ADP 5.0 – Il lavoro (hi-tech) con la persona al centro

Il leader globale delle paghe celebra i suoi primi 50 anni di presenza italiana con un convegno che esplora le conseguenze dell’automazione sul modo di lavorare. La trasformazione digitale dipende anche dalla qualità della gestione del capitale umano

Una convention tutta dedicata sul presente e sul futuro del lavoro. Un’intera mattinata di approfondimento e di dibattito che non ha rinunciato ad alcuni momenti di vera, anche se stimolante, provocazione. Come l’intervento di Riccardo Staglianò, il giornalista italiano che più di tutti ha affrontato in questi ultimi anni la non marginale questione degli effetti che un uso massiccio di tecnologie robotiche e di intelligenza artificiale potrebbe avere sui livelli di occupazione. ADP Italia ha scelto la formula del festeggiamento collettivo, ma intelligente, per celebrare i suoi cinquant’anni di presenza sul mercato italiano. Parliamo di un’azienda che affonda le proprie origini nell’era pionieristica della “meccanografica”, considerata la lunga esperienza già maturata alla fine degli anni 50, quando la realtà specializzata in servizi di elaborazione dei libri paga fondata da Henry Taub nel 1949, viene ufficialmente ribattezzata Automatic Data Processing, a sottolineare il lungimirante investimento in tecnologie come le schede perforate e, subito dopo, i primi “computer mainframe”. Anche attraverso una puntuale strategia di acquisizioni, oggi ADP Italia è cresciuta in modo considerevole, superando la fatidica soglia del milione di payroll, cedolini elaborati, una cifra equamente ripartita tra quelli predisposti dai datori di lavoro equipaggiati con soluzioni ADP e quelli che la stessa ADP genera attraverso la propria server farm per conto di una sempre più vasta clientela “as a Service”. Una formula, quella del full outsourcing, verso cui la multinazionale americana sta spingendo molto a fronte della crescente complessità dell’intera problematica rappresentata dalla proficua gestione del capitale umano.

TI PIACE QUESTO ARTICOLO?

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato.

CUSTOMER SATISFACTION DA PREMIO

Ma se il futuro del lavoro dipenderà dalle intelligenze artificiali, ADP metterà a libro paga anche i robot? Sorride, Virginia Magliulo, general manager di ADP in Italia, incarico assunto due anni fa dopo una lunga esperienza maturata, in IBM, guarda caso nell’ambito dell’outsourcing. Con il suo arrivo, il leader delle soluzioni HR sembra aver ingranato una marcia in più. La customer satisfaction è aumentata in misura considerevole, gli obiettivi finanziari sono stati raggiunti e superati. «Il nostro mercato di riferimento è così vasto e diversificato per settore che abbiamo la fortuna di poter modulare le nostre aree di focalizzazione. L’automazione non ci fa certo paura, e anzi siamo i primi a cercare di introdurre tanta innovazione nei prodotti e nei servizi. Lo scopo è ridurre i margini di errore e incrementare il volume di informazioni a parità di risorse impegnate. È un ottimo modo per reinvestire in qualità e valore aggiunto per il cliente». Oggi, ADP in Italia, con un headcount di 790 persone può vantare ricavi pari a 90 milioni di euro e il team di Virginia Magliulo si è visto riconoscere un premio a livello di tutti i mercati non-USA, proprio per l’eccellenza del servizio.

Nicola Uva, senior director EMEA marketing program

Tuttavia, la trasformazione digitale porta con sé dinamiche di cui un’azienda che persegue una nuova vision applicata alla gestione delle risorse umane non può non tener conto. ADP lo fa attraverso una dettagliata ricerca commissionata a The European House – Ambrosetti e presentata in occasione dell’evento milanese. Il documento – “ADP 5.0 Come la digitalizzazione e l’automazione cambiano il modo di lavorare” – fornisce una marea di indicazioni sulle conseguenze della trasformazione sul lavoro, non certo in termini di disoccupazione, quanto di “ri-occupazione”, multidisciplinarietà negli approcci, collaborazione, smart working. Per dare qualche dato, in Italia c’è un robot industriale in funzione ogni 62 lavoratori del settore manifatturiero, dove sono già cospicui gli effetti della cosiddetta quarta rivoluzione. Nel 2016, il mercato italiano dell’Industry 4.0 ha raggiunto – secondo Ambrosetti – un valore complessivo di 1,83 miliardi di euro. Tanti sono i capitali che le aziende manifatturiere investono in soluzioni di trasformazioni digitali che arrivano fino al fatidico “shop floor”, l’ambiente di fabbrica, con una preponderanza (44%) in prodotti e servizi ICT.

IL LAVORO NELL’INDUSTRY 4.0

Sul piano tecnologico, ricorda Virginia Magliulo, ADP sta affrontando con decisione un altro aspetto che caratterizza il fenomeno dell’Industry 4.0: l’esplosione dei dati digitali. In meno di dieci anni, dal 2000 al 2007, si legge nello studio ADP-Ambrosetti, la percentuale di dati archiviati in formato digitale è passata dal 25 al 97 per cento. Tutto questo comporta sicuramente una serie di difficoltà contingenti nella capacità di mantenere l’integrità e la visibilità dell’informazione, ma nell’ottica del pianificatore vale soprattutto la possibilità di connettere oggetti e persone che partecipano attivamente alla produzione, convertendo la massa dei dati generati in nuovi margini di efficientamento e previsione dei carichi futuri. «Su questo versante – sottolinea ancora Virginia Magliulo – ADP ha messo a punto una nuova tecnologia: DataCloud. Si tratta di un insieme di tool analitici concepito per i professionisti dell’ufficio del personale che potranno misurare, correlare, anticipare dati e tendenze estratti dalla miriade di informazioni generate dal capitale umano delle aziende. Secondo il general manager di ADP in Italia, attraverso una soluzione come DataCloud, l’impatto dei big data avrà effetti dirompenti nell’intero ambito della gestione dei talenti, a partire dalla fase di selezione e reclutamento, durante la quale uno strumento analitico può fornire un valido supporto decisionale, anche in ottica predittiva, nel vagliare le caratteristiche “hard” e “soft” dei candidati a un posto di lavoro o nel suggerire i percorsi di carriera più indicati.

Leggi anche:  Fujifilm, ripartenza sprint dopo il riassetto societario

Un altro fronte di attività riguarda la user experience, un tema che coinvolge non solo i responsabili HR ma l’intera forza lavoro ormai assuefatta ai vantaggi del “digital lifestyle”. «Lo sforzo dei nostri sviluppatori – osserva Virginia Magliulo – è costantemente rivolto all’ottimizzazione delle interfacce dei prodotti, che devono essere sempre più simili alle applicazioni che consentono ai consumatori di interagire sui siti di informazione e di e-commerce: «Più accattivanti nel loro look, più reattive e informative per tutto quello che riguarda le funzioni self-service». È un modo per affrontare la trasformazione digitale anche dal punto di vista delle risorse umane, per venire incontro alle aspettative di molti lavoratori dipendenti, specie i più giovani, i quali danno ormai per scontata la possibilità di navigare in autonomia con il proprio smartphone quando si tratta di ottenere informazioni sugli aspetti retributivi e contributivi o nel programmare ferie e trasferte di lavoro. Evitando le lungaggini e la burocrazia degli uffici del personale.

Daniela Gioanola, customer service

LA PIATTAFORMA DEL CAPITALE UMANO

Lo scenario di un mondo del lavoro in pieno cambiamento si riflette anche nella nuova versione della piattaforma globale, interamente in cloud, di human capital management (HCM), che ADP ha presentato in esclusiva alla convention di Milano. Dietro a iHCM 2, questo il nome dell’articolata soluzione gestionale, c’è tutto lo sforzo di innovazione e integrazione che ADP – un gruppo che reinveste in ricerca l’otto per cento del fatturato globale – ha riversato nel suo recente percorso di potenziamento e restyling delle soluzioni a livello globale. «Il modello è quello che ADP Italia mise in atto sette anni fa, quando perfezionò l’acquisizione dello specialista italiano del settore paghe e contributi, Byte. Allora, si trattava di integrare in una unica offerta a livello nazionale una serie di applicazioni separate. Oggi, il gruppo ADP sta facendo lo stesso nelle principali aree geografiche e iHCM 2 è il primo esempio di soluzione completa di HCM che unisce payroll e gestione intelligente delle HR a un motore software comune a tutti i clienti in Europa, ideale per assicurare una user experience uniforme in aziende multinazionali, e con le necessarie localizzazioni per la compliance nei diversi paesi». Sul piano tecnologico, spiega Virginia Magliulo, questa integrazione è resa possibile da un forte orientamento basato sulla modularità e sull’uso di interfacce programmabili (Api), una architettura che oltretutto favorisce i clienti nell’implementazione di servizi aperti, con elementi provenienti da diversi fornitori.

L’idea è dunque quella di fornire ai responsabili della gestione del personale uno strumento capace di adattarsi ai numerosi cambiamenti che il lavoro più smart, flessibile e autonomo introduce in ambienti HR tradizionali. Il sistema iHCM 2 è una soluzione interamente cloud based e punta a essere la soluzione che meglio integra processi amministrativi e HR, per poter semplificare e ottimizzare tutte le procedure che l’ufficio Risorse Umane deve normalmente espletare: quando acquisisce nuovi talenti; quando misura e gestisce la performance dei dipendenti; quando si occupa dell’impiego ottimale delle abilità professionali e del loro costante sviluppo; e quando gestisce la formazione e l’incentivazione dei dipendenti, potendo sempre contare sulla copertura di aspetti di carattere amministrativo, come la produzione di reportistica o l’analisi statistica. Non si tratta – osserva la responsabile di ADP – di una semplice suite di applicazioni separate, bensì di una soluzione completamente integrata. «Tutti – dipendenti, quadri, manager e i team delle HR – hanno accesso diretto, attraverso qualsiasi dispositivo fisso o mobile, a tutte le informazioni di cui hanno bisogno o che sono autorizzati a consultare (nel rispetto delle normative sulla privacy), semplificando la loro esperienza e incrementando la produttività. Inoltre, i servizi di payroll di ADP iHCM 2 sono unificati attraverso la Piattaforma ADP iHCM».

Su questa nuova soluzione interviene anche Nicola Uva, nel suo doppio ruolo di senior director EMEA marketing program e di “evangelizzatore” della strategia. «La “i” di iHCM 2 sta per internet, ma se vogliamo anche per innovazione, integrazione, internazionalizzazione. I processi abilitati sono quelli tipici dell’area “soft” delle HR, dalla selezione alla gestione del talento, ma ci sono almeno quattro elementi di differenziazione rispetto al passato. Il primo è la forte integrazione con il dato amministrativo: la certezza del dato. Non a caso, questa è una soluzione che ADP offre solo ai clienti dei suoi servizi payroll. «Non vogliamo fare concorrenza a qualcuno, ma dare ancora più valore aggiunto al cliente» –  spiega Nicola Uva. Il secondo elemento deriva dal primo: la visione a 360 gradi di una informazione che non necessita di saltare da una schermata all’altra. «Come si è detto, questo è un prodotto internazionale» – mette in evidenza Nicola Uva. «Da una parte le procedure condivise. Dall’altra le localizzazioni per la compliance con le varie normative nazionali. E infine, abbiamo l’arma analitica di DataCloud, un’altra conseguenza del pieno controllo che ADP garantisce sul dato amministrativo».

Leggi anche:  Un viaggio chiamato successo

ANCHE LA BUSTA PAGA È SMART

Compliance e costante aggiornamento dei quadri normativi in cui operano le soluzioni cloud di ADP sono un ulteriore punto di forza del suo approccio alle procedure afferenti alla retribuzione e all’intera gestione del capitale umano. E ci aiuta a capire perché un’azienda come questa può diventare, attraverso il software e le diverse occasioni formative, un partner sistemico nei percorsi di trasformazione attuati dalla loro clientela. Oltre all’Innovation Lab che cura il costante aggiornamento delle tecnologie di base – spiega Virginia Magliulo – ADP ha costituito un centro studi, l’ADP Research Institute, che ha a sua disposizione un volume complessivo di 27 milioni di cedolini per svolgere analisi molto approfondite sulle dinamiche dell’occupazione. «Sulla base di questa massa di dati, l’istituto di ricerca produce regolarmente ADP National Employment Report per gli Stati Uniti e più recentemente in Europa, per la Francia e l’Olanda. In questi report, vengono proposte statistiche molto interessanti sui trend che riguardano il mercato del lavoro. Lo scorso anno, queste attività sono state l’occasione di un roadshow che ha attraversato diverse nazioni europee, permettendo di condividere i dati sui trend occupazionali e di mettere al centro del dibattito il tema del lavoro e del suo cambiamento». Considerando che agli eventi prendono parte non solo i responsabili delle risorse umane di grandi realtà aziendali, ma anche una cospicua rappresentanza di amministratori delegati e imprenditori, con il suo ufficio studi ADP riesce a svolgere un’azione sostanzialmente culturale.

Giorgia Turrisi, legal director

Come è possibile fare innovazione così profonda, aiutando a cambiare il modo di pensare il lavoro, la sua organizzazione, la gestione dei talenti partendo da una attività apparentemente “noiosa” come il libro paga? «Fare la busta paga è un mestiere che spesso viene sottovalutato dalle aziende e dai lavoratori che danno per scontato il cedolino a fine mese – riconosce Nicola Uva. Il momento più gratificante per il lavoratore è quando gli viene accreditata la giusta retribuzione. Tutti danno per scontato quel momento, ma dietro c’è il lavoro di un team di persone impegnate a fare complessi calcoli, a tener conto di una miriade di leggi per fare della busta paga una realtà». Un errore di dieci euro su un cedolino ha un impatto emotivo più forte di quanto potrebbe avere una somma di centomila euro su un una fattura. Per quanto piccola, quella somma riguarda la vita delle persone e un errore può minare il rapporto di fiducia. Parlare di payroll significa infatti parlare anche di smartworking, gestione del talento, welfare. «Perché – afferma Uva – riteniamo che nelle aziende questi processi, in forte evoluzione sotto la spinta del digitale, debbano far leva su un solido zoccolo duro di tutta la parte amministrativa». Se ogni mese l’ufficio del personale riesce a retribuire regolarmente e senza errori i dipendenti, ci sono tutti i presupposti per costruire tutto il resto. «Senza la precisione, l’affidabilità, l’automazione lato payroll, cioè sul fondamento su cui ADP investe continuamente in termini di innovazione e compliance, si rischia di non riuscire a portare le trasformazioni oggi in atto. Tanto più che una corretta informazione trasferita sulla parte human capital management, è la base per prendere le decisioni giuste in materia di rendimento, produttività, soddisfazione della tua forza lavoro. Grazie alle sue dimensioni globali e all’efficacia delle sue soluzioni, ADP è uno dei pochi interlocutori su scala locale e mondiale che ha l’autorevolezza e la solidità per parlare di questi temi».

CEDOLINI A PROVA DI GDPR

Parlando con il team dirigenziale di ADP Italia, il termine “compliance” emerge frequentemente ed è un altro fondamentale fattore di successo delle soluzioni paghe e HR proposte dalla multinazionale. Cinquant’anni di esperienza maturati in Italia – la nazione che secondo Nicola Uva può vantare il discutibile record di complessità della normativa e dei relativi adempimenti, unita alla presenza in tutte le maggiori nazioni europee – mettono il provider americano in una posizione di vantaggio rispetto alle procedure di adeguamento al regolamento GDPR che entrerà definitivamente in vigore in Italia e nel resto dell’Unione il 25 maggio 2018. «Trattandosi di informazioni di carattere sensibile per ogni singolo dipendente aziendale – interviene Giorgia Turrisi, legal director di ADP in Italia – l’impatto del nuovo regolamento su tutto il nostro business è notevole. Per questo, ADP ha lanciato al proprio interno a livello globale un piano di adeguamento che entro maggio 2018 ci metterà nelle condizioni di portare tutti i nostri clienti europei alla piena compliance delle procedure HR rispetto al GDPR». Il nuovo regolamento segna un importante momento di passaggio perché rende consistente a livello europeo una normativa molto frammentata, che prevedeva impegni specifici nelle diverse nazioni. «Oggi, dobbiamo tutti organizzarci in modo uniforme» – precisa Turrisi –  «Per un provider come ADP e i suoi clienti è un grande vantaggio: siamo presenti dappertutto e siamo quindi in grado di collaborare, condividere, affiancare il cliente ovunque esso si trovi. Un plus che vale anche per la clientela americana che ha il problema dell’adeguamento delle sussidiarie in Europa».

La responsabile legale sottolinea anche l’impegno che ADP ha assunto nei confronti delle Binding Corporate Rules (BCR) a livello europeo, un codice di autoregolamentazione per le società multinazionali finalizzato alla produzione di un ecosistema di misure di sicurezza standard che tutti i garanti europei riconoscono come meccanismo valido per le aziende che devono trasferire dati digitali fuori dai confini fisici dell’Europa. «Siamo confidenti che il processo di adozione delle BCR si concluderà a dicembre e ADP sarà una delle poche aziende al mondo con questo tipo di certificazione, un valore aggiunto enorme per noi perché potremo porci sul mercato come provider certificato in grado di trattare dati ritenuti molto confidenziali». La compliance GDPR e la certificazione BCR rappresentano un asset competitivo invidiabile per ADP, considerando che proprio in base alla nuova normativa sulla privacy uno degli oneri previsti per chi decide di affidarsi a un servizio in outsourcing è la capacità di dimostrare di aver scelto un provider esperto, che ha preso a sua volta tutte le misure di compliance di prodotti, processi, data center e servizi.

Leggi anche:  Kyndryl e Cloudflare annunciano un'alleanza strategica

QUALITÀ UMANE

La qualità delle procedure è insomma un ingrediente strategico nella visione di ADP, che traduce i propri investimenti in innovazione anche per liberare le risorse necessarie a trasferire parte di questa qualità nell’assistenza fornita a chi usufruisce dei suoi servizi. All’interno del customer service di ADP Italia l’eccellenza viene seguita in modo specifico da Daniela Gioanola, uno dei tre senior manager per le soluzioni payroll. «Il nostro approccio è quello di automatizzare i processi senza spersonalizzare il servizio. Cerchiamo insomma di sfruttare la tecnologia per attivare una serie di controlli automatici, impegnando le nostre risorse soprattutto sul front end con il cliente». In molti casi, aggiunge la responsabile del customer care, i clienti di un servizio esternalizzato esitano a utilizzare questi strumenti self-service a causa di una diffidenza ingiustificata. «In genere, la loro paura è che dietro ci siano solo automatismi, al massimo un call center anonimo. Con ADP sanno di avere a che fare con persone preparate, che conoscono la loro realtà, sanno a loro volta ascoltare il cliente e anzi riescono ad anticipare le sue richieste». Questo clima di familiarità – continua Daniela Gioanola – non è improvvisato o posticcio. Viene anzi costruito nel tempo, fin dalla fase di pianificazione e progettazione di un contratto di outsourcing. «I tecnici del servizio paghe lavorano costantemente in team, a stretto contatto con il cliente, dalla pianificazione al setup, spiegando tutto quello che avverrà nel momento del cosiddetto go-live». È questa una delle prime richieste che arriva da un mercato, fatto da aziende non per forza strutturate e che chiedono ad ADP di essere affiancate, anche on-site, nell’organizzazione del servizio e nel predisporre quanto necessario. «Anche in questo caso – conclude Daniela Gioanola – il fattore umano e la fiducia reciproca fanno la differenza».

Di umanizzazione e semplificazione del software parla anche Nicola Uva, per il quale la freddezza dei dati e delle procedure non devono far dimenticare la posta in gioco. «Forse non ci pensiamo, d’altra parte è facile banalizzare un servizio paghe. Ma l’importanza della correttezza dei dati e della relazione con le persone è fondamentale. I dipendenti che attraverso le nostre soluzioni chiedono un dettaglio sugli assegni familiari percepiti, sono persone che con cento euro mensili in più hanno la possibilità di iscrivere i figli a un corso di musica. Le tecnologie ADP erogano servizi, forniscono informazioni che aiutano le persone a vivere meglio. E per venire incontro a queste esigenze abbiamo lanciato la campagna “The joy of pay”, con lo scopo di far riflettere le aziende e i loro dipendenti sull’importanza di una solida strategia per il lavoro e il capitale umano». Virginia Magliulo riconduce il concetto al payoff “A more human resource” che connota non solo il logo aziendale della società ma anche il titolo dell’evento organizzato a Milano, “ADP 5.0”. «Abbiamo voluto rappresentare così il ricongiungimento tra tecnologie e persone» – afferma la general manager italiana. «ADP è un fornitore a forte contenuto tecnologico che vuole continuare a crescere in completezza di soluzioni, ampiezza dei servizi erogati e scala geografica. Ma metteremo sempre il fattore umano al centro della nostra azione». In un mondo del lavoro profondamente segnato dall’arrivo di tecnologie sempre più automatiche, indipendenti addirittura sul piano cognitivo, è necessario lavorare insieme per costruire non solo una Internet delle cose ma anche delle persone».

Foto di Gabriele Sandrini