Recuperare il valore del lavoro per mettere al centro le persone

Dopo che da almeno trent’anni, il tema del lavoro era sparito dai tavoli e dalle grandi agende politiche, oggi torna di grande attualità. Nel decimo anniversario della Piccola Biblioteca d’Impresa Inaz, la riflessione non poteva che concentrarsi sul lavoro: come riconoscerlo, come recuperarlo, come valorizzarlo.

 

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Il doppio filo che lega lavoro e impresa è quello che ha caratterizzato il cammino e gli approfondimenti legati alla cultura d’impresa. «Un filo rosso – come spiega Linda Gilli, presidente e AD di Inaz – che ha segnato la direzione di marcia e il modo di concepire l’impresa, non solo come insieme di procedure e di tecniche, ma come soggetto sociale responsabile dello sviluppo economico». Recuperare il valore del lavoro, in questo momento di grande trasformazione però non significa rifugiarsi in categorie del passato. «La tecnologia ci offre strumenti per migliorare il lavoro, ma non deve invadere la nostra vita. Il lavoro non è solo strumento di guadagno, ma è un mezzo di realizzazione delle persone». Quindi bisogna passare dalla difesa ideologica del posto di lavoro a quella della valorizzazione delle persone che lavorano, della loro creatività, delle loro competenze.

La verità è che anche il concetto di lavoro è diventato “liquido”. Lavoro per chi? Lavoro come? Per l’economista d’impresa Marco Vitale, su tutta la questione del lavoro – o della “fine del lavoro”, per citare Rifkin – incombe il rapporto tra sviluppo tecnologico e occupazione. Per Domenico De Masi, siamo in presenza di una mutazione epocale per cui riusciamo a produrre sempre più beni e servizi con sempre meno lavoro umano. Nel suo libro, “Lavorare gratis, lavorare tutti” (Rizzoli, 2017), per il sociologo «le nuove tecnologie distruggono più posti di lavoro di quanti ne creino e questa situazione è destinata ad aggravarsi». Ma non siamo alla fine della storia. L’innovazione non è neutra, ma «la tecnica è connaturata all’uomo» e lo sviluppo tecnologico e le sue applicazioni industriali proseguiranno il loro corso, portando molti più benefici che guai. Quello che dobbiamo fare è lavorare per un capitalismo più giusto e più umano, che rimetta le persone al centro. Tutto ciò che deroga da questo principio produce conflitto, diseguaglianze e ingiustizia.

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