Data strategy e change management cambiano completamente il volto della ex municipalizzata. Il salto organizzativo e tecnologico della nuova Acea 2.0 coincide anche con il cambio di management e di cultura aziendale che non ha esaurito il suo percorso. La sfida della trasformazione digitale della multiutility mette al centro la relazione con il cliente, le risorse umane e il miglioramento del servizio e delle performance. Per il prossimo piano industriale 2017-2021, focus su analytics, smart city e Internet of Things
Quando la digital transformation va di pari passo con il cambiamento organizzativo, i risultati non si fanno attendere. Il percorso seguito negli ultimi due anni da Acea, la multiutility con sede a Roma, lo dimostra in maniera quasi paradigmatica. Anche in ragione delle sue dimensioni, visto che la società, che ha più di 110 anni di storia, oltre a essere il primo operatore nazionale nel settore idrico, è il secondo player italiano nella distribuzione per numero di contatori installati e tra i principali operatori nella vendita di elettricità e nel settore ambientale. Quotata in Borsa dal 1999, Acea è per il 51 per cento di proprietà di Roma Capitale e vede come secondo maggior azionista il gruppo francese Suez (con oltre il 23 per cento. Tra le principali attività svolte da Acea, che è presente in Lazio, Toscana, Umbria e Campania, vi sono il servizio idrico integrato (acquedotto, fognatura e depurazione), la produzione di energia, in particolare da fonti rinnovabili, la distribuzione e la vendita di elettricità, l’illuminazione pubblica e artistica, e infine lo smaltimento e la valorizzazione energetica dei rifiuti. Il Gruppo Acea, che conta oltre settemila dipendenti ha circa 8,5 milioni di utenti nei servizi idrici e 1,6 milioni di contatori installati per l’elettricità, oltre a gestire 770mila tonnellate nell’ambito del trattamento rifiuti. Con il superamento dei target che la multiutility si era data per il 2016, tutte le divisioni del Gruppo hanno registrato un miglioramento dei risultati con importanti efficienze grazie all’innovazione dei processi industriali e del modello di organizzazione. Adesso, l’attenzione si sposta sulla presentazione del piano industriale 2017-2021.
ESPERIENZE IN CAMPO
Alberto Irace è amministratore delegato di Acea da circa tre anni, cioè dall’aprile 2014. Da dieci anni in azienda, inizialmente si è occupato di strategia a fianco dell’allora amministratore delegato. In seguito, ha trascorso sei anni in Publiacqua, la municipalizzata che gestisce l’acqua potabile nell’area fiorentina e che fa parte del Gruppo, dopodiché è rientrato in Acea in qualità di responsabile del business dell’acqua, che rappresenta il 50 per cento del fatturato della società, per poi assumere l’attuale incarico. «È in Publiacqua che ho verificato i numerosi aspetti positivi del cambiamento organizzativo, in quanto è durante quell’esperienza che ho cominciato a occuparmi in maniera significativa di change management, pur se in scala ridotta rispetto a quanto poi ho svolto in Acea, raccogliendo la sfida che ci a portato ad abbracciare la digital transformation» – esordisce Irace. Lo incontriamo nel suo luminoso ufficio nella sede romana di Acea, con una vista che spazia dalla Piramide di Caio Cestio alla cupola di San Pietro e all’Aventino. Ma in primo piano, proprio al centro del Piazzale Ostiense, dove ha sede la società, si intravede ancora la storica aiuola a forma di lampadina, in ossequio alle origini “elettriche” dell’azienda.
LA STRADA DELLA SFIDA
La prima curiosità è sulle ragioni che hanno portato l’azienda a varare la trasformazione in “Acea 2.0”, pur essendo una società in utile e con numeri più che positivi sia a livello di margini operativi lordi (MOL) sia di ricavi netti: per il 2013, anno prima dell’arrivo del nuovo amministratore delegato, il Mol era un robusto 675 milioni di euro (su circa 3 miliardi di ricavi) e l’utile netto era di 142 milioni di euro. Alberto Irace non usa giri di parole: «Sicuramente, i nostri risultati erano buoni in termini finanziari, ma avevamo alcuni problemi, soprattutto di ordine culturale e organizzativo, derivanti dalla nostra natura di società che opera in regime non di mercato, e quando ho assunto la posizione di amministratore delegato, ho ritenuto che fosse giunto il momento di abilitare nuovi modi di operare, con modelli organizzativi diversi». Scegliere di affrontare le sfide del mercato, invece di continuare a navigare nelle acque tranquille del monopolio assume anche il sapore di una sfida personale: «È noto che ci sono molti modi di fare un mestiere, e avrei potuto tranquillamente interpretare il mio ruolo di amministratore delegato in maniera ordinaria, cioè continuando a fare tutto come prima, visto che i risultati non mancavano, oppure pormi traguardi sfidanti e di trasformazione. Ho scelto questa seconda strada» – prosegue Irace.
OBIETTIVI RAGGIUNTI
Anche perché Acea scontava nel servizio alcune arretratezze: «Per fare qualche esempio, oltre al macroscopico problema delle “bollette pazze”, in cui capitava che molti utenti si vedessero recapitare conteggi errati relativi ai consumi, c’era anche una sorta di “primitivismo tecnologico”, che non rendeva possibile pagare le bollette col bancomat oppure prevedeva ancora l’uso delle comunicazioni via fax, pur essendo nel 2014» – ricorda Irace. È anche sulla base di queste constatazioni che si è avviato il progetto Acea 2.0, che – pur essendo tuttora in corso – sta dando ottimi frutti, anche a livello di risultati operativi: stando ai dati relativi all’anno 2015, l’azienda ha raggiunto tutti gli obiettivi che si era posta, con significativi incrementi nei margini operativi, sia lordi, cresciuti del 2 per cento complessivo, sia netti, con utile di Gruppo pari a 175 milioni di euro, in crescita del 7,7 per cento, pur in presenza di una lieve flessione del fatturato, sceso del 4 per cento per attestarsi attorno ai 2,9 miliardi di euro, e di un deciso incremento degli investimenti, cresciuti quasi del 35 per cento per un totale 2015 di quasi 430 milioni di euro. Nell’intero esercizio 2016, la multiutility capitolina ha dichiarato di aver realizzato un ebitda di 896 milioni di euro (+22,4%), e ha aumentato gli investimenti a 530 milioni di euro (+23,6% rispetto al 2015).
LA SCELTA DI SAP
In sintesi, il piano Acea 2.0 è stato strutturato sulle due grandi direttrici del change management e della trasformazione digitale. L’idea di fondo era quella di avere un sistema IT più integrato possibile, per superare uno “spezzatino” di innumerevoli sistemi differenti che si erano stratificati nel tempo, anche per effetto delle acquisizioni. Per la riorganizzazione dei sistemi IT, la scelta è caduta su SAP, per ragioni molto concrete: «Oltre a vantare un verticale molto valido dedicato alle utility, si tratta di un vendor solido, che offre in questo senso ottime garanzie di continuità nell’accompagnarci nel nostro percorso di evoluzione» – sottolinea Irace. Qualche cifra può aiutare a dare un’idea della trasformazione digitale in Acea: la centralizzazione su SAP ha portato alla dismissione di più di 30 sistemi preesistenti, con la realizzazione di un’infrastruttura SAP Hana di 51 terabyte, con 52 server e 340 TB di storage, utilizzata da oltre 10mila operatori, 2.100 dei quali operano su sistemi mobili. Quello dell’utilizzo in mobilità è un altro degli aspetti importanti che hanno caratterizzato fin da subito la digitalizzazione di Acea, e che si è tradotto nella dotazione di tablet a tutti i tecnici sul campo.
PIATTAFORMA UNIFICATA
Ma tutto questo non basta: ecco perché, dopo aver proceduto a digitalizzare i processi interni tra il 2015 e il 2016, Acea ha fatto debuttare il nuovo sito, che rappresenta, anche verso l’esterno, la sintesi più evidente di come la nuova Acea 2.0 sia ormai realtà. I dettagli del nuovo sito www.acea.it verranno approfonditi più avanti, ma è importante evidenziare subito un aspetto chiave: se la trasformazione digitale ha riguardato tutti i processi operativi e commerciali, comprese la fatturazione e il customer relationship management, Acea ha voluto anche realizzare un elemento al tempo stesso unificante e in grado di far funzionare il nuovo sistema quasi “per forza” – come ci spiega Irace – e con «una piattaforma di digital customer interaction unificata, frutto di questo processo di consolidamento, in grado di offrire al cliente un singolo punto di contatto e di fornire una vista unica del cliente. La piattaforma di customer interaction è costruita in maniera semplice e immediata, e la transazione operata dal cliente agisce direttamente sui nostri sistemi».
IN PRESA DIRETTA
Il punto chiave della nuova Acea 2.0 è proprio qui, in questa sorta di “presa diretta” che espone l’organizzazione quasi senza filtri, perché se qualcosa non funziona il cliente lo vede subito, in una modalità che favorisce la massima responsabilizzazione di tutti i soggetti coinvolti. Alberto Irace propone un esempio tra i tanti possibili: «In caso di eventuale guasto, il cliente può generare, anche direttamente dal nostro sito, un ordine di lavoro per la riparazione, che viene dispacciato alle persone addette. L’operatore effettua la riparazione, fotografando il prima e il dopo con il tablet che ha in dotazione. Il sistema viene quindi aggiornato automaticamente alla nuova situazione, e soprattutto l’intero processo viene tracciato». Con un importantissimo elemento: oltre a non esserci alcun passaggio di documenti cartacei – puntualizza Irace –«viene abolita tutta la fase classica di data entry effettuata a livello di back office, che è una delle fonti più classiche di errori e conseguenti disservizi».
IL WORK FORCE MANAGEMENT
Questa piattaforma integrata di interazione con i clienti permette di gestire qualunque tipo di processo in maniera completa, end-to-end, ed essendo interamente digitalizzata è aperta a numerosi sviluppi. Uno dei quali è quello della gestione del personale di intervento esterno, ovvero il Work Force Management, un aspetto molto importante per le utility: la sola Acea ne impegna quasi 2.200, pari a oltre un terzo del personale complessivo. Se prima, la gestione dei tecnici in campo prevedeva almeno sette fasi a partire dall’inserimento della segnalazione del guasto fino all’immissione dei dati di consuntivazione a sistema, adesso, i passaggi sono ridotti a tre soltanto, in quanto tutto avviene in automatico. Non solo: a partire da aprile 2017, se il cliente ha un appuntamento con un tecnico per un eventuale intervento, potrà verificare dal sito a quanti minuti si trova dal suo indirizzo, grazie al sistema di tracciamento introdotto sugli automezzi di Acea, che prevedono anche la possibilità, per i tecnici, di partire dalla propria abitazione e non più dai depositi centrali, con vantaggi tangibili sia per i lavoratori, che sono 1.300 solo per l’area di Roma, sia in termini di maggiore efficienza generale derivante dai risparmi di tempo e di consumi.
CAMBIAMENTO ORGANIZZATIVO
Un progetto di trasformazione della portata di quello previsto da Acea 2.0 non può prescindere dall’elemento chiave di ogni azienda: le sue persone. E la gestione del capitale umano in Acea ha da poco più di cinque anni il volto energico di Paolo Zangrillo, direttore delle risorse umane dal settembre 2011, dopo un passato importante in Fiat Chrysler Automobiles. «La sfida nella sfida è stata quella di far comprendere a tutte le persone dell’azienda la necessità del cambiamento, visto che la domanda ricorrente era «perché cambiare»? Un dubbio per molti legittimo, in quanto la società produceva risultati positivi» – spiega Zangrillo. Ecco perché diventava «più che mai essenziale mettere le persone al centro del cambiamento, entrando in contatto con ciascuno per spiegarne le necessità e scegliere un percorso condiviso: dopotutto, l’unico aspetto definito era il salto tecnologico che Acea intendeva fare, ma il “come” realizzarlo è stato deciso assieme alle nostre persone» – prosegue Zangrillo, che di certo aveva ben presente le comprensibili difficoltà derivanti dal condurre verso i metodi digitali di Acea 2.0 le persone abituate a operare in base a modelli organizzativi tradizionali e a ragionare su pratiche cartacee.
A SCUOLA DA JOHN KOTTER
L’idea vincente in questo caso è stata quella di adottare la metodologia sviluppata da John Kotter, professore di Leadership alla Harvard Business School e guru internazionale sul tema change management di successo. Una delle frasi attribuite a Kotter è molto emblematica: “Non si possono gestire imprese del XXI secolo con strutture del XX secolo e manager del XIX secolo”. E in effetti la metodologia sviluppata dal guru è particolarmente sofisticata, visto che prevede otto diversi step di cambiamento. Il progetto, intrapreso da Acea nel 2014, è «il primo esempio in Italia di cambiamento utilizzato con il coinvolgimento diretto di Kotter International, la struttura di consulenza fondata da John Kotter» – sottolinea Zangrillo, evidenziando quello che è stato il nocciolo principale del processo: quello di affiancare un’organizzazione volontaristica a quella tradizionale gerarchica. «Le persone aderiscono volontariamente, creando anche alcuni team per attivare il processo stesso, in un meccanismo virtuoso che non prevede alcuna forzatura».
RISULTATI CONDIVISI
Il primo passo è così stato quello di creare un “team di urgenza”, composto da 50 persone, che nell’arco di due o tre mesi hanno girato nell’azienda per spiegare il cambiamento in atto e che ha raccolto quattromila adesioni volontarie. In seguito, si sono formati i primi gruppi di lavoro sui diversi aspetti della vita aziendale ed è stato intrapreso un programma di formazione sulle nuove modalità di Acea 2.0. Il punto di partenza è stato la creazione del commitment. Il secondo, l’engagement. In altre parole: “Ho capito che l’azienda cambia e intendo partecipare”. Questa è la vera base che ha motivato le persone. «Il cambiamento non si subisce. Per tradurlo in realtà, occorre essere parte di esso» – sintetizza Zangrillo, facendo notare che «a due anni dall’avvio di questo percorso, abbiamo una gran parte delle nostre 7.000 persone che ci credono e continuano a impegnarsi per cambiare. Ma non nascondo che vi sono tuttora alcuni scettici, anche perché i nostalgici del passato sono sempre dappertutto: è un fatto inevitabile». Ma il bilancio è più che positivo. «I risultati sono incontestabili: tutti i processi sono cambiati e il recupero di efficienza è stato notevole, ma soprattutto il cambiamento non è più una cosa di cui si parla, ma c’è ed è concretamente in funzione» – commenta Zangrillo. Va anche evidenziato un altro aspetto. «Al di là delle misurazioni delle performance finanziarie o degli indicatori di qualità, i risultati ottenuti si qualificano anche per il modo in cui ci siamo arrivati, attraverso una logica di coinvolgimento attivo delle persone. E questo è il vero valore del nostro cambiamento, che non è stato solo tecnologico» – conclude Zangrillo.
CENTRALITÀ DEL CLIENTE
Per tornare alla tecnologia, la digitalizzazione di Acea ha trovato il suo coronamento nel nuovo sito, che ha debuttato a metà dicembre 2016. Origini valdostane e piglio concreto, Silvia Frachey è responsabile del Customer Care: «Nel passato abbiamo avuto rapporti talvolta complicati con i nostri clienti, inutile negarlo» – mette subito in chiaro. «Ed è anche per questo che, intraprendendo la sfida della trasformazione digitale, abbiamo voluto in primo luogo rivolgerci verso il cliente. «Per noi l’espressione “customer centricity” non è astratta, ma significa garantire un servizio migliore» – prosegue Silvia Frachey, sottolineando che adesso il sito web non è più quello «autoreferenziale del passato, nel quale bisognava cercarsi le cose da soli, in quanto i diversi servizi erano suddivisi in base alla società del Gruppo che se ne occupava. La cultura ereditata dal monopolio produce questo tipo di logiche, i cui effetti si riverberano ancora oggi. Ma se ci si dà l’obiettivo di essere una best practice tra le utility, bisogna fare i conti con la qualità del servizio».
NASCE IL NUOVO SITO
È da questo che nasce il nuovo sito www.acea.it, sorto dal processo di trasformazione digitale, ma volutamente “non tecnologico” nel senso di “difficile da utilizzare”. «Facilità d’uso e immediatezza sono i parametri che ci hanno guidato» – sottolinea Silvia Frachey. «Obiettivo centrato, visto che già a poche settimane dalla sua introduzione, le presenze delle persone agli sportelli fisici di Acea si sono ridotte dal migliaio circa giornaliero, con inevitabile corollario di attese e perdite di tempo, a circa 700, un numero che può essere valutato come fisiologico e che sicuramente è destinato a scendere ulteriormente». Il cambio di prospettiva non poteva essere più netto, visto che nel nuovo sito i servizi al cliente sono i protagonisti assoluti, anche con l’area “MyAcea”, nella quale possono essere svolte direttamente online tutte le operazioni più ricorrenti come volture, letture, allacci, pagamenti e anche rateizzazioni. Le stesse operazioni ricorrenti possono essere svolte anche via smartphone con una app sviluppata appositamente e disponibile per i sistemi operativi Android e Apple.
PERCORSO VIRTUOSO
La peculiarità di MyAcea è anche quella di prevedere un’identità digitale unica, con un solo account per poter accedere a tutti i servizi della multiutility. Inoltre, grazie all’integrazione diretta del sito web con l’infrastruttura IT di Acea, il cliente può accedere direttamente all’archivio personale dei documenti che lo riguardano, come contratti, consumi e letture. In sostanza, il nuovo sito Acea si caratterizza per «rapidità, semplicità e trasparenza» – sintetizza Silvia Frachey, senza nascondere il potenziale rischio che qualcosa non funzioni per il verso giusto, avendo quasi una “presa diretta” con l’infrastruttura IT: «è stata certamente una scelta coraggiosa, ma anche molto utile per avere una completa responsabilizzazione dell’intera filiera che opera a tutti i livelli aziendali». Ma la strada che pone il cliente al centro di tutto è ormai segnata, in un percorso virtuoso che prevede ulteriori sviluppi: «Lo scopo è affinare e ampliare ulteriormente i processi di digitalizzazione, per snellire ancora di più le operazioni» – anticipa Silvia Frachey, sottolineando che «intendiamo portare le innovazioni anche nei canali tradizionali, come lo sportello fisico, in cui introdurremo presto la firma grafometrica, o il call center, dove la parola d’ordine sarà “one call solution”, ovvero risolvere il problema direttamente, senza ricorrere a frasi classiche come “ci mandi questo documento” o altro». Le premesse per riuscire anche in questo ci sono tutte: «Abbiamo un’ottima infrastruttura informatica e il coinvolgimento delle persone».
UNO SGUARDO AL FUTURO
Il salto organizzativo e tecnologico della nuova Acea 2.0 non ha esaurito il suo percorso, ma prevede di attrezzare ancora meglio la società per le nuove sfide poste dallo scenario, che vede sempre più all’ordine del giorno temi quali le smart city, i big data e l’Internet of Things. «Con la nuova infrastruttura IT, abbiamo tutti i dati delle transazioni in-memory. Questo significa che possiamo utilizzare il patrimonio informativo aziendale, sfruttando la potenza degli analytics per comprendere più a fondo le esigenze dei clienti. Non solo. Stiamo lavorando per raccogliere i dati provenienti dai sensori in prospettiva IoT, anche allo scopo di abilitare la manutenzione predittiva, e stiamo ragionando sulle nuove piattaforme digitali anche per quanto riguarda le attività di marketing, con i social media in primo piano. L’applicazione “Hybris” sul nostro sito, pensata per la sentiment analysis, rappresenta un primo passo in questa direzione» – spiega Alberto Irace, facendo notare che con le nuove frontiere digitali le opportunità sono sicuramente vaste. Perché «essere protagonisti del cambiamento significa essere attrezzati per cogliere tutte le nuove opportunità». E la nuova Acea sta dimostrando di esserlo a tutti i livelli.
Foto di Gabriele Sandrini