Infinidat, l’intelligenza nello storage

Crescita senza precedenti per lo storage software defined della gamma InfiniBox, che permette prestazioni e affidabilità di tipo all-flash e di livello enterprise a un prezzo da midrange

Giovane e agguerrita. Ma soprattutto innovativa. Infinidat, azienda attiva nello storage di livello enterprise, in poco più di cinque anni di vita ha già conquistato numerosi traguardi. Come quello di aver superato, nel corso del primo trimestre 2017, un exabyte di capacità installata a livello globale, oppure l’aver chiuso l’anno fiscale 2016 con una crescita anno su anno del 144 per cento. E anche in Italia, dove l’azienda è presente da metà 2015, i risultati sono di tutto rilievo, visto che qui da noi Infinidat sta «crescendo del 300 per cento trimestre su trimestre e ha già raggiunto la profittabilità» – come spiega Daniela Miranda, regional sales director South Europe, sottolineando che la filiale italiana è stata premiata come “fast growing country del 2016” nel corso dell’ultimo kick-off dell’azienda. È forse anche per questo che, prosegue Daniela Miranda, «l’intenzione è quella di raddoppiare l’organico nel nostro Paese entro la fine dell’anno, per essere sempre più in grado di far fronte alle crescenti richieste che arrivano dal mercato: a tutt’oggi abbiamo più di 20 sistemi installati, ma il nome Infinidat sta cominciando a essere molto conosciuto, soprattutto per le sue caratteristiche peculiari».

TI PIACE QUESTO ARTICOLO?

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato.

Innovazione in pole position

La prima delle quali è proprio l’alto tasso di innovatività, di cui è artefice il fondatore Moshe Yanai, vero luminare dello storage e capace di exploit di rilievo come l’invenzione di Symmetrix, la tecnologia che è tuttora un cavallo di battaglia di EMC, ora Dell EMC, e XIV, poi confluita in IBM nel 2008. Oggi, Infinidat è presente in tutto il mondo, con due sedi principali, una a Tel Aviv in Israele e una a Waltham, nell’area di Boston in Massachusetts, dai tratti particolarmente avveniristici e inaugurata proprio nel 2016. L’altra caratteristica peculiare di Infinidat è che «non produce nulla di fisico, cioè hardware, ma seleziona i componenti sul mercato per proporre un software defined storage di tipo enterprise e prestazioni all-flash, realizzato con tecnologie commodity» – fa notare Riccardo Facciotti, tech sales director South Europe. In un momento in cui i sistemi all-flash rappresentano le soluzioni più gettonate per far fronte alle crescenti esigenze di storage, Infinidat punta invece la sua value proposition sul software e su una filosofia innovativa di gestione dei dati e dei carichi di lavoro, finalizzata anche al miglioramento complessivo del TCO.

Leggi anche:  Ericsson presenta Explainable AI: l’intelligenza artificiale per l’ottimizzazione delle reti mobili

A tutta affidabilità

La proposta più recente della società, cioè la versione 3.0 del sistema storage InfiniBox, offre prestazioni superiori al milione di IOPS, latenza inferiore al millisecondo, compressione in tempo reale, funzionalità avanzate di analisi delle performance e scalabilità oltre i 5 petabyte di effettiva capacità storage in un unico rack standard 42U. Ma soprattutto dispone di caratteristiche di rilievo quali un’affidabilità insuperata, che è appunto del 99 per cento, seguito, dopo la virgola, da cinque 9: questo significa che il sistema è «cento volte più sicuro di ogni altro storage» – spiega Facciotti, citando al riguardo la “logica israeliana” del progetto Infinidat, che prevede «l’utilizzo di sistemi storage posizionati in bunker protetti, situati anche in aree remote, e sui quali non si interviene per almeno sei mesi. Al termine di questo periodo, si effettuano controlli: può anche essersi verificata la rottura di qualche componente, ma il sistema ha continuato a funzionare sempre in una condizione di alta affidabilità, grazie alle sue caratteristiche di autogestione e autoriparazione».

Controller sempre attivi

Tutto questo non avviene per caso, in quanto InfiniBox, che conta oltre 120 brevetti, dispone di tre controller active-active-active, in grado di gestire 480 dischi, in una logica che va oltre la classica ridondanza, tanto che «in caso di guasti, fino a 12 dischi, il sistema utilizza i virtual-Hot-Spare del box, anche se è studiato in modo da poter perdere fino a 100 dischi senza che si verifichi nessuna perdita di dati» – continua Facciotti, precisando che il limite di 100 dischi si riferisce al modello InfiniBox F6000, che ha 480 dischi, mentre per il modello F2000 che ne ha 120, il limite teorico di guasti ai dischi senza conseguenze è di 50. «La differenza principale rispetto alla concorrenza è che noi abbiamo aumentato notevolmente la capacità di sopportare eventuali guasti: se si verificassero, i dati non vengono persi, grazie al fatto che i tre controller dei nostri sistemi accedono a tutti i dischi del box in maniera parallela e sequenziale, in modo da poter anche sfruttare tutte le caratteristiche tipiche dei dischi nearline SAS». In effetti, all’interno delle soluzioni InfiniBox, vi sono i “classici” disk drive nearline SAS, «da 7.200 rpm con capacità da 3 a 8 terabyte» – precisa Facciotti, evidenziando che «si tratta proprio dei dischi che tutti gli altri vendor utilizzano per l’ultimo tiering, cioè per i dati ai quali non si accede spesso, mentre noi, con l’ausilio di oltre 50 brevetti solo sulla gestione dei dati in cache e con una particolare attenzione alle scritture, riusciamo ad avere performance di tipo all-flash». Particolarmente significative sono le performance in caso della necessità di ricostruire 2 dischi rotti, che passano dal qualche giorno dei sistemi storage tradizionali a meno di 15 minuti.

Leggi anche:  Aubay democratizza l’accesso all’IA Generativa

Anche per mainframe

È grazie a tutto questo che si ottengono prestazioni superiori a un milione di IOPS e soprattutto un throughput di oltre 12,5 GB di banda, in modo da poter utilizzare i sistemi InfiniBox con qualsiasi tipo di workload e di ambiente: Fiber Channel, NAS, SAN, iSCSI, OpenStack e presto anche a oggetti, senza dimenticare che sono anche certificati AS/400 e anche per le installazioni mainframe. A quest’ultimo riguardo, con il modello F1000M, che dispone dei connettori Ficon, Infinidat è oggi diventato il quarto vendor, dopo EMC, IBM e HDS, a essere certificato per i mainframe: «Si tratta di una nicchia, che però è molto strategica, ed è per questo che la certificazione è stata fortemente voluta da Moshe Yanai» – rivela Daniela Miranda, aggiungendo che «in ambito mainframe, siamo certificati anche per zLinux, per poter andare verso il mondo open attraverso i sistemi zSeries di IBM».

All’attacco del mercato

Le idee molto chiare a livello tecnologico di Infinidat vanno di pari passo con una visione altrettanto chiara del mercato. A oggi, la società ha al proprio attivo più di 20 installazioni in Italia, tra i quali vi è una referenza di sicuro rilievo come Cedacri. Tra gli altri clienti che hanno scelto Infinidat ci sono cloud e service provider, oltre ai grandi outsourcer oppure i fornitori di banda che entrano nel mercato del cloud, ma anche le telco «che adesso si stanno sempre più trasformando per offrire servizi» – precisa Daniela Miranda, anticipando che la società sta rivolgendo le proprie attenzioni anche agli ambiti retail, finance e utility. Il modello di business è indiretto, con Avnet come distributore europeo e una decina di VAR diretti presenti attualmente in Italia. Tra i clienti di elezione della società ci sono le aziende che hanno esigenze storage superiori ai 100/150 terabyte, che oggi non sono più appannaggio solo delle grandi realtà, in quanto vengono sempre più determinati dalla tipologia di business, e soprattutto sono derivanti dai processi di consolidamento di dati e di carichi di lavoro eterogenei in un unico box. A questo tipo di clienti, la società propone un prezzo quotato sul terabyte netto di capacità, comprendente la manutenzione 7x24x365 per tre anni con l’intervento in quattro ore, e soprattutto tutte le funzionalità attuali e quelle in roadmap per i prossimi anni.

Leggi anche:  Gli Analytics predicono la resilienza degli Stati: il Crisis Sensitivity Simulator

Foto di Gabriele Sandrini