositivi per l’immagazzinamento di energia basati sulla capacità dei pori di comportarsi come “molle molecolari”
Lo studio dell’Università La Sapienza di Roma, finanziato dall’Advanced ERC Grant, investiga l’utilizzo di materiali nanoporosi per ottimizzare la compattezza e l’efficienza dei dispositivi per l’immagazzinamento di energia. A un primo sguardo i materiali nanoporosi appaiono come granelli di sabbia. Solo al microscopio elettronico si riescono a notare i minuscoli e numerosissimi pori della dimensione di pochi nanometri (miliardesimi di metro) che li caratterizzano e che formano un’enorme area superficiale: più di mille metri quadri in un singolo grammo di materiale. Sfruttando questa straordinaria proprietà, ingegneri e scienziati dei materiali lavorano con l’intento di sviluppare nuove tecnologie per l’immagazzinamento di energia in dispositivi affidabili, compatti ed economici.
Il gruppo del dipartimento di Ingegneria meccanica e aerospaziale, guidato da Carlo Massimo Casciola, ha sviluppato tecniche avanzate di simulazione molecolare per progettare il materiale ottimale di tali dispositivi: questo approccio innovativo, descritto nello studio pubblicato sulla rivista PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences USA), rappresenta una sorta di “microscopio virtuale” che consente ai ricercatori di investigare fenomeni alla nanoscala con una risoluzione molecolare e su lunghissime scale di tempi, inaccessibili alle normali simulazioni. Allo stato attuale una gran varietà di materiali nanoporosi, che differiscono per composizione chimica e geometrie delle cavità, possono essere utilizzati per realizzare dispositivi per l’immagazzinamento di energia basati sulla capacità dei pori di comportarsi come “molle molecolari”.
Tali dispositivi si basano su una forma meccanica di immagazzinamento di energia: il materiale nanoporoso viene opportunamente reso idrofobico e sigillato in un contenitore con acqua o altri liquidi a ridotta bagnabilità. Aumentando la pressione del liquido, l’acqua permea i pori e l’energia viene immagazzinata sotto forma di tensione superficiale. Quando la pressione viene riportata al valore originale, la formazione di bolle di vapore all’interno dei miliardi di pori causa l’espansione del contenitore, rendendo nuovamente disponibile l’energia immagazzinata. Lo studio finanziato dall’Advanced ERC Grant, investigando “eventi rari” su nanoscala, ha creato un ponte tra le quantità macroscopiche e le caratteristiche microscopiche del materiale e del liquido. Questo studio apre nuovi orizzonti per un gran numero di applicazioni che vanno dalle fonti rinnovabili, come quella solare, al recupero di energia, come nei sistemi frenanti di nuova generazione.