Il cliente è la sola ragione

La tecnologia digitale ha arricchito in modo dirompente il sistema di relazioni che lega le organizzazioni aziendali ai loro clienti, coinvolgendoli sempre più a fondo nel processo di ideazione e sviluppo di nuovi prodotti. E fornendo al marketing una sfera di cristallo puntata sulla crescita futura

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Anche la seconda parte del forum WeChangeIT 2017, dedicata al marketing digitale, si apre con il racconto di Sergio Pedolazzi, CEO e founder di D-Factory, ideatore di Skiddi, un vero e proprio maker che ha saputo trasformare un’idea semplice ma innovativa – un minuscolo oggetto tascabile che permette agli appassionati di sci di portarsi dietro l’attrezzatura come una sorta di valigia-trolley – in una piccola ma agguerrita società commerciale. Nel ripercorrere la storia che ha portato alla creazione della sua startup, Pedolazzi individua i punti fondamentali della trasformazione digitale che nel suo personale caso hanno fatto la differenza tra il semplice “ideare” e il “vendere”. Le sue parole tracciano un efficace compendio del significato di “business digitale”. «Un primo elemento riguarda la tecnologia, che riesce ad abbattere molte barriere all’ingresso. Fino a pochi anni fa, occorrevano troppi soldi per passare dall’idea al prototipo: a me, una volta depositato il brevetto, è bastata una stampante 3D open source da 700 euro. Superato questo primo ostacolo – ha proseguito Pedolazzi – devi affrontare quella fase che fa del prototipo un prodotto commerciale e subentra quel fabbisogno di conoscenze che io non avevo. Qui hanno avuto un ruolo le persone che ho conosciuto e che mi hanno insegnato a utilizzare il web e in particolare il crowdfunding, che è diventato per me lo strumento di marketing più veloce e globale. Una preziosa scorciatoia che ti permette anche di testare la validità della tua idea e arrivare a un mercato a costo zero verso distributori, punti vendita, individui, insomma tutti quelli che potevano essere interessati a Skiddi come prodotto finito».

GIOCARE D’ANTICIPO

Se questi fattori inducono a guardare all’innovazione tecnologica e di processo come a una grandissima opportunità di cambiamento e crescita, Pedolazzi conclude con una nota in chiave negativa sull’Italia e su un sistema che nel complesso risulta ancora poco incentivante e non sufficientemente esposto alla cultura della trasformazione. «I bandi che ho sfruttato per portare avanti la mia idea erano tutti italiani, ma sono le singole persone che mi hanno aiutato, non il contesto» – ha concluso Pedolazzi, quasi anticipando la parola chiave che farà da comune denominatore al dibattito sulle nuove modalità di marketing di servizi e prodotti: engagement. La natura social e partecipativa del digitale – non a caso identificato come uno dei pilastri della Terza Piattaforma secondo IDC – è alla base di nuovi strumenti che aiutano a integrare le esperienze dei clienti nel ciclo di vita dei prodotti. La trasformazione ci aiuta ad anticipare i bisogni delle persone e a cogliere gli spunti per lo sviluppo di nuovi fronti di business; soddisfare i bisogni impulsivi di consumatori abituati a muoversi con destrezza nello spazio ormai indifferenziato del punto vendita tradizionale e dei canali online; ottimizzare le linee di offerta esistenti, sviluppando prodotti e servizi più in linea con le aspettative, capaci di rafforzare la relazione tra azienda e cliente invece di creare disaffezione; cogliere con crescente velocità i segnali di un cliente insoddisfatto e battere i concorrenti con una rimodulazione dell’offerta.

Come nella prima tavola, l’intervento di apertura spetta a Fabio Rizzotto, senior research and consulting director di IDC Italia, che cerca di individuare gli aspetti più importanti. Dietro al mare di acronimi e concetti riferibili al comportamento del cliente nella piazza del mercato digitale, dalla customer experience alla multicanalità, afferma Rizzotto, «c’è un doveroso allargamento della nostra attenzione riguardo al modo in cui un’organizzazione sta su un mercato che oggi identifichiamo piuttosto in un ecosistema». Dietro tutto questo, si nascondono implicazioni notevoli. «Non c’è più un confine preciso tra il ruolo di chi offre e quello di chi acquista» – prosegue Rizzotto. «Lo sguardo va verso una maggiore circolarità delle esperienze e inevitabilmente in una direzione in cui si pone un tema di architetture e infrastrutture tecnologiche sottostanti da gestire». A scopo esemplificativo, Rizzotto fornisce un unico dato: «Nella sfera digitale in cui ciascuno di noi si trova, un individuo oggi dispone in media di circa 25 “identità digitali” che possono avere un impatto sul modo di relazionarsi con chi fa business digitale. E questa è solo una delle mille sfaccettature di un tema più generale come quello dei dati che si fa sempre più critico e che impatterà ancora di più considerando – conclude Rizzotto – un aspetto come la mobilità delle identità e dei dati che queste identità generano».

ENERGIA POTENZIALE DIGITALE

I dati, riconosce subito Matteo Giovanditti, CEO di Alterna, società che ruota nella galassia di Altea Federation, devono essere considerati come «pura energia potenziale». Ma come possiamo migliorare la competitività delle nostre imprese partendo dai dati? La risposta sta nella capacità di conoscere e profilare al meglio i clienti sulla base delle informazioni di cui possiamo disporre attraverso innumerevoli canali. «Il cliente – avverte Giovanditti – non è cambiato più di tanto. Vuole soddisfare i suoi bisogni. Comprare ciò che desidera al miglior prezzo, utilizzando il canale più vicino alle sue esigenze. Ciò che cambia, grazie alle dinamiche generazionali e alle tecnologie, sono le modalità con cui le persone e i clienti interagiscono con le aziende: un dialogo in cui persone e organizzazioni sono in grado di influenzare scelte e trend generazionali». Il CEO di Alterna fa riferimento ai principi elaborati dal teorico del marketing Philip Kotler nella sua opera più recente, focalizzata proprio sul Marketing 4.0, per ricordare che i concetti tradizionali di segmentazione e targetizzazione vengono meno per lasciare il posto a una vera e propria community virtuale abitata da clienti e fornitori, dove la referenziabilità, il consenso, il suggerimento personale sono spesso la prima motivazione all’acquisto. «L’elemento che scatena questa decisione è la consapevolezza di un valore tangibile percepito all’interno di questa sfera virtuale, costruita con un dialogo sempre più istantaneo con tutti gli altri».

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Se davvero il gioco consiste nel dare un valore concreto o percepibile a un cliente che è il primo a dirci che cosa vuole, quale dev’essere oggi la funzione del responsabile marketing? Ha ancora senso cercare di giocare una partita d’anticipo, o dobbiamo metterci tutti semplicemente in ascolto? «No, la funzione del marketing non viene meno – interviene Paola Saggese, media director Southern Europe and CEE di Unilever. «Anzi, mi rendo conto di quanto siamo ancora marketing oriented quando ascolto me stessa, i miei colleghi, e il linguaggio che continuiamo a utilizzare». Il marketing è una scienza adattiva, e se il consumatore cambia abitudini e stili d’acquisto continua ad avere i suoi bisogni. Semmai, avverte Saggese, diventa più difficile per le aziende intercettarli. «Nello sviluppo di una strategia si deve tener conto delle tecnologie disponibili. Un tempo sviluppavamo il prodotto e lo mettevamo sullo scaffale, oggi, questo paradigma è completamente cambiato. Ci sono delle attività che vengono fatte in maniera diversa». Saggese cita a questo punto una serie di innovative campagne per le quali sono stati utilizzati strumenti molto innovativi, come il mondo a realtà aumentata di Pokemon GO per la promozione del famoso Cornetto Algida, un classico intramontabile dell’ADV che ha saputo trovare nuove strade per raggiungere i nuovi target di consumatori, o la tecnologia di geolocalizzazione per una campagna di proximity marketing legata a un altro famosissimo brand come Mentadent. Un prodotto utilizzato per l’igiene e la protezione della pelle del neonato (Fissan) è stata l’occasione per lo sviluppo di un sistema di messaggistica basata su chat bot con logiche di machine learning per il dialogo con la community delle neo-mamme. Quest’ultimo è un caso su cui Saggese si sofferma, osservando che la comunità delle neo-mamme è un target che si «autogenera continuamente e impone la necessità di restare sempre in contatto attraverso una tecnologia che renda tra l’altro possibile una comunicazione in linea con il linguaggio e gli stili adoperati dal target stesso, aperto a piattaforme social e allo scambio di conoscenze».

ELETTRICITÀ ONE-TO-ONE

Se l’approccio al cliente di una grande realtà globale dei generi di consumo cambia radicalmente, anche un brand come Ansaldo Energia, in un comparto industriale pesante come quello che ruota intorno agli impianti di produzione di energia deve adeguare le proprie modalità di interazione con la clientela, non solo in ottica di continuità della relazione ma anche su un piano più valoriale. Massimo De Ferrari, responsabile industrial relations & corporate HR shared services del Gruppo, racconta che la digitalizzazione e la gestione dei dati ha permesso ad Ansaldo Energia una evoluzione inedita in termini di business e di offerta di servizi. «Siamo passati dall’essere un costruttore di componenti per centrali elettriche a una operatività più diversificata. Oggi, questa è un’azienda che offre ai suoi clienti su scala globale una gamma di veri e propri servizi e che fa acquisizioni in questo senso. La trasformazione è abilitata dalle tecnologie ma interpretata e vissuta dalle persone. Siamo passati dal prodotto al servizio al cliente con modalità di controllo da remoto, utilizzando strumenti e apparecchiature di diagnostica e analisi predittiva». Le nuove modalità di affiancamento poggiano sulla digitalizzazione del controllo della produzione e della manutenzione degli impianti. «Ansaldo mette a disposizione una complessa sala di diagnostica e controllo remoto dei componenti principali e l’evoluzione di questa sala di regia ci permette di acquisire dalle centrali esterne tutta una serie di dati che hanno una ricaduta in termini di manutenzione, ma che possono aiutare i clienti per assicurare a loro volta una produttività ottimale e dunque una vendita a maggiore marginalità dell’energia generata».

Per Massimo Calabrese, digital strategy consultant COO di Guanxi, esempi come quello appena fornito da Ansaldo Energia dimostrano che tutta la sfera del marketing sta passando, in virtù del digitale, da un paradigma di scarsità delle informazioni che possono servire a vendere meglio, all’opposta situazione di abbondanza. «Il marketing ha vissuto in questi ultimi due anni più cambiamenti che negli ultimi cento anni» – spiega Calabrese. «Eric Schmidt, presidente di Google Alphabet, ha fatto osservare che in un arco di tempo che va dall’inizio della civiltà umana ai primi anni 2000 è stato prodotto lo stesso volume di informazioni che oggi viene generato e transita sulle nostre reti in un giorno. Oggi, la risorsa scarsa è l’attenzione da parte del cliente, che oggi non può più essere solo “in affitto”, ma deve essere anche “di proprietà”. Voglio dire che se in passato una azienda cercava di utilizzare l’attenzione che altri avevano conquistato, oggi è sempre più importante servirsi dei dati, delle strategie di marketing e del digitale, per costruire una relazione e un rapporto di fiducia con il cliente, in un giusto mix di attenzione in affitto e di proprietà». Con le dovute differenze di contesto e “advocacy”, Calabrese inoltre nega che ci possa essere una grande diversità di approcci in chi agisce nel B2B rispetto a chi ha a che fare con piccoli o grandi bacini di consumatori individuali. «C’è una piena equivalenza tra business value e customer value, sia che si agisca in un ambito B2B, B2C o magari B2B2C. Lo dimostrano le classifiche S&P e Fortune 500 degli ultimi dieci anni: le aziende che le hanno scalate sono riuscite a utilizzare la tecnologia per creare innovazione e di conseguenza valore, un meccanismo sostenuto dalla capacità di marketing».

CONVERGENZA TRA PROFESSIONAL E CONSUMER

La sostanziale sparizione di ogni linea di demarcazione tra relazione con il cliente professionale o aziendale e il consumatore finale vale – afferma Eugenio Cecchin – anche per il noto marchio Ideal Standard, azienda di cui è presidente e AD in Italia. Quello che conta, a fronte di un cliente sempre più evoluto, è la capacità di costruire una relazione one-to-one, il più possibile personale. «Si deve insomma cercare di sviluppare in azienda una grande sensibilità verso la capacità di costruire vestiti sempre più su misura di uno specifico cliente» – spiega Cecchin. «Quando si utilizzano strumenti di marketing molto innovativi, il rischio è di esagerare, di scivolare in quello che chiamo “hyper-marketing”. Nel nostro caso, cercando di far passare un processo fondamentalmente industriale per la manifattura di stampo artigianale che non potrà mai essere se vogliamo restare competitivi sul mercato». Ma come si può evitare questo rischio senza rinunciare alla familiarità e all’immediatezza di una relazione che avviene tramite i canali digitali? «Creando l’illusione dell’esperienza individuale» – è la risposta di Cecchin. «Convincendo il cliente che ciò che l’azienda o il suo fornitore propone è un vestito su misura fatto prendendo soluzioni standard, quello che dal punto di vista di una realtà industriale è la mass production del passato, e aggiungendo la dose di creatività necessaria per combinare diversi elementi standard in una soluzione unica e ideale».

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Andrea Guanci, direttore marketing di MSC Crociere, concorda in modo totale con le considerazioni dell’AD di Ideal Standard. Nella inedita combinazione del marketing 4.0 con l’industry 4.0 è possibile trasformare o comunque far percepire un prodotto standard, come un prodotto personalizzato. «I passeggeri che hanno vissuto una delle nostre crociere la raccontano sempre in modo diverso» – ricorda Guanci. In un mondo come quello delle navi da crociera, estremamente capital intensive viste le dimensioni delle navi, il numero di player è giocoforza limitato. «Per noi la profilazione è solo uno strumento per rafforzare la customer experience. Il cliente non può prendere il posto del direttore marketing di un’azienda. Il viaggiatore è sempre più evoluto e disintermediato. Cambiano i canali di contatto. E di conseguenza, cambia il modello di business da push a pull. È il marketing che entra in gioco per creare una vera differenziazione, basata certamente sul prodotto, l’hardcore di una realtà aziendale, ma anche sulla comunicazione, il “softcore”. Quindi navi grandi e ipertecnologiche, ma semplici da fruire grazie alle app di bordo, e tanta tecnologia anche nella creazione di modelli comunicativi diversi».

DIGITAL BANK: DA FORZIERE A ECOSISTEMA

L’intervento di Massimo Milanta, chief information and security officer di Gruppo UniCredit, riporta la discussione a una dimensione più storicizzata, basata sull’esperienza in trasformazione evolutiva del business del settore che forse più di tutti ha fondato strategicamente il proprio business sull’information technology. Prime a essere impattate dalla trasformazione digitale, le banche hanno fatto per molti versi da apripista in materia di transazioni e quindi di relazioni digitali con il cliente, adottando approcci di radicale revisione delle infrastrutture. «Da un lato stiamo cercando di comprendere come sostituire la classica relazione di vendita in filiale, attraverso operatori umani, con una conoscenza ottenuta attraverso i media digitali» – spiega Milanta, che parla anche del lavoro svolto internamente al Gruppo per raggiungere quel grado di semplificazione tecnologica interna, in termini di accessibilità e capillarità dei servizi, che è presupposto fondamentale della semplificazione del prodotto e della relazione con il cliente. Ma c’è anche – continua Milanta – un tema di trasformazione degli assetti competitivi e di capacità che la “banca 4.0” deve avere nel costruire quel sistema di relazioni indispensabili per attaccare il mercato secondo logiche di ecosistema e partnership. A questo livello, UniCredit ha lanciato diverse iniziative finalizzate al coinvolgimento di un mondo che viene spesso percepito “avversario” della grande banca: quello delle startup fintech. Attraverso fondi di investimento e altre iniziative, queste realtà vengono approcciate in ottica di coopetition e anche qui certi presupposti sono di natura tecnologica perché implicano un certo grado di apertura, a livello di API, e accessibilità a servizi di tipo infrastrutturale.

ROVESCIAMENTO DI PROSPETTIVA

Ancora una volta, l’intervento di un fedele amico degli eventi di Data Manager, il responsabile dell’ICT di RAI, Radiotelevisione Italiana, Massimo Rosso, chiamato a discutere sulle diverse dinamiche di relazione tra un content provider di dimensioni nazionali e il suo pubblico, sfocia in alcune considerazioni davvero visionarie. Il tema è quello della trasformazione della più importante “azienda culturale” del Paese in media company in un’ottica multipiattaforma e omnicanale. I pilastri di questa trasformazione sono l’architettura full IP e gli analytics che hanno cambiato il modo di produrre e distribuire i contenuti. La trasformazione digitale in RAI è stata una rivoluzione copernicana. Il contenuto rimane “king” in termini di definizione e qualità, e anzi il web contribuisce a modellarlo secondo i desideri del target, mentre la distribuzione coinvolge la funzione delle reti che saranno sempre più convergenti. «RAI – osserva Rosso – è un editore in grado di colpire una platea di milioni di individui attraverso quattordici canali di offerta televisiva, radiofonica e web. Offerta che oggi ha la possibilità di affermarsi ed evolvere anche lasciandosi dietro tutta una serie di impronte e feedback digitali. «Il problema è che tutti noi – oggi – obbediamo a una cultura che si basa sui comportamenti del passato e su questi cerca di anticipare, prevedere i comportamenti del presente e del futuro». Rosso fa diretto riferimento alla propria formazione nel campo della fisica teorica per ricordare che il presente non è una linea di demarcazione netta tra passato e futuro. «Il presente ha una sua larghezza, dentro la quale possiamo muoverci. Quando sono in autostrada e assisto a un incidente sulla corsia opposta, io so che le vetture che incrocerò dopo mezz’ora saranno ferme in coda entro una trentina di minuti al massimo. Potrei comunicare a queste vetture il loro prossimo destino». Finora – prosegue Rosso nella sua metafora – la tecnologia per raccogliere informazioni di questo tipo e comunicarle in tempo reale non c’era. «Oggi, invece abbiamo i big data analytics e comunichiamo tutti alla velocità della luce, il nostro “presente” si è allargato: analizzando i comportamenti di milioni di persone impattate dal fenomeno televisivo siamo diventati anticipatori di futuro».

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ASCOLTARE, ANALIZZARE E PREVEDERE

La capacità di anticipare il comportamento futuro del cliente, le sue aspettative, i sintomi del suo scontento, sono il cuore della piattaforma per la gestione delle relazioni messa a punto da Pegasystems, un player molto significativo in un segmento delle soluzioni CRM, mirate alle specifiche esigenze delle aziende di produzione in svariati settori. Presente sul mercato da 35 anni, Pegasystems ha saputo anticipare molte delle attuali svolte tecnologiche, adottando prima di molti altri il modello di erogazione as a service dei suoi strumenti e infondendo il suo motore di correlazione dei dati di algoritmi in-memory e di intelligenza artificiale. «Questo motore, che noi chiamiamo “Always-On Brain” è in grado di stabilire punti di correlazione tra tutte le informazioni custodite in azienda e i dati generati nel corso della sua quotidiana interazione con l’esterno» – mette in evidenza Gabriele Obino, country manager di Pegasystems Italia, la filiale che il gruppo americano ha rilevato sette anni fa dalla società che distribuiva e integrava il prodotto Pega nel mercato italiano. «In questo modo, le aziende possono allineare la customer interaction con le proprie strategie di mercato, facendosi suggerire le decisioni più opportune, le azioni da prendere, direttamente dall’intelligenza che l’Always-On Brain sviluppa autonomamente sulla base di una analisi di dati storici e real-time». Insight attraverso i dati, capacità di anticipare il futuro di persone e impianti capital intensive, “sfere di cristallo” che visualizzano, grazie al machine learning, il trend evolutivo di processi industriali e campagne commerciali.

La cassetta degli attrezzi della trasformazione digitale fondata sul dato come valore per il business e il cliente aiuta tutti a produrre e vendere meglio, ad anticipare e rispondere agli assalti della concorrenza, ma anche, ci ricorda infine Marco Forneris, senior advisor di Octo Telematics, a immaginare e attivare linee di offerta innovative e “cross-sector”. Chi è innanzitutto Octo Telematics? «Siamo una multinazionale “tascabile” – risponde Forneris – che con poche centinaia di dipendenti serve in tutto il mondo oltre duecento clienti che a loro volta fanno riferimento a circa più di cinque milioni di utenti finali». Questi utenti finali sono gli automobilisti – americani, italiani, inglesi, e oggi anche russi e di altre nazioni – che Octo Telematics raccoglie attraverso una serie di sensori di bordo e dispositivi router che provvedono alla trasmissione dei dati stessi alle centrali di Octo. Di quali dati si sta parlando? Della posizione dell’auto, dei parametri di accelerazione istantanea, frenata, dei valori forniti dai sistemi elettronici e informatici che ormai abbondano a bordo delle nostre autovetture. Le fabbriche di auto di oggi saranno le fabbriche dei robot di domani. Prima l’auto senza conducente, poi i viaggi interplanetari. Le applicazioni IoT nel retail sono quelle più sexy, ma l’80 per cento delle applicazioni IoT sono di tipo industriale e automotive: una trama intricata come quella del romanzo di Forneris “un po’ noir un po’ spy story” dal titolo “Nodo di Seta” (2017, Sandro Teti Editore), con la prefazione di Eugene Kaspersky. Ma qui il “nodo” è la relazione con il cliente. «Stiamo diventando dei sensori senza bisogno di averli impiantati sotto pelle. E la sicurezza non può essere un optional delle connected car. Gli analytics ribaltano le logiche assicurative tradizionali. Scatole nere e smartphone permettono di fare risk assessment innovativo con i dati dinamici del guidatore, tenendo conto dei comportamenti frequenti, del contesto e delle zone di transito abituali, non solo della targa. Questo ha un impatto importante anche sulle logiche di marketing».

MERCATI DA RIVITALIZZARE

Tramite gli algoritmi messi a punto da Octo, questa massa incredibile di dati viene macinata e spremuta, traducendosi in precise informazioni sia sul comportamento del guidatore al volante (le sue accelerazioni improvvise, le sue brusche frenate, le ore di guida senza intervallo, le soste), sia sullo stato del veicolo (la qualità delle strade percorse, gli eventuali incidenti subiti). «Insomma – riassume Forneris – Octo Telematics fornisce ad aziende terze – tipicamente le imprese assicuratrici, ma anche i car makers e oggi in misura crescente le grandi società di noleggio e fleet management e le neonate imprese di car sharing – informazioni molto dettagliate e in tempo reale sul comportamento dei loro clienti». A loro volta le informazioni servono per offrire un servizio migliore, per intervenire in caso di incidente, per misurare a distanza il potenziale livello di usura di componenti e parti di ricambio, in ottica di manutenzione preventiva, o per modulare i prezzi delle polizze assicurative in funzione del fattore di rischio rappresentato dal titolare della polizza. I più prudenti vengono premiati con sconti sulla loro polizza, i più “spericolati” pagano qualcosa in più. «Si possono ottenere risparmi del 30 per cento rispetto alle polizze» – conclude Forneris. «È stata una soluzione di grande successo perché del tutto innovativa, in un mercato che si era completamente rotto, aveva perso ogni relazione affettiva con i propri clienti, che oggi grazie ai nostri device, vengono raggiunti da servizi migliori, in tempo reale e in chiave one-to-one». Niente di tutto questo sarebbe stato possibile senza le tecnologie della Terza Piattaforma e il cambiamento di mentalità che questa trasformazione induce nei processi aziendali e nello stile manageriale e organizzativo delle imprese.

Foto di Gabriele Sandrini


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