Emmanuel Becker, nuovo managing director della compagine italiana spiega le linee guida del prossimo futuro, tra digital transformation e cloud
Equinix è una global company con oltre 180 data center che aumentano giorno dopo giorno, in proporzione con la crescita demografica della digitalizzazione. Una presenza del genere le consente di fornire una serie di servizi, tramite i propri provider, ai clienti più diversi, dalle piccole imprese alle multinazionali. In poche parole, si tratta di un gruppo che abilita l’accesso alle connessioni più vicine con una visione già ben indirizzata alla globalizzazione del mercato.
Proprio la trasformazione delle reti ha permesso al mondo di parlare e comunicare in maniera più ampia, in tanti settori produttivi. Spesso però le diverse esigenze di connettività non vengono fornite da uno stesso internet provider, dunque si pone l’esigenza di affidarsi a più soluzioni. Per questo, piattaforme gestite da società differenti hanno la conseguenza di rallentare le operazioni su problemi originati da fonti eterogenee. Scommettere su un partner completo, come Equinix, consente di ottimizzare la fruizione dei servizi e gli eventuali interventi di business crisis.
L’Italia, nel processo di sviluppo e crescita di Equinix, rappresenta uno snodo centrale. Questo perché il nostro paese, contrariamente a quanto accadeva un po’ di tempo fa, si trova nel mezzo di un interscambio continuo di dati, soprattutto di quelli che dai paesi ricchi del Medio Oriente vanno in Nord Europa. Questo passaggio liquido ha accresciuto la presenza in Italia di data center che collegano organizzazioni e imprese lontane decine di migliaia di chilometri.
Emmanuel Becker, nuovo managing director di Equinix Italia si presenta al pubblico dell’Internet Exchange pic.twitter.com/GUiozFNbmC
— Data Manager Online (@datamanager_it) 30 ottobre 2017
“Il nostro approccio – spiega Emmanuel Becker, nuovo managing director di Equinix Italia – segue due linee principali, una global e una local. La prima è figlia dell’apertura dei mercati all’internazionalizzazione, con la necessità di migliorare i punti di contatto con le sedi in giro per il pianeta, sia per qualità che ampiezza di storage. La seconda si fonda sulla volontà di guardare alle specificità delle aree nelle quali si trovano i clienti serviti, per ottenere il meglio in ogni situazione”.
Il messaggio che Equinix vuole far passare è che quando si parla di estero bisogna considerare non solo la voglia di esportare i propri progetti oltre confine ma anche la necessità di affidarsi a data center fisicamente residenti altrove. Il motivo? Raggiungere in misura puntuale utenti più vicini alle repository di dati, proteggere meglio alcune informazioni soddisfando le policy in materia (il Gdpr ad esempio), tenere backup localizzati evitando la ridondanza. Insomma è davvero riduttivo oggi, pensare di poter contare su una visione unicamente nazionale dei servizi tecnologici adottati, anche pe le compagnie numericamente più piccole, se non altro per le opportunità di innovazione che il mondo connesso offre.
“Questo non vuol dire perdere il senso di ciò che ci circonda, dei contesti e delle sfide peculiari – prosegue Becker – l’obiettivo perseguito da Equinix è quello di creare un network con un identico livello di accesso all’ingresso. In tale ottica, chiunque sceglie la nostra rete entra in un circolo virtuoso che supporta il business ma contribuisce anche a creane dell’altro. Un’azienda italiana che non ha ancora sperimentato l’export può ridurre al minimo gli investimenti poggiandosi sulle infrastrutture dei partner di Equinix per testare un nuovo mercato; allo stesso modo un provider ancora non presente in Italia ha l’occasione di capire se è in grado di soddisfare alcune esigenze passando per la rete che gestiamo. In un panorama continuamente in evoluzione, i paradigmi di internet exchange e cloud exchange restano essenziali, perché entrambi svolgono ancora un compito decisivo verso la digital trasnformation, in primis dei processi ma soprattutto della cultura, che spesso risulta ancora più dura da cambiare dei tool stessi”.