La compagnia che produce il famoso mini PC si è unita al network di programmatori no-profit che si rivolge alle nuove leve del coding
Da una parte l’azienda che ha contribuito a rendere il fai-da-te tecnologico molto più di massa di quanto lo fosse prima, dall’altra un network globale che si basa su una forte community di sviluppatori, soprattutto alle prime armi. Insomma, il matrimonio tra Raspberry Pi Foundation e CoderDojo era di quelli che ci si poteva aspettare e in grado di produrre figli di un certo tipo. La collaborazione, anzi il vero e proprio merge tra i due ha l’obiettivo di portare i temi del coding ai ragazzi dai 7 ai 17 anni, il principale pubblico di riferimento del movimento developer nato nel 2011 in Irlanda. La novità è che CoderDojo sta crescendo parecchio anche da noi: ad aprile è arrivato in Italia con un evento a Milano e non è detto che non possa ritornare presto nel nostro paese con un’altra serie di incontri.
Formazione scolare
Come detto, assieme Raspberry e CoderDojo possono fare grandi cose. Il primo metterà l’hardware, il secondo il know-how formativo e la comunità di appassionati di cui vanta in giro per il mondo. “Possiamo realizzare progetti interessanti insieme – ha scritto Philip Colligan, CEO della Foundation – abbiamo l’opportunità di andare ancora più in là, unendo le nostre forze”. I piani sono chiari: incrementare il numero dei CoderDojers volontari ad almeno 5 mila entro il 2020 (ora siamo poco oltre i 1.000). Stando a Raspberry, la collaborazione con il movimento non causerà un monopolio di Pi all’interno delle classi. Ogni CoderDojo potrà decidere gli strumenti da utilizzare, come fatto sinora. È chiaro però che una volta sotto lo stesso cappello, le iniziative volte a coinvolgere le varie iterazioni di mini PC siano destinate a crescere, pur senza una netta esclusività.