«A una recente assemblea di Federmanager una delle domande è stata: C’è ancora futuro per i direttori del personale, per i direttori finanziari? Ho provato a dare una risposta visto che parlavano del mio mestiere e ho fatto un esempio: oggi, esistono ottimi avvocati che ormai utilizzano software per farsi la scrematura delle sentenze. E lo stesso si può vedere in tutti i campi. Qual è il ruolo del direttore finance? Mettere in fila i numeri? No, ormai da tempo non lo è più. Quello che conta è capire che cosa vogliono dire questi numeri: forecast, ormai lo possono fare le macchine, ma foresight continueremo a farlo noi.
Se un manager è capace di fare solo forecast, ahimè durerà poco» – così Claudio Galli riassume il senso di come la digitalizzazione stia cambiando il modo di fare impresa e il ruolo dei manager all’interno delle aziende. Evoluzione che tocca tutte le funzioni, a partire dalle HR. Oggi, Galli guida le risorse umane a livello EMEA di Kohler Engines (divisione della conglomerata USA Kohler Company, sbarcata in Italia nel 2007 con l’acquisizione della reggiana Lombardini Motori), ma dopo decenni passati nel settore automotive, a formare ingegneri, il suo punto di vista non si limita alle sole risorse umane, anche se non rinuncia a spiegare come la tecnologia possa cambiare il suo mestiere. Che cosa fa un direttore delle risorse umane? «Costruisce» – anzi Galli preferisce usare l’inglese “nurture”. «Coltiva. Il nostro mestiere è di far crescere il talento delle persone. L’elettronica aiuta anche noi, ma se avremo solo l’elettronica a supporto, non avremo la risposta alla domanda più importante: tra dieci anni, come avremo ottimi leader nelle organizzazioni»?
Ruoli senza confini – In tempi come questi, di epocali cambiamenti, i ruoli sembrano perdere i confini. E la divisione netta tra mondi un tempo all’apparenza incompatibili non ha più senso. «Cultura scientifica e cultura umanistica devono andare di pari passo. Un ingegnere – e conosco bene gli ingegneri – può portarti su Giove. Certo, è complicato, ma è solo questione di tempo e soldi, poi tutto si può fare. Ma il solo pensiero lineare non basta più: è definitivamente tramontato nella seconda metà del 2008. E domani penseremo in modo sempre più diverso» – spiega Galli. «Oggi, abbiamo una tecnologia estremamente affidabile, pregnante. Sta a noi trovare il bandolo. Prendiamo la matematica: ragionando in modo lineare si può semplificare dicendo che più conosci la matematica più alto sarà il tuo stipendio. Ma già oggi e ancor più tra qualche anno quella matematica la faranno i chip: fare i conti a memoria non servirà. Sarà invece necessario mantenere la capacità di avere la dimensione fisica delle cose, sapere se siamo in strada oppure fuori strada. Ci troveremo in una situazione sempre più virtuale che ci costringerà ad allenare sempre più quella che è la nostra percezione. Andrà tutto così veloce che non ci si potrà fidare più solo del dato strumentale».
Certo è che in quella che ormai è diventata la “gig economy” – dove non esistono più le prestazioni lavorative continuative, il posto fisso, con contratto a tempo indeterminato) ma si lavora on demand – la tecnologia sta modificando radicalmente il concetto stesso di lavoro. «Prendiamo il caso di Uber. Oggi, tra l’altro, con Uber Professional le aziende di trasporto rischiano di essere messe nelle stesse condizioni dei tassisti. Ma è bene chiarire: i tassisti non sono in crisi per colpa di Uber, ma per loro incapacità di gestione. Perché MyTaxi che funziona bene come Uber è perfetta e i tassisti federati vanno bene e non credo che rischino di perdere il lavoro. Pensiamo ai vettori low-cost: il loro emergere non ha comportato la perdita di posti di lavoro nelle compagnie aeree, per lo meno non direttamente, ma ha voluto dire estendere il servizio a una platea molto più ampia di utenti» – continua Galli. «BlaBlaCar permette di muoversi in maniera autonoma, e anche di supplire a carenze allucinanti del sistema pubblico che richiede investimenti faraonici per poter fare uno stupido trenino. Tutto ciò va visto in positivo, non in negativo. Sono cambiamenti, innovazioni forti che sono in tanti casi semplicemente formalizzati dal digitale, ma che portano a sviluppi estremamente interessanti. Anche perché – Galli lo confessa apertamente – mi sono anche un po’ stufato di sentire solo profeti di sventura».
Il fattore umano che fa la differenza – Lasciando da parte i profeti di sventura, è indubbio che si siano persi molti posti di lavoro e altri saranno a rischio nei prossimi anni. «Restando su Uber – spiega Galli – il fatto che fare un click, invece di stare al telefono un quarto d’ora con l’impiegata di turno, distrugga posti di lavoro non mi convince. Intanto, mi fa risparmiare un quarto d’ora, mi fa spendere meno e quindi libera risorse che posso utilizzare in modo migliore, più produttivo. Successivamente, la centralinista, se è una persona capace di gestire le persone, di dialogare, avrà mille lavori utili. Si torna al discorso di prima. Saranno le macchine a fare i lavori a minor valore aggiunto: è chiaro che la centralinista che riceve la telefonata e la replica da un’altra parte senza aggiungere valore non avrà spazio, ma ci sarà sempre spazio per il fattore umano».
Una delle note dolenti, in Italia, sembra essere la mancanza di digital skill da parte dei lavoratori. «L’Italia è messa peggio rispetto ad altri paesi. Anche se, va detto, che siamo i peggiori giudici di noi stessi. L’Italia è stata per anni il paese con il maggior numero di telefonini (e intendo in assoluto non per abitante) e continua a essere tra i primi al mondo per numero di apparecchi elettronici pro capite. Oggi, non ci sono più i telefonini che si usavano solo per parlare o al massimo per mandare un sms: ci sono apparecchi telefonici molto sofisticati e gran parte delle innovazioni passa da lì. Stamattina ho firmato 12 rinnovi di contratto con pochi click sullo schermo del cellulare: è questa la realtà. E lo smartphone lo sanno usare tutti gli italiani» – replica Galli. «In Italia, il vero problema sono le infrastrutture. L’Italia è indietro per questo, non per le persone».
Come creare il cambiamento in azienda – Ma che cosa sono davvero le risorse umane? «Noi ci occupiamo di percorsi professionali» – risponde Galli. «E, personalmente, amo definirmi “chief evolution officer”. Non mi piace il termine risorse umane, come pure direzione del personale. Ci occupiamo di creare il cambiamento, non da “costruttori”, ma da “giardinieri”. Il nostro mestiere non è come quello del muratore che monta e smonta, che fa la casa e poi la tira giù. Noi creiamo le condizioni perché le persone crescano seguendo la loro naturale inclinazione: non dobbiamo fare degli organismi transgenici come pensava qualcuno nelle risorse umane di 20 o 30 anni fa. Noi dobbiamo valorizzare il DNA esistente, senza alterazioni. Certo, tutto diventa sempre più veloce, ma alla fine quello che conta è sempre la creazione di valore. Non considero il manager delle risorse umane alla stregua di un carabiniere, un amministrativo e neppure come un gestore di sistemi di compensation. Le risorse umane, per me, devono essere in grado di costruire sistemi interculturali e di relazione. Sicuramente, punto di partenza sono la conoscenza generale e le competenze tecniche: un manager che è specialista e generalista al tempo stesso, un po’ sociologo, psicologo, economista, e anche un po’ esperto di legge, capace di tenere insieme saperi e sistemi di relazione differenti. Non è un ruolo molto ambito, perché forse è difficile da spiegare: è un ruolo quasi da imprenditore più che da manager» – conclude Galli.
L’energia delle persone
L’Associazione Italiana per la Direzione del Personale (www.aidp.it) è punto di riferimento per tutti coloro che si occupano professionalmente della relazione tra individuo e azienda, coniugando le esigenze dello sviluppo dell’impresa e delle persone. Presente in Italia con 16 gruppi regionali per valorizzare e promuovere uno sviluppo serio e responsabile delle professionalità HR e della cultura manageriale in ambito risorse umane, rappresenta la comunità HR italiana nel mondo. Attraverso eventi, pubblicazioni, progetti e ricerche sulle più importanti tematiche attinenti il mondo del lavoro, è motore di sviluppo della professionalità dei soci, presupposto per il successo delle organizzazioni e la crescita delle persone che vi lavorano.