Dati, business intelligence e analytics. La vera linfa vitale per la sopravvivenza nel mercato

mike ferguson

Data strategy e business strategy. L’esigenza di capire veramente ogni cliente è diventata fondamentale per la sopravvivenza delle aziende. E la ragione è molto semplice: ora comandano i clienti

Siamo quasi a metà del 2017 e mai titolo di libro fu più appropriato, anche se pubblicato dieci anni fa. Si tratta di “Competing on Analytics, the New Science of Winning”, di Jeanne G. Harris e Thomas H. Davenport. Senza dubbio competere sugli analytics è un tema al centro della strategia di business di quasi tutte le aziende che cercano di sopravvivere nel medio-lungo termine. Dalla mia personale esperienza, direi che avere una vista unica sul cliente e rispettare la privacy dei dati sono le due priorità in quasi tutti i settori in Europa. La privacy è dominata dal regolamento GDPR, General Data Privacy Regulation, che sarà applicabile in ogni paese membro a partire dal maggio 2018, cioè tra poco più di un anno. Non sorprenderà quindi sapere che molte aziende stanno rivedendo le loro priorità per arrivare a essere in regola in tempo. La governance dei dati nell’area dell’Unione europea sarà dominata dal GDPR da qui a maggio 2018, principalmente per quanto riguarda le informazioni di identificazione personale (PII, Personal Identifiable Information), che concernono in primo luogo i clienti e i dipendenti.

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L’esigenza di capire veramente ogni cliente è diventata fondamentale per la sopravvivenza delle aziende per una ragione molto semplice: ora comandano i clienti. I device mobili, Internet, i motori di ricerca, i social e i siti web di recensioni hanno reso onnipotenti i clienti, anche quelli potenziali, che possono facilmente trovare prodotti e servizi concorrenti a quello che offre una determinata azienda, e possono anche confrontare facilmente offerte alternative e verificarne la qualità. E possono farlo anche quando sono in giro: oggi, è facilissimo per i clienti guardarsi attorno ed essere ben informati prima di acquistare. E davvero non fa differenza se è B2C o B2B. Il potere che i clienti hanno a portata di mano è enorme.

Il mondo digitale non ha pietà

Quindi, se ci si sta basando unicamente sulla “buona fede” per mantenere i clienti, semplicemente perché hanno comprato da noi in passato, allora probabilmente ci si prospetta un brusco risveglio. Il mondo digitale non ha pietà: ha fornito la reperibilità, la convenienza, la rapidità e l’automazione. Ma la fedeltà è diventata a buon mercato, e i clienti se ne andranno se trovano un prodotto o un servizio migliore altrove: la lotta per la sopravvivenza non è mai stata così serrata.

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Le aziende devono quindi fare quanto in loro potere per competere, tramite una conoscenza più approfondita dei loro clienti: hanno bisogno di una vista unica su ogni singolo cliente. L’aspettativa dei clienti è che l’azienda abbia una conoscenza comune su di loro sempre aggiornata in tempo reale e su tutti i canali, e che sia in grado di offrire a ciascuno di loro prodotti e servizi personalizzati. Per inciso, sembra strano che sto scrivendo qui circa la necessità di una vista unica del cliente, quando posso ricordare di aver usato la stessa identica espressione vent’anni fa, quando parlavo di realizzare un data warehouse.

Ma allora, cosa è cambiato?

La prima cosa da capire è che la creazione di una vista unica del cliente significa andare ben oltre lo storico delle transazioni dei clienti che potrebbero essere disponibili in un tipico data warehouse. Oggi, c’è bisogno di molto più di quello, perché del cliente occorre conoscere esigenze, desideri, intenzioni, opinioni, e anche i rapporti con le altre persone, i luoghi e le cose. Non solo: bisogna anche capire con chi interagiscono nei social network, chi sono gli influencer in ciascuno dei social network in cui sono, qual è il loro comportamento online e come si differenzia dagli altri clienti. Di più: bisogna comprendere come il cliente utilizza il prodotto, e come tutto questo cambia nel tempo, e bisogna creare profili arricchiti molto più completi, acquisendo e analizzando nuovi dati per ricavare insight diversi, e integrare ciò che si trova con quello che già si conosce. Inoltre, ogni profilo cliente “arricchito” ha bisogno di essere collegato a tutte le attività di marketing associate a tale cliente, in modo che sia possibile determinare se le campagne sono riuscite a mantenere e aumentare il valore, e a sviluppare la base clienti.

La business intelligence non basta

Ma tutto questo non si può fare solo con la BI: query e reporting non bastano. Servono gli analytics, per essere in grado di segmentare la base di clienti in maniera sensata, per prevedere il tasso di abbandono (il churn rate) e per tenere traccia delle modifiche nei livelli di tale tasso nel corso del tempo. È necessario essere in grado di prevedere gli acquisti al fine di promuovere marche specifiche e per fare le raccomandazioni giuste in tempo reale e in modalità batch, e per migliorare il valore per il cliente attraverso il cross-selling e l’up-selling. È necessario tenere traccia di ogni interazione con il cliente in tutti i canali nel corso del tempo, in modo che il cliente sia tenuto a conoscenza di tutti e tutto su base continuativa. È anche necessaria l’analytics dei testi per capire le opinioni, oltre all’analisi dei grafi per comprendere le relazioni e trovare influencer nei social network.

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Se le aziende intendono seriamente far questo, allora i dati interni ed esterni devono essere acquisiti, puliti e integrati. I dati dei clienti non possono essere incoerenti. Se sono incoerenti in tutti i canali, allora come ci si può aspettare di fare cross-selling o up-selling con successo? La vista unica del cliente consiste nell’acquisire tutti i tipi di dati e sfruttare le analisi più adatte a ricavare i necessari insight: servono il machine learning, l’analisi dei testi, quella dei grafi e quella dei clickstream. Servono un rapido streaming dei dati su base continuativa e un’analisi in tempo reale per monitorare, prevedere e rispondere in modo agile. E c’è bisogno di fare questo in un mondo self-service dove le questioni di governance sono importanti e dove le regole sulla privacy e l’utilizzo dei dati sono rispettate.

Ma c’è anche bisogno di agilità

Con tutto questo lavoro da fare, bisogna liberare le persone che lavorano nel data warehousing tradizionale per spostarle a nuovi tipi di lavoro analitici. Sono passati quasi trent’anni dal primo paper sul data warehousing di Devlin e Murphy, del 1988. Sappiamo come realizzare i data warehouse e abbiamo introdotto maggiore agilità in loro, oltre ad averne automatizzato lo sviluppo. La progettazione di data vault e di data mart virtuali al posto di quelli fisici, e l’automazione del data warehouse sono tutti ormai necessari per migliorare l’agilità. Servono dati coerenti e affidabili di alta qualità in un mondo self-service. Non si tratta di un self-service gratuito per tutti. Dati coerenti su prodotti e servizi, preferenze di privacy dei clienti, preferenze di canale dei clienti, informazioni di contatto con i clienti, le relazioni sociali, i rapporti personali e aziendali: sono tutti necessari se vogliamo migliorare l’efficacia. Abbiamo anche bisogno di arricchire i dati dei clienti ricavando attributi aggiuntivi dai loro social media e dai siti web di tipo open government.

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Oltre il data warehousing

C’è molto da fare per creare una singola vista del cliente. E va ben oltre il data warehousing. Non deve sorprendere che la sete di nuovi dati da analizzare sia aumentata moltissimo. Una crescita dei ricavi, che sia anche redditizia, dipende sempre più da nuovi dati e da nuove analisi per ottimizzare l’efficacia di marketing, vendite e attività di canale. Non ci resta che canalizzare questa energia ed entusiasmo in più progetti di analisi orientate al cliente, ma sempre con un occhio alla governance dei dati e alla conformità al GDPR. Bisogna infine aumentare gli investimenti negli analytics per fornire insight fruibili sui clienti a tutti i canali contemporaneamente, e integrare gli analytics negli strumenti e nelle applicazioni di business intelligence.


Mike Ferguson

Managing director di Intelligent Business Strategies Ltd. Analista e consulente, specializzato in Business Intelligence ed Enterprise Business Integration. Con oltre trenta anni di esperienza in ambito IT, ha collaborato per importanti aziende in materia di BI, Enterprise Architecture, Business Process Integration, Application Integration e Data Integration. Speaker in numerosi eventi e seminari in tutto il mondo, è anche autore di molti articoli tecnici. Mike Ferguson sarà il chairman della Conferenza di Technology Transfer “International Data, Business Intelligence e Analytics Conference: Costruire la Data Driven Smart Enterprise” il 22-23 giugno 2017. Presenterà inoltre i seminari “Costruire un Enterprise Data Lake” il 2-3 maggio 2017, “Predictive e Advanced Analytics” il 4-5 maggio 2017, “Big Data e Analytics: dalla strategia all’implementazione” il 5-6 giugno 2017 e “Enterprise Data Governance e Master Data Management” il 7-8 giugno 2017.