Trattenere i clienti e spingerli a comprare di più grazie al cognitive computing

Secondo uno studio SB Italia, le evoluzioni tecnologiche verso il machine learning e l’intelligenza artificiale migliorano la customer experience o l’efficienza della supply chain. Il customer care diventa centro di profitto e la supply chain un vero centro d’intelligenza

Migliorare le relazioni con i clienti e anticiparne le propensioni d’acquisto, velocizzare al massimo i tempi di consegna delle merci, individuare sacche di inefficienza in tempo reale per ridurre i costi. Queste sono alcune fra le esigenze più stringenti per la maggioranza delle aziende, oggi impegnate nei processi di trasformazione digitale, con l’obiettivo di sviluppare il proprio business, ma anche rendere più flessibili e, in ultima analisi, meno costosi i processi-chiave.

TI PIACE QUESTO ARTICOLO?

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato.

Secondo lo studio di SB Italia, il cognitive computing può fornire risposte concrete alle più importanti necessità odierne delle aziende. Le tecnologie di cui si compone sono in grado di elaborare enormi quantità di informazioni, imparare in modo autonomo, interagire nel linguaggio dell’uomo e riprodurne i modelli di pensiero. In questo modo, un’impresa commerciale può avvalersi di un sistema cognitivo per standardizzare le modalità di comportamento della clientela, elaborare proposte e offerte personalizzate sulla base dei gusti dei consumatori, simulare l’andamento delle vendite per ottimizzare i flussi di magazzino, fare di un customer care a misura di singolo utente una leva commerciale. Allo stesso modo, un’azienda di produzione può fare manutenzione predittiva sui propri impianti, iniettare intelligenza nella supply chain prevenendo le inefficienze, concretizzare i propri desideri di time-to-market potendo prendere decisioni basate su maggiori elementi di certezza.

E questi sono solo alcuni degli esempi di come il cognitive computing, oggi, possa essere la chiave per risolvere problemi di business concreti e comuni alla maggior parte delle realtà impegnate a rimanere e crescere nel proprio mercato di riferimento.

Cognitive Computing: uno scenario in rapida evoluzione

Di cognitive computing si parla già da qualche tempo e in questo involucro sono racchiusi gli strumenti che consentono di riprodurre a grandi linee il funzionamento del cervello umano. Tramite l’impiego di tecnologie di machine learning e linguaggio naturale, l’obiettivo di questa evoluzione della business intelligence è quello di dare un senso più compiuto alla massa di informazioni che le aziende si trovano a dover trattare e facilitare i processi decisionali.

Leggi anche:  Velocità e qualità del software. Tutta la verità sulle pull request, quando hanno senso e quando no

In pratica, si tratta di creare conoscenza a partire da una grande quantità di dati oggi un po’ più facilmente elaborabili grazie alle tecnologie di gestione Big Data. Le aziende, infatti, stanno sempre più aggregando montagne di informazioni interne ed esterne, delle quali l’essere umano non è più in grado di fare un’efficace sintesi. Il cognitive computing si occupa di contestualizzare le informazioni e fornire degli “insight” anche estremamente dettagliati. Per riuscirci, come abbiamo già notato, si fa appello alle tecnologie di machine learning, all’analisi dei grafi e all’ elaborazione del linguaggio naturale.

In realtà, gli algoritmi utilizzati non sono di per sé nuovi, ma traggono beneficio dalla crescita esponenziale della potenza di calcolo oggi disponibile. Con l’informatica di tipo cognitivo, si esce dalla tipica modalità binaria del “sì o no”: ciò che viene predetto non è un risultato certo, ma un’indicazione basata su punteggi e correlazioni.

Il segmento del cognitive computing e dell’intelligenza artificiale è in fase di forte ascesa. Una recente stima di Idc parla di un incremento degli investimenti pari nel 2017 al 59,3%, per un valore a livello mondiale di 12,5 miliardi di dollari. Fino al 2020, l’analista indica un tasso di incremento medio annuo del 54,4%, che porterà il volume d’affari totale a 46 miliardi di dollari. La stessa Idc prevede che, entro il 2018, il 75% delle aziende, nonché degli sviluppatori software, implementeranno alcune funzioni di cognitive computing in almeno un’applicazione aziendale. E ancora, entro il 2019, il 40% delle iniziative di trasformazione digitale sarà supportato proprio da capacità cognitive.

Le prospettive concrete di applicazione: CUSTOMER CARE E SUPPLY CHAIN

Uno degli ambiti a potenziale più elevato è quello della gestione e del rafforzamento del rapporto con la clientela. Qui le tecnologie cognitive hanno già trovato applicazione pratica per esempio nel campo del cosiddetto “churn management”, ovvero il tasso di potenziale abbandono di un brand (di solito per passare a un concorrente), che può essere controllato e ridotto, rilevando segnali di debolezza a partire dai dati di un Crm o dalle interazioni con i call center.

Leggi anche:  Qlik confermata Leader nel Magic Quadrant di Gartner 2024 per il 14esimo anno consecutivo

In effetti, negli attuali ambienti di Business Intelligence e anche in quelli già strutturati per gestire i Big Data, è divenuta consuetudine accumulare ampie quantità di informazioni sui clienti, che però raramente si traducono in una conoscenza in grado di produrre una rapida reazione. Il cognitive computing, ci dice SB Italia, consente di automatizzare alcune di queste azioni, grazie alla capacità di imparare dai dati, elaborarli e restituire indicazioni e raccomandazioni. Ricadute immediatamente percepibili si possono avere, per esempio, nella riduzione del tempo e delle risorse necessarie per risolvere problematiche specifiche dei clienti. In prospettiva, lungo questa via, è possibile convertire le strutture di customer care in veri e propri centri di profitto, facendo leva sull’efficienza del servizio per attivare azioni commerciali anche durante l’interazione.

I consumatori, oggi, vogliono risposte rapide alle loro richieste e un’esperienza personalizzata sulle proprie attitudini. Le soluzioni cognitive consentono di individuare rapidamente le preferenze di spesa degli individui, analizzando in modo autonomo dati provenienti, per esempio, dagli andamenti demografici, dallo storico degli acquisti, dalle wish list raccolte online e anche dai social media. Il rapporto con il cliente può divenire così più diretto e coinvolgente, grazie alla possibilità di usare il linguaggio naturale nelle varie fasi di ingaggio, proporre idee ritagliate sui gusti reali e addirittura fornire consigli di spesa.

Un altro ambito di concreta applicazione open cognitive computing riguarda l’evoluzione della supply chain. La trasformazione digitale in corso sta già influenzando un settore nel quale un maggior livello di automazione, velocità ed efficienza può creare fin d’ora un significativo vantaggio competitivo. Basti pensare a una grande realtà come Amazon, che ha potuto fornire servizi di consegna anche molto rapida alla propria clientela proprio perché ha automatizzato e reso intelligente il proprio sistema logistico.

Ma non occorre essere un gigante per poter sfruttare già oggi ciò che le tecnologie cognitive e l’intelligenza artificiale possono mettere a disposizione. Ci sono già esempi concreti di realtà che, per esempio, hanno migliorato la gestione del magazzino oppure i percorsi di distribuzione della merce, utilizzando in modo intelligente i dati a loro disposizione. Per i retailer, l’intelligenza artificiale apre un nuovo mondo di possibilità, consentendo di modellizzare differenti scenari distributivi allo scopo di minimizzare i costi di consegna dei prodotti e creare, allo stesso tempo, un’esperienza uniforme e appagante per i clienti. La possibilità di prevedere e programmare nei minimi dettagli la logistica, può consentire di trasformare i negozi in piccoli ed efficienti magazzini, comprimendo qualche anello della catena distributiva e preservando i margini.

Leggi anche:  Il potenziale del data marketplace. Come governare la condivisione dei dati

La manutenzione predittiva è un altro possibile terreno di sviluppo, dove un sistema cognitivo può essere in grado di suggerire le aree di potenziale miglioramento o quelle nelle quali esistono maggiori probabilità che si verifichino anomalie.

SB Italia, un partner di riferimento oltre la tradizionale BI

Se è possibile associare la Business Intelligence alle attività di reporting e gli strumenti analitici alla “discovery” dei dati a disposizione per rafforzare la conoscenza, il cognitive computing, con le sue caratteristiche associate al machine learning e all’intelligenza artificiale, consente di elaborare scenari futuri con maggior precisione e ottenere suggerimenti credibili per prendere le corrette decisioni.

SB Italia mette a disposizione delle aziende la solida competenza maturata nel tempo sia nella gestione dei Big Data sia nel campo delle analisi predittive e prescrittive per aiutare i propri clienti a fare il salto in avanti legato al cognitive computing. Un team specializzato di consulenti, esperti di processo e data scientist è a disposizione per individuare il percorso di cambiamento più adatto per ogni realtà e costruire il progetto su misura più indicato. Le competenze maturate si basano sulla piattaforma cognitiva Watson di Ibm e sulla soluzione HDInsight integrata nella piattaforma cloud Azure di Microsoft. La possibilità di fruire anche in modalità as-a-service degli strumenti necessari a rendere più intelligenti i propri processi rende l’evoluzione verso il cognitive computing alla portata anche di realtà non troppo complesse.