Le tecnologie digitali abilitano nuove forme di comunicazione e collaborazione nel contesto lavorativo. Ma per trasformare davvero è necessario mettere il fattore umano al centro
La digitalizzazione cambia il modo di progettare, sviluppare, vendere prodotti e servizi, un cambiamento che avviene contestualmente alla trasformazione interna alle organizzazioni. Alla base di questa evoluzione ci sono anche le tecnologie che rendono possibile un diverso modo di comunicare e fare lavoro di squadra. Christoph Müller-Dott, managing director Germany, Austria, Southern & Central Europe di Orange Business Services, affronta il tema dei servizi che il ramo consulenziale e di integrazione del grande operatore globale propone ai clienti in affiancamento alle loro strategie di smart working, partendo dalle esperienze che Orange stessa vive in modo molto diretto.
Digitali ma premurosi
«La natura del nostro business – afferma Müller-Dott – ci obbliga a essere globali e l’unico modo per esserlo oggi è investire continuamente in soluzioni di collaboration, smart working e virtualizzazione del lavoro di squadra. In materia, siamo veri e propri early adopter, facciamo un uso assolutamente strategico di questi strumenti». La tecnologia, con la sua scientifica freddezza, è un ingrediente fondamentale ma non sufficiente. Orange Business Services riassume il proprio approccio alla digitalizzazione in uno slogan che umanizza e personalizza la sua azione: “digital and caring”. «L’obiettivo – spiega Müller-Dott – è tenere la persona al centro della scena, non limitandosi a digitalizzare processi e strumenti di collaborazione, ma cercando di comprendere le persone, le loro attività, la loro formazione». Un altro elemento fondamentale, aggiunge il responsabile italiano della divisione servizi di Orange, è il pieno coinvolgimento di tutti, a partire dal management. Al proprio interno, gli Orange Business Services per esempio hanno creato il ruolo di “digital ambassador”: una o più persone incaricate di promuovere un nuovo spirito di gruppo attraverso varie iniziative. Una di queste in Orange è stata l’adozione di un unico social network aziendale che ha fatto ordine nella miriade di tool e database usati in precedenza per la condivisione, oggi centrata sul nuovo ambiente social.
Lo stesso modello viene applicato agli interventi che Orange è chiamata a effettuare in casa dei clienti. «Non possiamo avere innovazione se non pensiamo alla customer experience» – afferma Müller-Dott. «In questo campo, non esiste il “one size fits all”. Da un lato occorre rispettare l’autonomia delle varie linee di business che costituiscono l’azienda, implementando alla giusta velocità le tappe di trasformazione, con l’ambasciatore che agisce da catalizzatore e stimola dove serve. Anche nei case study più positivi, dove la digitalizzazione parte da una forte volontà da parte dei responsabili, si rischia di non andare da nessuna parte se il coinvolgimento non avviene anche in direzione opposta, dal basso verso l’alto».
Sperimentare sul campo
Come vengono riprodotti certi meccanismi evolutivi in un mercato in cui sono presenti tante realtà diversificate, non tutte capaci di affrontare l’innovazione con lo stesso passo? Orange affronta le inevitabili differenze che caratterizzano anche le aziende di un determinato settore, attraverso una modalità di intervento suddivisa in tre macroaree: il lavoro e la collaborazione dentro l’azienda; l’ecosistema esterno dei fornitori; e l’infrastruttura vera e propria, il cosiddetto “digital enabler”, che è il punto di partenza di ogni strategia. «L’infrastruttura abilitante – avverte Müller-Dott – è imprescindibile. Se non disponi di una rete che ti permette di comunicare in modo efficace, un cloud ibrido sicuro e performante, o se hai difficoltà nell’integrare pezzi che non puoi sviluppare da solo, non vai da nessuna parte. Orange parte da una scrupolosa analisi dello spazio di innovazione proprio di ogni cliente e si muove con gradualità, sviluppando dei proof of concept limitati, se è necessario anche in integrazione con altri vendor. Sono test che impegnano poco, ma permettono di utilizzare le tecnologie esattamente come se fossero già in produzione». Un altro aspetto che distingue l’azienda di system integration dell’operatore di TLC francese dai competitor, che appartengono al nuovo dominio “over the top” dei cosiddetti cloud operator, è l’attenzione posta nel rendere meno traumatici certi passaggi tecnologici agli occhi dei clienti più tradizionalisti, che conoscono i vantaggi della digitalizzazione ma possono esserne spaventati. Sul piano della cultura d’impresa, Orange Business Services, un integratore globale con esperienza ormai ultradecennale, è un’azienda europea che ai progetti di rinnovamento radicale implementati da concorrenti di vocazione esclusivamente tecnologica, preferisce un modo di pianificare più rispettoso. La priorità è non creare crisi di rigetto e spingere a vivere la digitalizzazione come un’esperienza positiva. «Sì, è vero – esemplifica Müller-Dott– un contact center basato in cloud ti permette di erogare facilmente servizi di assistenza da qualsiasi località del mondo, ma gli operatori dell’attuale piattaforma non devono percepire il nuovo come una minaccia».
Risolvere senza forzare
Qual è dunque lo “stile” che Orange Business Services adotta per intervenire sul cliente? Come vengono studiate e risolte le diverse problematiche? La divisione servizi di Orange ha strutturato la propria offerta basandosi su alcune tipologie di intervento. Nel caso di un progetto di medio-lungo termine si agisce nella logica di un “innovation process”. Orange lavora con il cliente per identificare le aree di intervento possibili, costruendo una mappa di modalità e tempistiche, individuando gli interlocutori giusti, e una sponsorship a sostegno delle varie iniziative. «Si cerca via via di risalire dalle idee alle prime fasi di testing e da queste alle implementazioni, ma facendo in modo che il cliente non percepisca Orange come un provider tecnologico bensì come un partner». In altri casi, l’importanza del progetto induce a proporre al cliente un modello di “co-innovation”, in cui anche Orange è disposta a investire materialmente, coinvolgendo i propri laboratori. «Una strategia di questo tipo caratterizza molti progetti per l’Internet of Things – precisa Müller-Dott – perché nella IoT in genere disponiamo di tecnologie, ma non ci sono molti standard di riferimento. L’interesse comune sta nel costruirli insieme». Infine, un terzo modello si basa sull’intervento di uno staff di consulenti di business, molto più vicini ai processi aziendali che alle tecnologie. A loro spetta il compito di affiancare le figure più tecniche di Orange nel posizionare correttamente le loro soluzioni, facendo in modo che la digitalizzazione non comporti semplicemente un cost saving. «Non è sufficiente garantire efficienza e riduzione dei costi» – sottolinea Müller-Dott. «Bisogna offrire di più e farlo in modo trasparente». A proposito di co-innovation e trasparenza, come si comporta un system integrator chiamato a partecipare in contesti di implementazione oggi sempre più modulari e partecipativi, che coinvolgono più vendor? «Questo sta diventando il paradigma riconosciuto, nessuno è in grado di imporsi sul mercato completamente da solo, per tutti vale una visione ibrida». Orange non vuole imporre una singola strategia, ma basarsi semmai sulla propria capacità di gestione di soluzioni best of breed per dare al cliente la possibilità di centralizzare il controllo attraverso il web in condizioni di assoluta sicurezza dei dati e delle transazioni.
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