A meno di dieci anni dalla nascita, la società californiana annuncia la IPO alla Borsa di New York, forte dei successi nell’ambito delle piattaforme open source per l’analisi dei dati
«Posso dire che il business sta andando piuttosto bene, e lo dimostra il fatto che io sono ancora in azienda», esordisce Romain Picard, Regional Vice President di Cloudera, in un incontro con Data Manager a inizio aprile a Milano. Nonostante l’anno finanziario della società attiva nell’analisi dei big data si sia concluso il 31 gennaio, la battuta sarà l’unico riferimento preciso al business che verrà fatto da Picard. I motivi per i quali il manager non può scendere in dettagli sono quelli noti a chi ha dimestichezza con le tipiche corporation americane, per tradizione sempre restie a rilasciare dati di fatturato precisi per le diverse aree geografiche. Ma in questo caso c’è l’ulteriore complicazione che proprio il 31 marzo la società ha depositato tutti i documenti per la IPO, cioè l’offerta pubblica iniziale per la quotazione in Borsa, nientemeno che a quella di New York, il mitico Nyse, e quindi ogni cifra in vago odore di precisione è preclusa dalle stringenti norme della SEC, la Consob a stelle e strisce. La quotazione, che è attesa nell’arco di un mese, rappresenta un altro rilevante traguardo raggiunto da Cloudera, che come start up ha bruciato molte tappe in pochi anni di vita, compresa quella di diventare un unicorno già tre anni fa, nel marzo 2014, e oggi ha un valore nell’ordine dei 4 miliardi di dollari, secondo le stime più accreditate.
L’ecosistema dei Partner
Ma quali sono i motivi di questo indiscutibile successo? «Il nostro campo di azione è quello dell’analisi dei big data, con l’obiettivo di aiutare le aziende a trarre sempre maggior valore e profitto dai dati», sottolinea Picard, evidenziando anche come quello dei big data sia notoriamente un mercato che “tira” molto, visto che «tutte le aziende si trovano sempre più nella necessità di fare leva sui dati, come vogliono gli imperativi della trasformazione digitale in atto». Per soddisfare queste esigenze, Cloudera propone una piattaforma open source, anche se non sviluppa direttamente le applicazioni: questo compito è demandato a un ecosistema di Partner, come per esempio i grandi system integrator, tra i quali vi sono nomi del calibro di Accenture, Capgemini e Data Reply, solo per citarne alcuni, e che oggi conta più di 2.600 membri ed è in costante crescita. Questo è dovuto anche al fatto che l’ecosistema si sta allargando sempre più anche ai Cloud Provider e ai Managed Service Provider in quanto la piattaforma opera indifferentemente on premise e nel cloud, «con un approccio ibrido che permette di dare ai clienti sempre il massimo della flessibilità: non potrebbe essere altrimenti, visto che siamo cloud ready già a partire dal nostro stesso nome», fa notare Picard.
Nuove applicazioni
L’offerta è incentrata sulla piattaforma Cloudera Enterprise, basata su Apache Hadoop, che permette di analizzare tutti i tipi di dati, anche quelli non strutturati, e sta evolvendo verso le nuove applicazioni del machine learning e dell’intelligenza artificiale. Quanto ai destinatari, l’offerta è rivolta alle aziende preferibilmente di grandi dimensioni, operanti in qualunque ambito di business, anche della pubblica amministrazione, ma con una prevalenza nell’ambito Finance e Telco, oltre alla «nuova ondata in ambito Manufacturing di applicazioni dettate dall’Industry 4.0, che sta trovando sbocchi davvero interessanti nel predictive maintenance, e dall’Internet of Things, in cui le prospettive del nuovo mondo sempre più iperconnesso pongono la sfida di capitalizzare sull’elevatissimo volume di dati captati dai sensori IoT», sottolinea Picard.
Il rapporto con le Università
Infine, uno sguardo ai prossimi sviluppi, che passano anche da «un costante processo di crescita del nostro ecosistema, che riguarda anche gli ISV, gli Independent Software Vendor, anche nell’ambito degli analytics avanzati, per trovare sempre più punti di contatto tra business e IT», prosegue Picard, evidenziando l’investimento di oltre 100 milioni di dollari in Ricerca & Sviluppo, «anche per continuare a essere visionari nell’ambito della gestione dei big data». Ma per mantenersi “visionari” conta anche lavorare con persone giovani, «senza legami con i sistemi legacy: è anche per questo che coltiviamo rapporti diretti con il mondo accademico, tra cui l’Università di Pisa», conclude Romain Picard.