Big Data che vedono e prevedono. Il libero arbitrio esiste ancora?

Cattoni Giulia_Urbano Creativo

L’economia “on demand” si basa sull’intelligenza artificiale capace di prevedere e quindi consigliare, e risponde al desiderio moderno di avere tutto e subito. Ma la nostra possibilità di scelta è ancora liberamente determinata?

Probabilmente non tutti conoscono la storia di un padre di Minneapolis che, cinque anni fa, si recò da Target, superstore americano, lamentandosi con il manager del negozio di aver inviato alla figlia sedicenne una busta piena di coupon destinati a donne incinte. L’indignatissimo padre accusava il manager che le politiche di marketing del superstore potevano incoraggiare la ragazza, minorenne e studentessa, a diventare mamma. Dopo le scuse al cliente, la questione sembrava chiusa. Se non che, dopo qualche giorno, fu il padre in questione a dover chiedere scusa, ammettendo di aver scoperto che sua figlia aspettava davvero un bambino. «A quanto pare – disse – non sono adeguatamente informato su tutte le cose che accadono in casa». Quello su cui i due non erano informati era soprattutto che Target, servendosi di uno studio statistico, aveva identificato 25 prodotti che le donne mettevano nel carrello quando scoprivano di essere incinte. La ragazza aveva probabilmente acquistato gli stessi prodotti, e Target – identificato il profilo – aveva immediatamente spedito la pubblicità mirata all’indirizzo di casa, ancor prima che la figlia decidesse di comunicare la notizia ai genitori. In pratica, Target era più informato di chiunque altro, su quello che accadeva nelle case degli americani.

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Dal 2012, la mole dei dati a disposizione delle aziende e il loro sfruttamento strategico non ha fatto altro che evolversi: non è un segreto che le grandi aziende tecnologiche seguono la maggior parte delle nostre attività online e offline, raccogliendo enormi quantità di dati personali e ovviamente avendo cura di mantenerli gelosamente sotto chiave. Google acquisisce dati dalle ricerche effettuate sul web e dai testi delle email, Amazon raccoglie informazioni dagli acquisti degli utenti e Facebook da tutte le attività di social networking. Anche Netflix, il colosso dello streaming online, deve il suo successo ai dati generati dagli utenti: non solo sa cosa la gente guarda sui propri canali ma, analizzando questi dati, da anni, studia le scelte degli utenti per suggerire film o spettacoli televisivi che potrebbero interessare. Le statistiche si sono fatte così precise da aver proposto tentativi sofisticati di programmazione basata su big data, dando a Netflix modo di spingersi verso la creazione sicura di produzioni originali per ogni paese. Sì, perché l’azienda ha condotto una ricerca su scala mondiale per trovare quali serie e quali puntate siano state in grado di catturare maggiormente l’attenzione degli spettatori. E così House of Cards, che è attualmente la serie più visualizzata nella libreria del servizio, è stata prodotta con la “ricetta segreta della serie perfetta”. In pratica, è stata creata con la certezza che sarebbe stato un successo.

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Netflix e il caso di House of Cards è un esempio di quel processo che va sotto il nome di economia “on demand” che sta rivoluzionando il nostro modo di consumare e che risponde al desiderio moderno di avere tutto e subito. L’intelligenza artificiale è capace di prevedere e quindi consigliare.
Ci conosce e ci offre garbatamente consigli anche quando non glielo si richiede esplicitamente. Esaudisce i nostri desideri, si guadagna la nostra fiducia, diventa nostra mentore, determina le nostre scelte. E noi permettiamo compiaciuti che questo accada. L’intelligenza artificiale esaudisce e crea i nostri desideri in un cerchio senza fine, in un vortice nel quale siamo inghiottiti. Che fine ha fatto il libero arbitrio, la libertà di ogni persona di scegliere da sé gli scopi del proprio agire? Nel ventunesimo secolo, big data e tecnologie si affiancano ai concetti di predestinazione, fatalismo, destino. E voi, siete pronti ad aprire la cassetta delle lettere questa sera?

 Giulia Cattoni @urbanocreativo