Obama lascia a Trump una NSA in pieni poteri

A pochi giorni dall’insediamento del nuovo presidente, le capacità di monitoraggio della National Security Agency vengono estese ad altre organizzazioni

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Sin dalla scoperta del Datagate, Barack Obama aveva espresso la volontà di riformare le procedure che permettono alla National Security Agency di spiare milioni di americani e cittadini stranieri, nelle loro scorrazzate in rete. Ma dopo rinvii, modifiche e respingimenti da parte del Senato, le regole di accesso ai dati personali degli utenti della rete sono sempre le stesse, anzi anche peggiori. Si, perché il giorno che Trump assumerà concretamente le redini degli Stati Uniti, il 20 gennaio durante l’Inauguration Day, si ritroverà tra le mani non solo una NSA per nulla arginata ma addirittura più potente di prima, almeno sulla carta.

Cosa succede

Si, perché con le nuove regole, confermate dall’Office of the Director of National Intelligence (ODNI), lo spionaggio estero condotto dalla NSA sotto l’ordine esecutivo 12333 si assicura che le informazioni ottenute dall’agenzia federale possano essere condivise con altri 16 soggetti, parte della community di intelligence a stelle e strisce. Con tale assetto, saranno molte di più le organizzazioni in grado di accedere a vari archivi in possesso della NSA, con gli analisti di diverse fazioni capaci di vagliare centinaia di migliaia di contenuti prima che entrino in gioco le misure di protezione della privacy. Fino ad ora, la National Security Agency decideva da sé quali organi potevano spulciare i database, a seconda della rilevanza delle indagini. È chiaro che in questo modo il monitoraggio globale che pende sugli americani (e non solo) si fa ancora più fitto e complicato, mentre non si scrutano all’orizzonte politiche atte a bilanciare meglio il difficile rapporto tra riservatezza e prevenzione.

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