Qual è il rapporto causa-effetto tra smart city e gentrification? Il caso del quartiere Garibaldi-Isola a Milano, che ha provocato un cambiamento in tutta la città
Nell’Oxford Dictionary, il verbo “gentrify” indica quel processo di trasformazione di un quartiere operaio o del centro della città in un’area residenziale da parte della popolazione benestante (“gentry”, appunto). E da qui il termine gentrification, quel fenomeno spontaneo che parte dal ristrutturare abitazioni fino ad allora abitate da famiglie di estrazione sociale più bassa, comportando un cambiamento del carattere sociale del quartiere. In questo modo, le zone degradate della città si riqualificano, il prezzo del suolo e della vita aumenta e ciò porta al declassamento dei vecchi residenti non più nelle condizioni di vivere nel loro quartiere. Molte città dell’America settentrionale, ma anche nel resto del mondo, hanno conosciuto questo fenomeno che ha preso avvio nel passaggio dall’epoca industriale a quella post-industriale nelle città urbane occidentali, e ha decisamente guidato e determinato la struttura di molte realtà urbane. La gentrificazione oggi significa una deindustrializzazione delle aree centrali verso lo sviluppo di aree che possiamo considerare come turistiche e di consumo culturale, aree la cui peculiarità deve essere un’alta qualità della vita.
Giovanni Semi è ricercatore di Sociologia e studia i processi culturali e comunicativi presso il Dipartimento di Scienze sociali dell’Università di Torino. Egli afferma che si può considerare la gentrification come una delle forme classiche e principali del progetto urbano della modernità ovvero come la manifestazione della massiccia ondata di ritorno in città di capitali, che avevano progressivamente perso il proprio valore. E qui sta la cerniera tra la città come la conosciamo e quella smart. Qual è il rapporto causa-effetto tra smart city e gentrification? Se la città intelligente è la città che garantisce velocità, flussi, servizi, immediatezza, in poche parole una migliore qualità della vita, le metropoli hanno bisogno di una profonda collaborazione tra amministrazione e capitali d’investimento. Sono evidentemente i quartieri che provengono dalla sciagurata urbanistica dei “quartieri dormitorio”, quelli in cui si può partire da zero e in cui si possono ricostruire e accettare più facilmente nuovi ambienti che si ispirano alle nuove tecniche e alle filosofie della smart city.
E sono proprio queste zone quelle che poi spesso diventano le zone più all’avanguardia, l’esempio da ammirare e seguire. A Milano, è il caso del quartiere Garibaldi-Isola, che ha provocato un cambiamento radicale in tutta la città, nella cucitura del suo centro pedonale, fino a modificare profondamente il disegno urbano e il suo skyline. Quindi, non serve né demonizzare il fenomeno, né dare esclusivamente la responsabilità al “mercato” per ogni processo di trasformazione della città. Tuttavia, nonostante il processo sia spontaneo e irrefrenabile, non vuol dire che sia ingovernabile. Serve essere consapevoli di quanto, in questa partita, siano amministratori e pianificatori lungimiranti a giocare un ruolo fondamentale per far sì che i cittadini continuino a beneficiare della rigenerazione del centro cittadino senza diventare vittime delle politiche di sviluppo.
Giulia Cattoni @urbanocreativo