Secondo gli ultimi dati degli analisti, la situazione è meno tragica del previsto ma è dall’IoT che arrivano le nuove minacce
In 12 mesi gli attacchi DDoS sono diminuiti del 30%. Un’ottima notizia che arriva da Akamai che però avverte: il peggio, per questo 2017, potrebbe essere dietro l’angolo. Il riferimento è ai crescenti volumi di minacce che sfruttano l’IoT. Come suggerisce il più recente State of the Internet, anche il panorama dei cyber-attacchi segue logiche simili a quelle dell’adozione di nuove tecnologie da parte dei consumatori. Quando le comunità di hacker e, peggio, di cracker, si concentrano sullo sviluppo di malware, anche gli altri tendono a sfruttare la stessa arma. Si crea in questo modo un fulcro centrale, sul quale si concentrano le compagnie di sicurezza per proteggere i loro clienti, privati o aziende. L’abilità non sta dunque nel saper intervenire, non solo almeno, ma nel predire la cosiddetta next big thing nel mondo delle aggressioni digitali, così da farsi trovare pronti.
Internet delle vulnerabilità
Per questo, secondo Akamai, non è ancora giunta la fine di botnet come Mirai che, seppur ridotte rispetto al boom iniziale, hanno ancora la possibilità di ingrandirsi, sfruttando altri dispostivi insicuri, soprattutto webcam e telecamere casalinghe. L’effetto dell’IoT non deve essere sottostimato, anche quando l’attenzione si concentra su altro, come nel caso di WannaCry, il ransomware che ha fatto vittime in tutto il mondo. Al di là di questo, Akamai nota come non solo il monte di attacchi DDoS sia diminuito anno su anno ma anche la loro potenza media, che è passata dai 4Gbps del 2015 ai 500Mbps odierni, che rappresenta il livello raggiunto sia dai lanci più grandi che medi, a dimostrazione di come sia comunque cresciuta la capacità a disposizione dei diversi soggetti, non più solo criminali organizzati. Tra i paesi da cui sono partite più minacce troviamo gli USA, l’Olanda, il Brasile, la Cina e la Germania, più o meno gli stessi a cui i DDoS sono indirizzati, assieme a Giappone e UK.