Dietrofront Assange: non si consegnerà agli USA

Ecuador, dopo l’arresto di Assange ecco gli hacker

Dopo il tweet-promessa, il fondatore di WikiLeaks spiega il motivo per cui non tornerà negli Stati Uniti, nonostante la mossa di Obama a favore di Manning

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La scorsa settimana ci aveva pensato l’account ufficiale di WikiLeaks a lanciare la notizia-bomba: Julian Assange si sarebbe consegnato alle autorità statunitensi nel caso Barack Obama avesse deciso di concedere il perdono a Chelsea Manning, già Bradley, ex-soldato e informatore del portale fondato dall’australiano. Dopo qualche giorno, lo stesso presidente USA uscente aveva sorpreso tutti con la commutazione della pena di Manning, permettendo l’uscita di prigione all’attuale transgender nel mese di maggio 2017, invece che nel 2045. A quel punto, i riflettori si sono spostati tutti sull’attivista rinchiuso da anni all’interno dell’ambasciata dell’Ecuador a Londra, per capire tempi e modi della volontaria estradizione.

Cosa succede

E invece no, secondo uno degli avvocati di Assange, l’uomo non accetterà il ritorno in patria perché quella di Obama non è stata una vera grazie nei confronti di Manning ma solo una misura minore, seppur importante. Non essendoci grazia ma sconto di pena, Julian Assange resterà ancora a Londra, nei limiti dell’ambasciata ecuadoriana, dove probabilmente passerà tutto il resto della sua vita. Stando a quanto emerso nei giorni scorsi, l’attivista era seriamente deciso a terminare la sua battaglia accettando un processo negli Stati Uniti ma a patto di un rilascio immediato di Manning che, come sappiamo, non avverrà e difficilmente le cose cambieranno con la presidenza Trump, che comincia ufficialmente domani.

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