Uber ha confermato che i dati di 57 milioni tra utenti e conducenti sono stati rubati ma afferma che ha ottenuto rassicurazioni sul fatto che non verranno diffusi
Non c’è pace per Uber. L’app di ride sharing sta vivendo un momento terribile che ha portato prima all’allontanamento del suo fondatore, Travis Kalanick e poi al suo bando da Londra. Oggi si scopre che l’azienda di San Francisco ha subito un attacco hacker l’anno scorso e che dai suoi server sono stati sottratti i dati di 57 milioni di utenti nel mondo di cui 600mila conducenti. La conferma è arrivata direttamente dal nuovo CEO, Dara Khosrowshahi, che ha invece smentito il pagamento di un riscatto come riportato da Bloomberg.
I due hacker che hanno violato i sistemi di Uber hanno rubato nomi, e-mail, numeri di telefono e dati della patente dei conducenti. Sono invece rimasti inviolate informazioni come numeri di carte di credito e di previdenza sociale o i tragitti percorsi dalle vetture. La Khosrowshahi ha ammesso di essere venuta a conoscenza solo ora dell’hackeraggio e che è stato un errore non divulgare prima la notizia della violazione. Il CEO ha comunque assicurato che “al momento dell’incidente abbiamo preso immediatamente le misure per mettere al sicuro i dati e mettere fine all’accesso non autorizzato. Abbiamo identificato i responsabili e ottenuto delle assicurazioni che i dati raccolti saranno distrutti”. Bloomberg afferma che Uber ha pagato un riscatto da 100mila dollari per evitare che le informazioni rubate venissero diffuse in Rete ma l’azienda, che sta testando i taxi senza conducente, non ha voluto commentare l’indiscrezione.