Dopo l’annuncio di ottobre, il microblog ha definitivamente fermato il servizio che si trasforma in Vine Camera
Sin dagli esordi, nel giugno del 2012, Vine ha fatto discutere. Da semplice piattaforma per condividere video di massimo 6 secondi, da registrare anche in momenti diversi così da dar vita a montaggi interessanti, si è rapidamente trasformata in un archivio per filmati hard, nemmeno tanto censurati. Non a caso, dopo qualche mese dall’acquisizione da parte di Twitter, all’app era stato assegnato il bollino 17+, indicando che per essere usata bisognava quasi essere maggiorenni. Insomma, nemmeno il microblog era riuscito a riportare l’ordine online, anzi brand del calibro di Pornhub si erano pure fatti avanti con una proposta economica per portare sotto il proprio cappello la creatura di Dom Hofmann, Rus Yusupov e Colin Kroll.
Cosa è accaduto
Ma l’intenzione di Twitter non è mai stata quella di disfarsi di Vine ma di rivalutarla, cambiandole vestito. Per questo lo scorso dicembre, il social network aveva comunicato la necessità di chiudere la parte di hosting del servizio, lasciando in piedi solo la possibilità di registrazione dei video, con il salvataggio sullo smartphone o al massimo la condivisione via tweet. Il giorno decretato per la chiusura era il 18 gennaio e così è stato. Ieri gli ultimi utenti hanno potuto scaricare tutti i filmati creati in precedenza, non più disponibili per la visione da parte dei creatori e degli iscritti. Come sapevamo, Vine è stata ripensata come Vine Camera, app standalone limitata alla ripresa e priva di quell’ecosistema che ne ha decretato, contemporaneamente, il successo e la disfatta.