Il settore agroalimentare italiano deve prendere il treno della digitalizzazione adesso

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Lo studio Cisco – Digital Transformation Institute “Gli impatti della digital transformation sul settore agrifood” ha analizzato in maniera estesa per la prima volta tutto il settore agroalimentare, dal campo alla tavola, per individuare le tecnologie a maggiore impatto e indagare lo stato dell’arte nelle diverse filiere

Il settore agroalimentare italiano deve cogliere adesso l’opportunità della trasformazione digitale: questo il messaggio che lancia la ricerca “Gli Impatti della Digital Transformation sul settore Agrifood” realizzata dal Digital Transformation Institute con la collaborazione di Cisco Italia.

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Un messaggio da ascoltare con attenzione, perché riguarda uno dei settori principali dell’economia italiana, che impiega tra agricoltura e industria alimentare il 21,7% degli occupati italiani e che oggi per crescere e restare competitivo deve affrontare, oltre alle trasformazioni economiche e sociali,  anche la trasformazione digitale: con tante opportunità che è necessario comprendere, per investirvi di più.

Ad esempio nel nostro settore vitivinicolo  – un miliardo di bottiglie esportate nel 2015 – il 77,3% delle aziende non ha fatto investimenti a valore in tecnologie ICT, o ne ha fatti per meno di 5.000 euro negli ultimi cinque anni. I segnali positivi ci sono: perché il 52% delle imprese ha intenzione di fare investimenti superiori a questa soglia nel prossimo futuro, ma bisogna coinvolgere anche quel 31% di aziende, specie medio-piccole, che non ha espresso lo stesso livello di interesse.

“Il settore agroalimentare ha un peso molto importante nell’economia del nostro paese, per questo è fondamentale che si inserisca con decisione nel trend della digitalizzazione.  Attraverso questa ricerca abbiamo voluto comprendere nel dettaglio lo stato dell’arte in termini tecnologici di un comparto molto complesso, composto da realtà molto diverse fra loro e da filiere differenti: uno sguardo di insieme necessario per trovare un linguaggio comune con cui rivolgerci al settore e supportare la sua trasformazione digitale” ha detto Michele Festuccia, responsabile dei progetti rivolti al settore agroalimentare nel piano di investimenti Digitaliani di Cisco Italia.

“ Oggi abbiamo a disposizione soluzioni che possono esaltare ancora di più l’eccellenza che il nostro agroalimentare esprime ed esporta in tutto il mondo, proteggerla e valorizzarla, ed allo stesso tempo capire di cosa ha bisogno: ad esempio, come emerge dalla ricerca, ha bisogno di formazione, di un approccio più sistematico, di maggiore supporto nello sfruttare l’impatto dell’innovazione: e noi dobbiamo tenerne conto “

La ricerca: la prima mappatura completa del comparto agroalimentare per capire impatto e opportunità della digitalizzazione

“Gli impatti della digital transformation sul settore agrifood” è  un ampio e approfondito studio che per la prima volta offre una mappatura completa dell’impiego delle tecnologie in tutto il comparto agroalimentare, analizzando le diverse fasi (produzione, trasformazione etc), i processi correlati – dalla logistica alla tracciabilità alla gestione di controlli e impatto ambientale – e le diverse filiere (carne, pesce, lattiero-caseario, ortofrutticolo, vinicolo, olio).

La ricerca è stata realizzata dal Digital Transformation Institute coinvolgendo in focus group e interviste in profondità oltre 30 esperti, provenienti da associazioni di settore, università e ricerca, realtà aziendali, istituzioni – con l’obiettivo di comprendere  lo stato dell’arte di tutto il comparto,   in tema di digitalizzazione.

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In primo luogo sono state individuate tutte le tecnologie, non solo ICT, che hanno avuto finora maggiore diffusione in ogni ambito del comparto agroalimentare (agricoltura e industria alimentare);  è stata fatta una valutazione su quali tecnologie hanno avuto e potranno avere maggiore impatto, su quali sono i punti critici per il percorso di innovazione, quali i punti di contatto fra i diversi anelli della filiera.  A valle di tutto questo è stato quindi elaborato un modello di analisi con cui potere esaminare  – anche da un punto di vista economico e sociale –  il livello di digitalizzazione, il tipo di tecnologie, gli investimenti nelle diverse filiere produttive: carne, pesce, latte, ortofrutticolo, vitivinicolo, olio.

Il modello di analisi è diventato poi un questionario, che è stato utilizzato, per iniziare, con la filiera vitivinicola: sono state coinvolte 307 aziende, selezionate per formare un campione rappresentativo del settore, intervistate con il supporto di SWG.

Il comparto agroalimentare: senza una visione di insieme e adeguate competenze, si perde la sfida della trasformazione digitale

“Una visione di insieme, in grado di declinare nell’ottica del settore agroalimentare e agroindustriale le tendenze tecnologiche chiave – non solo in ambito ICT –  permetterebbe di mettere in campo un approccio condiviso, capace di aiutare i processi di crescita,  favorire l’aggregazione e una progettualità più forte in un settore frammentato e variegato” spiega Stefano Epifani, presidente del Digital Transformation Institute.  Dalla mappatura emerge però l’assenza di un vero quadro di insieme, che rende più difficile diffondere nel settore  la consapevolezza delle opportunità della tecnologia e l’urgenza di coglierle per restare competitivi a livello globale.

Questa difficoltà è accentuata da un altro grande problema:  la scarsa presenza nel settore di figure qualificate, con le competenze necessarie per guidare una trasformazione digitale.  Senza una guida, è ancora più difficile sviluppare la percezione del bisogno di innovazione e, nel caso, affrontare il tema della digitalizzazione in modo sistematico.

Scarsa percezione del bisogno di innovazione e assenza di un approccio sistematico sono gli altri punti dolenti evidenziati dalla ricerca: punti dolenti che hanno conseguenze gravi, come l’incapacità di valutare efficacemente l’impatto degli investimenti che pure vengano fatti.

Lo dimostra, ad esempio, quanto è emerso dall’indagine effettuata presso le aziende nel settore vitivinicolo, in cui ben il 47% degli interpellati dichiara che gli investimenti fatti in tecnologia  non hanno ancora portato o non porteranno un aumento di ricavi, e il 15% non sa valutare il vantaggio eventualmente ottenuto.

Detto questo, non si può dire che la situazione sia al 100% uniforme in tutto il comparto.  Si evidenzia in particolare che l’attenzione alla digital transformation è prevalente nelle aziende di dimensione industriale, ed emerge che  a percepire davvero i vantaggi della digitalizzazione sono di fatto solo le aziende che già investono in tecnologie digitali.

E’ il classico serpente che si morde la coda, con un meccanismo che rischia seriamente di lasciare indietro un’altra coda: la “coda lunga” del settore agroalimentare, come la ha definita Stefano Epifani, composta da migliaia e migliaia di aziende piccole e medie, che attraverso la tecnologia potrebbero affacciarsi su un mercato più ampio, migliorare il controllo dei loro processi produttivi,  riconoscere e far riconoscere la qualità, l’eccellenza, l’originalità dei loro prodotti – e crescere.

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“Il fattore chiave per modificare questo meccanismo è la diffusione capillare, in questo settore più che mai, di cultura e competenze digitali” spiega Epifani. “A partire dalla scuola, dagli istituti professionali, per arrivare a iniziative che coinvolgano gli attori del settore e le istituzioni in un percorso per costruire consapevolezza e capacità”.

Il settore vitivinicolo: tradizione e digitalizzazione

L’analisi effettuata in dettaglio sul settore vitivinicolo è stata realizzata con un questionario strutturato a partire dai dati chiave emersi nella mappatura del comparto.  Il settore vitivinicolo è stato scelto per primo in quanto ha una presenza omogenea sul territorio italiano, ed è composto per la grande maggioranza da aziende che hanno una filiera integrata – dalla produzione dell’uva fino all’imbottigliamento e alla distribuzione e vendita diretta del prodotto (rispettivamente il 92% e 93%).

Inoltre, il vitivinicolo è certamente un campione di eccellenza per il paese, con 1 miliardo di bottiglie esportate nel 2015; è un settore maturo nella sua configurazione tradizionale, che si confronta con gli scenari competitivi globali.

  • Investimento in innovazione: soprattutto  sulla parte finale della filiera
    • Il 77,3% delle aziende vitivinicole italiane non ha investito o ha investitofino a 5.000 euro in tecnologie ICT negli ultimi cinque anni.  Del restante 22,7% – che ha investito più di 5.000 euro –  la metà (il 49%) è rappresentato dalle aziende più grandi. Dal punto di vista geografico, la distribuzione tra chi investe in tecnologie digitali e chi non lo fa vede un maggior investimento, se pur lieve, da parte delle aziende di Sud e Isole.
    • La gran parte degli investimenti in digitale effettuati finora evidenzia l’obiettivo di ampliare la base clienti dell’azienda, intervenendo sulla parte finale della filiera: nel 41% dei casi sulla distribuzione, nella vendita diretta al pubblico per il 43%. Di conseguenza, le tecnologie di maggiore interesse sono legate  soprattutto al management e alla gestione aziendale (74%), alla tracciabilità (57%), al “ricevere e trasmettere informazioni in forma elettronica (53%). Sono rilevanti anche  aspetti obbligati dalle richieste burocratiche e normative, dal momento che il 41% ha investito per tecnologie legate ai sistemi di autorizzazione e controllo da parte della PA.
  • Investimenti futuri: più interesse verso la produzione e l’ottimizzazione dei processi
    • Guardando alle previsioni di investimento futuro, si nota una tendenza a considerare maggiormente il valore della digitalizzazione. Il 52% delle aziende ha intenzione di investire più della soglia minima di 5.000 euro: il 30% di chi intende investire è composto da aziende medio grandi. Il 31% di chi non intende investire è composto da aziende medio piccole.
    • Le tecnologie su cui si intende investire in futuro sono in particolare quelle legate al ciclo della produzione e  all’ottimizzazione dei processi di trasformazione (49% e 57% le ritiene interessanti) e sono centrali i temi legati alla tracciabilità e sicurezza del prodotto, ma anche la logistica e il management e gestione dell’impresa.
  • I risultati degli investimenti in digitale: ancora poca chiarezza
    • L’investimento effettuato in digitalizzazione non sembra essere sempre efficace in termini di crescita.  Il 47% afferma che gli investimenti fatti non hanno inciso positivamente sui ricavi, il 15% non sa valutarlo; il 21% dichiara di avere visto un moderato effetto positivo, il 7% soltanto un reale incremento del fatturato.
    • Questi scarsi risultati si possono legare alla preponderante scelta di intervenire sulla distribuzione, sul web, l’e -commerce –  senza una attenta considerazione dei processi retrostanti: infatti solo il 19,3% delle aziende ha un sistema logistico organizzato in modo innovativo, mentre il 38% ha una logistica non informatizzata e il 40% dichiara di non avere alcuna pianificazione logistica.
  • Tracciabilità:  un tema chiave per la qualità
    • Il tema della tracciabilità è estremamente rilevante per il comparto vitivinicolo. Solo il 4% degli interpellati la etichetta come una “moda” che presto passerà; il 51% del campione ritiene che dovrebbe essere sempre obbligatoria (molto d’accordo).
    • Anche se il 30% è molto d’accordo con il fatto che essa sia “un costo per il produttore ”e il  29 % ritiene che dovrebbero essere le istituzioni a farsi carico dei costi, dal momento che è richiesta dall’Unione Europea –  una percentuale analoga (31%) riconosce che è utile a promuovere commercialmente i prodotti.
    • Lo spazio di intervento è comunque ampio, in quanto ad esempio ben il 65% delle aziende tiene un registro dei trattamenti del prodotto in campo ancora in formato cartaceo, quindi non adatto a integrarlo automaticamente anche con i dati sul prodotto per inserirlo in un sistema più ampio di tracciabilità.
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“Analizzando complessivamente lo stato della digitalizzazione nel settore vitivinicolo emerge una relazione tra la qualità del prodotto (vini DOC, DOCG)  e la predisposizione al digitale dell’azienda: chi produce vino di qualità è anche chi fa più investimenti in ICT e comprende meglio le dimensioni della rivoluzione in atto” conclude Stefano Epifani. “Anche se non c’è una correlazione sistematica fra le due cose, è evidente il rischio che si corre: che in un mondo in cui la capacità di muoversi nel mercato digitale è sempre più importante  si allarghi il divario fra produttori di alta qualità che investono in digitalizzazione e gli altri produttori, portando questi ultimi ad avere seri problemi di competitività”.

Come per il comparto nel suo complesso, è necessario lavorare per creare nelle aziende del settore vitivinicolo più consapevolezza delle opportunità, e ancora prima di fare in modo che le aziende si rendano conto del bisogno di supportare la digitalizzazione; tutto questo deve essere accompagnato da investimenti in formazione, perché servono giovani che conoscano le dinamiche digitali e aiutino queste migliaia di aziende nel percorso di cambiamento.  In questo senso, hanno un ruolo centrale le Università ma anche gli istituti superiori di formazione professionale, tecnica, agraria.