Trasformazione digitale anche per il settore sanitario, dove l’influenza degli acceleratori dell’innovazione come IoT e cognitive computing, ma anche le spinte esterne come l’adeguamento al nuovo regolamento europeo sulla privacy, possono rappresentare opportunità di miglioramento dei servizi e delle performance
Quello della Sanità è stato uno dei pochi settori in cui la spesa in ICT è cresciuta, sia pur timidamente, invertendo un trend negativo che perdurava da tempo. Con un totale di 1,34 miliardi di euro nel 2015, quelli dedicati alla Sanità continuano a rappresentare una fetta significativa degli investimenti in ICT. Tra le ragioni di questo andamento tutto sommato positivo vi è anche il fatto che le leve tecnologiche per sostenere innovazione e sviluppo nell’ambito del settore sanitario sono molteplici, compresi gli strumenti di cognitive computing, con numerose applicazioni in grado di far ottenere nuove efficienze e realizzare cambiamenti da tempo attesi. Declinare la trasformazione digitale nel settore sanitario significa per esempio pensare ad applicazioni quali la cartella clinica elettronica, il fascicolo sanitario elettronico, la telemedicina, la crescente dematerializzazione di referti e cartelle cliniche, gli analytics e la clinical governance, la mobile health e molto altro.
Progetti nuovi
E in effetti, sembra proprio che qualcosa di positivo stia emergendo, dopo anni di quasi stagnazione. «Rispetto al passato anche recente, in questo ultimo scorcio di tempo si nota una moltiplicazione di progetti interessanti in ambito IT e Sanità», spiega a Data Manager Silvia Piai, EMEA research manager di IDC Health Insights. E questo spinge a essere ottimisti, in quanto «si nota finalmente che anche in questo settore sta cambiando la percezione dell’IT, vista sempre più come strumento per cambiare i processi» – prosegue Silvia Piai, avvertendo però che «di molti progetti, non pochi sono allo stadio di progetti pilota. Nonostante questo, si nota comunque il cambiamento culturale, che riguarda anche la dirigenza, con un coinvolgimento che va oltre i sistemi informativi, comprendendo nei progetti anche la parte clinica», quella dei medici. A questo riguardo, un esempio molto interessante è quello di Arsenàl.IT, un consorzio volontario di aziende sanitarie e ospedaliere della Regione Veneto che si occupa dell’introduzione dell’innovazione tecnologica e organizzativa nei processi sanitari. L’idea alla base dell’iniziativa, che sta già riscuotendo un significativo successo anche con le prime applicazioni concretamente realizzate, è quella di «mettere a sistema competenze tecnologiche e processo clinico» – commenta Silvia Piai, sottolineando come anche questo contribuisca ad «aiutare il coinvolgimento dei medici, che in genere continuano a vedere l’IT quasi come un aspetto a loro estraneo».
Cambia la percezione
È un fatto, prosegue l’analista di IDC, che «ancora oggi, per i medici, l’IT riguarda soprattutto la compliance in materia di privacy, che rimane il loro problema principale e viene spesso visto come qualcosa che tende a sottrarre tempo prezioso. Ma se si riesce a far sì che i processi, anche quelli relativi alla compliance, entrino in maniera naturale nelle procedure dei medici, di sicuro la percezione può cambiare, con l’importante risvolto che il focus dell’IT si può spostare maggiormente sull’aspetto clinico». Questo ultimo sviluppo è «dovuto anche alla crescente influenza di acceleratori dell’innovazione quali Internet of Things e cognitive computing, la cui influenza nella Sanità è destinata ad aumentare, con ulteriori risvolti per sicurezza e privacy» – fa notare Silvia Piai. Al riguardo, bisogna riferirsi anche all’entrata in vigore del nuovo regolamento europeo sulla privacy (GDPR) nel 2018, che «se da un lato porta in dote il principio della “security by design”, nel quale la sicurezza non è qualcosa che si mette sopra, a cappello dei sistemi, ma ci si pensa fin dall’inizio della progettazione del sistema stesso, dall’altro lato rappresenta anche un’opportunità per ripensare molti aspetti della Sanità se si adotta un approccio strategico e non reattivo» – sottolinea Silvia Piai, mettendo in evidenza che «se si utilizzano nel modo giusto i budget previsti per l’adeguamento al GDPR, si può davvero trovarsi di fronte a una forte leva di innovazione».
Le nuove tecnologie
È però necessario chiedersi fino a che punto i nuovi acceleratori dell’innovazione, e le relative applicazioni, l’intelligenza artificiale, la realtà aumentata, la robotica e la stampa 3D possono rappresentare il futuro anche della Sanità. Ha provato a dare una risposta alla domanda lo studio condotto da FTI Consulting per Epson, che ha coinvolto nel corso dell’ultimo trimestre 2016 oltre 7.000 persone, 1.200 delle quali provenienti dal settore sanitario, di cinque paesi europei tra cui l’Italia. Come ha evidenziato la ricerca, due intervistati su tre (il 64 per cento) tra i professionisti della Sanità ritiene che le nuove tecnologie e un maggiore accesso ai dati siano in grado di portare significativi vantaggi in ambito medico. In particolare, il 72 per cento dei professionisti concorda sul fatto che la stampa 3D e la stampa organica e biologica potrebbero ridurre i tempi di attesa per gli interventi chirurgici, mentre una percentuale quasi analoga (il 70 per cento) afferma che in questo modo aumenterebbe anche il successo degli interventi stessi e delle cure. Inoltre, la realtà aumentata è considerata rivoluzionaria quasi dalla metà degli intervistati, con il 45 per cento concorde nel ritenere che questa cambierebbe il modo in cui si svolge la formazione chirurgica. Gli intervistati hanno anche riconosciuto l’importanza futura dei robot e della loro interazione con gli esseri umani. Infatti, secondo il 34 per cento, le cure sanitarie potrebbero essere affidate ai robot in modo che il personale medico possa svolgere mansioni più qualificate.
Tra cloud e wearable…
In tema di tecnologie digitali, Daniela Scaramuccia, director Health and Life Science Industry di IBM Italia, spiega che «oggi, diventare digitali è un prerequisito inevitabile per rimanere competitivi: un’esigenza per il mondo dell’Industria, ma anche per la Pubblica Amministrazione e per la Sanità». E, proprio per la Sanità, «è il momento di accelerare, anche perché in questo campo il valore del sistema italiano è riconosciuto in tutto il mondo. Le tecnologie, infatti, consentono di migliorare la qualità dei servizi, ottimizzare il governo della spesa e l’allocazione delle risorse. Oggi, grazie al cloud tante soluzioni avanzate sono a portata di mano. E poi ci sono i dispositivi mobili, nuove apparecchiature, robot, dispositivi wearable che consentono di monitorare parametri chiave per la salute» – prosegue Daniela Scaramuccia.
…e tra IoT e Analytics
Sulla stessa linea anche Bruno Sirletti, presidente e amministratore delegato di Fujitsu Italia, secondo cui «con la digitalizzazione del sistema sanitario si potrebbero monitorare e curare i pazienti senza la necessità di un loro ricovero fisico in ospedale, fattore che permetterebbe un taglio dei costi significativo. Attraverso l’IoT installato nelle case dei pazienti, collegati in cloud, e le piattaforme di analytics, il personale medico potrebbe essere in grado di elaborare diagnosi a distanza. Inoltre, in maniera preventiva, l’analisi dei dati individuali e degli stili di vita permetterebbe di identificare i livelli di rischi per la salute prima che le patologie si conclamino, consentendo di intervenire in modo preventivo, modificando determinati comportamenti a rischio e potendone valutare l’impatto a lungo termine. La raccolta di dati individuali inoltre permette, una volta effettuata la diagnosi, di migliorare drasticamente il processo di cura, dando indicatori puntuali sulla reazione dell’individuo ai trattamenti, consentendo di ricalibrare le terapie, secondo le singole reazioni e in base anche agli stili di vita».
Il nodo dei dati
Quello dei dati rimane un tema fondamentale. Infatti, sempre in base alla ricerca condotta a fine anno scorso da FTI Consulting per Epson, un maggiore accesso ai dati dei pazienti da parte dei professionisti sanitari potrebbe anche migliorare l’erogazione delle cure ai pazienti per il 72 per cento degli intervistati, mentre la maggiore disponibilità dei dati, secondo il 76 per cento, favorirebbe anche la condivisione delle conoscenze sul campo grazie all’accesso remoto e alla collaborazione virtuale rese possibili dalla tecnologia. Infine, oltre alle questioni legate alla privacy dei dati e a tempi e costi, lo studio ha evidenziato anche altre importanti questioni da affrontare come l’etica e la responsabilità: il 65 per cento degli interpellati concorda sul fatto che gli aspetti etici potrebbero in qualche modo rallentare o bloccare l’adozione delle tecnologie, mentre il 70 per cento ritiene che, in caso di complicazioni, l’imputazione della responsabilità potrebbe essere il problema principale.
La centralità dei dati
Va però sottolineato, come ricorda Daniela Scaramuccia di IBM, che «tutte le innovazioni vertono su un unico snodo: la centralità delle informazioni. I dati devono essere raccolti, letti, interpretati in modo da produrre informazioni utili, che devono essere rese disponibili in tempo reale a chi servono quando servono. Per la Sanità questo vuol dire comprendere meglio le patologie e prevenirle, effettuare trattamenti e cure personalizzate, ridurre i tempi della Ricerca. Per accelerare questa evoluzione, IBM investe e continua a investire. Ha anche creato un’unità dedicata formata da 2.000 persone. E il cognitive computing si conferma una risorsa preziosa perché permette di acquisire continuamente dati da bibliografie e casistiche vastissime. Oggi, i tavoli di lavoro che vedono IBM Watson al lavoro al fianco di ricercatori e medici sono davvero tanti. Dai grandi progetti per dare una svolta alla lotta contro il cancro alla realizzazione di soluzioni specifiche per migliorare la vita di ognuno di noi» – conclude Daniela Scaramuccia.
Esempi virtuosi
Gli esempi di progetti innovativi in ambito sanitario in tutto il mondo non mancano: tra i più recenti, Bruno Sirletti di Fujitsu Italia cita «quello di assisted-living, che stiamo sviluppando con gli ospedali in Irlanda. Il progetto consiste nell’istallazione di diversi sensori per misurare il movimento e i segnali vitali dei pazienti mentre sono a casa, immagazzinando i dati in maniera sicura nel cloud proprietario. Il personale clinico e i pazienti interagiscono in tre tipologie di ambienti differenti. Un ambiente ospedaliero supervisionato, per fa sì che i medici conoscano prima il paziente. La casa del paziente stesso, dove attraverso dei semplici sensori legati ai wearable device è possibile applicare un monitoraggio continuativo durante le normali fasi di vita quotidiana. Un terzo ambiente assistito, una casa dedicata, dove i pazienti possono essere monitorati con sensori ambientali e fissi, integrati con i sensori wearable».
Telemedicina in primo piano
Parlando sempre di applicazioni, Luca Ferraris, responsabile Strategy, Innovation & Communication di Italtel, spiega che con l’approvazione della Legge Regionale 23 del 2015, la Regione Lombardia ha segnato un importante punto di svolta sul tema della gestione del sistema sociosanitario, e in particolare del paziente cronico, definendo un modello cui molte altre Regioni oggi si stanno ispirando. «In sostanza, la legge delinea una tendenza a supporto di una più attenta gestione del paziente cronico tesa a ridurre quanto più possibile il ricorso all’ospedalizzazione, con ritorni positivi sia sotto il profilo dei costi complessivi del sistema sanitario sia per gli aspetti di qualità della vita del paziente, che beneficia del fatto di poter essere seguito senza ricorrere al ricovero». Del resto, prosegue Luca Ferraris, «l’invecchiamento della popolazione rende sempre più vasto il bacino dei malati cronici che possono trarre beneficio da un modello di questo tipo. A questi, vanno poi aggiunti i pazienti oggetto di dimissioni precoci post operatorie: anche per loro è certamente preferibile essere seguiti nella prosecuzione delle terapie stando a casa propria». Italtel ha sviluppato una soluzione di telemedicina che punta sulla semplicità d’uso. Come spiega Ferraris, si tratta di assegnare un tablet a un paziente, cronico o che ha avuto una dimissione precoce. «Attraverso il device è possibile mantenere un collegamento audio e video costante con le strutture ospedaliere per il consulto, le richieste di assistenza con possibilità di escalation verso personale specialistico, la gestione delle terapie e dei farmaci, la possibilità di raccogliere dati da sensori wearable, e per garantire una comunicazione contestuale con il personale medico e paramedico».
Affrontare le sfide
Sempre in tema di soluzioni concrete, Lorenzo Matteoni, senior marketing manager di Brother Italia, evidenzia che la sfida principale per il settore sanitario è quella di migliorare la qualità del servizio offerto, assicurando sicurezza e privacy e, allo stesso tempo, ottimizzando i costi generali. «Sempre più spesso – spiega Matteoni – la domanda si rivolge verso prodotti che contribuiscano alla lotta agli sprechi e al miglioramento dell’efficienza. Grazie all’esperienza nel settore Healthcare, Brother offre soluzioni di alta tecnologia che migliorano il ciclo di gestione clinica, dall’identificazione in sicurezza del paziente fino alla stampa in mobilità nelle situazioni di emergenza». Senza dimenticare che «il contenimento della spesa è una finalità chiave dell’innovazione e che innovare significa ottimizzare i processi, eliminando inefficienze e migliorando la qualità del lavoro». Lorenzo Matteoni sottolinea un esempio concreto: «La stampante TD-2130NHC unisce efficienza e risparmio in un unico prodotto e permette di stampare direttamente braccialetti identificativi ed etichette con lo stesso apparecchio e con materiali di consumo antimicrobici e resistenti ai liquidi». Ma non solo. Avere la possibilità di stampare documenti in situazioni di emergenza è fondamentale. «La gamma di stampanti portatili PJ-700, grazie alle dimensioni ridotte, all’alta velocità e alla connettività, permette di stampare in formato A4 in condizioni di estrema mobilità, come autoambulanze e automediche, rappresentando un valido aiuto per il lavoro degli operatori e rispondendo alle esigenze sempre più dinamiche del settore Sanità».