Dal riconoscimento immediato di un sito artistico alla corretta identificazione del “part number” necessario per ordinare un pezzo di ricambio, il motore di ricerca visuale messo a punto da GetCoo non perde un colpo. Ed è lanciato a gran velocità verso un mercato plurimiliardario
Non sono visionari solo perché si muovono negli incerti (dal punto di vista della logica binaria) confini della computer vision – branchia dell’intelligenza artificiale, dove tanto per cambiare ci si deve scontrare con colossi come Google o Amazon, ma anche con startup che certo non soffrono delle stesse difficoltà legate al nostro asfittico mercato dei capitali di rischio. GetCoo è il sogno informatico realizzato con grande caparbietà da due fratelli romagnoli, che – malgrado la diversa formazione (Claudio è un ingegnere informatico con dottorato in biofisica computazionale, Stefano un perito meccanico) – hanno sempre lavorato programmando o amministrando computer. L’idea per la loro startup, GetCoo, da un anno e mezzo ospitata all’interno di Collabora, incubatore high-tech controllato dal Comune di Ravenna, nasce un paio d’anni fa da una esigenza molto pratica. «Allora, ero ancora a Chicago, come ricercatore» – racconta Claudio al cronista di Vision. «Girando la città con mio fratello, che era venuto a trovarmi, ci siamo trovati davanti al Flamingo di Alexander Calder (la rossa scultura in acciaio, uno dei simboli di Chicago, realizzata dall’artista celebre soprattutto per le sue opere “mobili” e sospese, ndr). Entrambi abbiamo pensato che sarebbe stato molto bello avere uno strumento che fosse in grado di trovare immediatamente, senza faticose ricerche in rete, le informazioni relative a un monumento».
La sfida di GetCoo
I due imprenditori-inventori hanno in mente l’interfaccia più naturale e diffusa al momento: lo smartphone con cui inquadrare un oggetto e un software intelligente capace di riconoscere l’immagine sulla base delle sole informazioni fotografiche. L’obiettivo, dal punto di vista computazionale, è tutt’altro che banale, ma la sfida è troppo allettante. Claudio e Stefano, che entrambi hanno una carriera avviata, mollano quello che stanno facendo e decidono di inseguire il loro sogno in Italia. Per Claudio – «si trattava anche di lanciare un preciso messaggio a chi pensa che dall’Italia bisogna andarsene per forza». Fin da subito, l’attenzione di Claudio, CTO della startup, si sposta da una singola app all’idea di un vero e proprio motore di ricerca visuale, da cui poter ricavare applicazioni specifiche. «Quello della computer vision è un mercato in piena crescita, era importante essere tra i primi. Ma la tecnologia è ancora acerba, anche per questo inizialmente ci siamo concentrati sul caso specifico del riconoscimento dei monumenti». Applicazione immediatamente comprensibile ai più, che desta grande attrattiva in una nazione dal patrimonio artistico così ricco. Tant’è vero che GetCoo suscita presto un grande entusiasmo, ottenendo premi e riconoscimenti, tra cui recentemente quello all’edizione 2017 dello SMAU di Milano. Nel maggio del 2016, la microazienda – con Claudio e Stefano Berti lavorano Roberta Grasso per la parte artistico-culturale di GetCoo, e Jonas Barzaglia per la grafica e le interfacce – ottiene il supporto di Collabora.
Il motore di ricerca DART
«Due anni di lavoro che ci hanno portato recentemente al rilascio di una nuova versione del nostro motore di ricerca, DART Direct Access and ReTrieval». Carlo Berti tiene a sottolineare il diverso approccio adottato dagli algoritmi sviluppati per GetCoo, un sistema di riconoscimento che affronta un problema diverso rispetto alla strada seguita da Google o Clarifai, altro concorrente diretto. «Il nostro riconoscimento punta a ottenere singole istanze, mentre Google e altri preferiscono procedere per categorizzazioni successive. GetCoo insomma, inquadra un oggetto e lo definisce esattamente, “vede” una chiesa e dice che è San Pietro in Silvis a Bagnacavallo. Google inquadra lo stesso monumento e lo classifica tra le chiese romaniche». Questo presuppone la creazione di un database indicizzato e taggato, i cui contenuti vengono confrontati con le “parole chiave” visuali, utilizzando reti neurali che hanno un ulteriore vantaggio: sono computazionalmente leggere e molto veloci. E se un oggetto – nel caso di GetCoo la foto di monumento – non è ancora classificato nel database, «a quel punto, viene chiesto agli stessi utenti un suggerimento che in seguito viene validato da noi e aggiunto all’archivio».
Applicazioni di business
Presto i due fondatori si rendono conto che il successo commerciale del loro motore di ricerca visual non può dipendere solo dal riconoscimento dei siti artistici, anche se GetCoo anima per esempio la guida virtuale che oggi permette ai visitatori dei monumenti bizantini del ravennate, tutti “brandizzati” UNESCO, di accedere tramite smartphone al ricco “corpus” di spiegazioni accumulato dalla Curia di Ravenna, titolare di questi siti. Con PartFinder, l’applicazione premiata dallo SMAU, la tecnologia viene messa al servizio delle aziende manifatturiere, dei tecnici manutentori e degli artigiani addetti alle riparazioni, consentendo loro di inquadrare una parte meccanica – per esempio la vite o il bullone da sostituire – e ottenere in pochi secondi la descrizione e il “part number” necessario per ordinare esattamente il pezzo originale. Per PartFinder è stato messo a punto anche uno scanner fotografico che consente all’utilizzatore di creare molto facilmente, con una acquisizione “single-button” un intero catalogo di pezzi. «Una versione di PartFinder, in particolare quella rivolta a singoli artigiani o a chi deve acquisire parti voluminose – spiega Berti – permette di acquisire le immagini direttamente attraverso la app, mentre il box, utilizzato in ambienti industriali, crea un database con maggiore velocità e precisione». I valori in gioco sono sicuramente più elevati rispetto al settore dei beni culturali, perché PartFinder permette di velocizzare la gestione del magazzino dei pezzi di ricambio, fornendo all’istante il codice corretto con cui effettuare una ordinazione presso il distributore più conveniente. Altre applicazioni sono in fase avanzata di sviluppo, come Visual Intelligence by Vanity, una app per il mondo fashion che servirà a profilare i clienti dei negozi di abbigliamento. Sul sito di GetCoo è già online la demo di RevIMG, un tool che permetterà di costruire e consultare i propri database visuali personali. Ma le opportunità sono infinite, dal gaming al biomedicale, dalla sicurezza all’agricoltura “di precisione”, in un mercato che secondo Berti, tra due anni varrà più di 30 miliardi di dollari. Tecnologicamente, GetCoo ci sarà, ma anche in previsione della scadenza del contratto con Collabora, bisognerà dare la massima priorità ai piani di crescita, che i fondatori intendono sostenere attraverso una campagna di crowdfunding da lanciare entro i prossimi mesi.