Barracuda analizza la minaccia del mese: Advanced Persistent Threat nei curricula inviati per email
Lo scenario delle minacce informatiche è più mirato, sofisticato e mutevole che mai. Ogni giorno si verificano attacchi alle aziende e tutti sono potenziali obiettivi. I giornali sono pieni di notizie sugli ultimi attacchi, falle delle sicurezza, furti di identità che costano alle imprese miliardi di euro. Gli attacchi hanno raggiunto oggi un volume impressionante, rendendo difficile anche solo capire quali siano le minacce più pericolose.
Per offrire un ulteriore strumento alle aziende per proteggersi da minacce vecchie e nuove, Barracuda Networks ha lanciato una rubrica mensile del suo blog intitolata Threat Spotlight, con l’obiettivo di presentare una minaccia al mese, esaminandola in profondità per capire cosa faccia, quali siano gli obiettivi e, soprattutto per fornire consigli su quali azioni intraprendere nel caso di attacco.
Nel primo post di questa nuova serie gli esperti di Barracuda hanno preso in esame le minacce APT (Advanced Persistent Threat) concentrandosi sugli attacchi nei quali i CV sono stati usati come esca.
Come colpisce APT e come prevenire l’attacco
A fine 2016, nelI’arco di tempo di due settimane, un’azienda cliente di Barracuda ha ricevuto cinque CV contenenti una APT. Cinque possono sembrare pochi, ma solo fino a quando non ci si rende conto che ne basta uno per compromettere la credibilità, bloccare la rete o perdere grosse somme di denaro.
I CV erano tutti file .doc contenenti una macro malevola. All’apertura del file la macro faceva un’operazione molto pericolosa: scaricava ed eseguiva uno script visual basic, importava e lanciava funzioni esterne dal web, creava una shell e si connetteva a un server remoto cercando di eludere l’antivirus presente nel computer.
Ogni attacco aveva origine da una mail diversa e ognuna era inviata a un diverso dipendente. Due di questi erano assistenti amministrativi, uno era un contabile e gli altri due degli affari generali. Ciò segue uno schema noto, in cui gli hacker non devono necessariamente raggiungere account sensibili come i top manager o qualcuno dell’IT. Essi cercano piuttosto di colpire l’anello debole in termini di sicurezza e un utente inconsapevole si presta allo scopo. Dopo avere infettato un account o un endpoint, essi tipicamente procedono a infettare dall’interno il resto dell’organizzazione.
Esistono tipicamente due modi di operare:
1. dopo avere infettato un account (ad esempio mediante il CV) una nuova minaccia viene inviata a un’altra persona usando la sua email;
2. un account viene infettato e per suo tramite si individua chi in azienda si occupa di bonifici, fatture ecc. Queste informazioni sono quindi utilizzate per lanciare un attacco phishing mirato.
Le email avevano uno stile amichevole ed erano scritte in modo da sembrare inviate da un dioendente che chiede a un altro collega un parere su un CV.
In tutti i casi, le email sono state aperte dai destinatari perché ritenevano fosse un normale CV inviato per visione proprio a loro.
Questa minaccia sottolinea l’importanza di seguire sempre una serie di best practice quando si tratta con le email. Ad esempio:
● Non cliccate sui link. Se necessario digitate l’URL direttamente nel browser
● Non aprite allegati sospetti, anche se provengono da persone di cui vi fidate.
● Mantenete aggiornati antivirus, patch e altro software
● Non rivelate informazioni sensibili – personali o aziendali – nelle mail
● Se non avete la sicurezza che una mail sia legittima, verificatelo contattando l’azienda o la persona al telefono, o mediante altre comunicazioni legittime che avete già ricevuto in precedenza da quell’azienda.
Una volta che gli utenti finali sono stati formati a seguire tali precauzioni, programmi continui di aggiornamento potrebbero servire a rinforzarle e trasformarle in consuetudine.