Trasformazione digitale

Rizzotto Fabio_Idc

Innovazione, “IT & Co”, leadership. Resoconto di un anno intenso, tra affermazioni, attese e confronti

Se il 2015 è stato l’anno in cui abbiamo fatto conoscenza con la trasformazione digitale, nel 2016 abbiamo iniziato a interagire, a mettere in atto comportamenti e strategie. Per farlo, si è cercato più momenti di confronto, nuovi interlocutori e fonti di informazioni, spunti sull’applicabilità o meno dei nuovi principi, di best practice, esperienze. Abbiamo messo, tra gli ingredienti, più fattore umano proprio nel momento della digitalizzazione crescente, dell’automatizzazione di processi e di intere attività storicamente governate dalla forza lavoro. Questo ha aiutato aziende e partner tecnologici a fare passi avanti. Verso dove? Su quali obiettivi ci siamo concentrati? Secondo le indagini IDC condotte nel 2016, temi quali “operational efficiency” e “customer experience” (quest’ultima presente dalla prima ondata digitale) continuano ad avere un ruolo importante. Se la necessità di essere rilevanti per clienti digitali e con processi iperconnessi rimane significativa, il 2016 ci consegna anche altri fattori su cui le aziende italiane sentono l’esigenza di lavorare per fare la differenza (fonte IDC Digital Transformation Survey): necessità di trovare e sviluppare competenze digitali, definire una visione strategica in grado di portare vantaggi competitivi, favorire la cooperazione tra dipartimenti, team e ruoli aziendali. Estremizzando, il 2016 ci fa capire – esauriti i ritorni di efficienza e gli interventi di razionalizzazione favoriti dalle nuove tecnologie – come sia difficile portare i benefici della trasformazione digitale a una scala di impatto superiore senza un ripensamento dei modelli di business. è l’effetto di quanto previsto nelle IDC Predictions dodici mesi fa: la DX sarebbe “salita di livello”. Infatti, ha trascinato con sé ruoli, tecnologie, processi, modelli, mercato e soprattutto nuovi competitor.

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L’IT che cambia

Con “IT & Co” parliamo di un ambito non più facilmente classificabile, ridefinito con nuovi contributi, contenuti, competenze, co-decision, esteso a logiche di co-design, co-develop, co-creation. Con “IT & Co” che prende forma, cresce la contaminazione in tutte le sfere aziendali, determinando una crescita delle aspettative nel ruolo dei CIO in una cornice sempre più ricca di figure digital oriented. Il top management coinvolto nelle strategie digitali sancisce il valore dell’IT sui tavoli strategici. Un IT diverso, però, dove conta la capacità di affermare e tradurre i principi dell’interdipendenza tra leva tecnologica e nuovi modelli aziendali. Le “Industry Cloud” sono un esempio, punta di diamante di nuove value chain. Un passo sotto, o dentro, ed ecco un numero crescente di aziende creare unità digitali (nei dipartimenti IT e/o nel business), trasformare gli approcci all’innovazione e quindi il rapporto con i partner tecnologici. La creazione di Digital Innovation Center è sotto gli occhi di tutti, accompagnata da una buona dose di sperimentazione e creatività. E molte aziende si aprono al contributo di ecosistemi digitali, giocando la partita in prima linea per influenzare logiche di sviluppo, innovazione, e farsi contaminare da nuove leve e talenti. In questo contesto, il denominatore comune non è solo l’affermazione di principi open e interoperabilità. Si consolida un valore indiscusso delle logiche open source per abilitare e accelerare le iniziative digitali. Abbiamo anche visto evolvere e maturare principi noti. Il cloud si arricchisce di dimensioni ancora più estese e introduce la prospettiva “multicloud”: la progressiva democratizzazione dei servizi cloud e il dialogo tra modelli diversificati determinano le condizioni per l’orchestrazione dinamica di processi e workload “multi ambiente”.

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La prospettiva data-driven, tradurre e monetizzare il potere di insight e informazioni, spinge verso l’alto l’asticella delle aspettative nelle organizzazioni. La strada è complessa ma molte iniziative sono in corso, tra ricerca di efficienza nei processi esistenti e sguardi più innovativi. Mitigazione dei rischi (fraud detection, cyber security etc.), ricerca di idee per nuovi prodotti o servizi digitali, customer engagement sono i principali ambiti di intervento delle aziende italiane nel 2016 relativamente alle iniziative big data. Si fanno strada approcci e metodologie DevOps, pratiche cruciali per coniugare velocità, efficienza e risultati. I confini concettuali tra sviluppo applicativo, IT operation, gestione di infrastruttura e middleware vengono abbattuti dall’introduzione di nuove logiche e strumenti. Meno ambiguità, più certezze, necessarie per fronteggiare la crescita ancora più significativa di rilasci, update, interventi in archi temporali sempre più ristretti che le aziende si aspettano nei prossimi anni.

Innovare, integrare, incorporare

È la prospettiva dentro cui si snoda la IDC “3D Leadership” nella digital transformation. Dalla finanza all’industria, dai servizi alla distribuzione, si è visto anche come la capacità di fare customer engagement digitale pone la sfida della scalabilità, a causa anche della complessità di rinnovare architetture di middle e backoffice. Sostenibilità futura, trade-off tra mantenimento e ridisegno stanno occupando le agende di molti CxO.

Se l’app economy spopola, nelle iniziative di enterprise mobility non abbiamo (ancora) assistito alla migrazione di massa o trasformazione decisa dei processi e delle logiche lavorative. Dal punto di vista IT, tra gli ostacoli più importanti in Italia emerge l’esigenza di far dialogare le nuove piattaforme di mobile enterprise management con sistemi IT e soluzioni aziendali (fonte IDC Enterprise Mobility Survey, 2016). Ci sono poi profonde implicazioni organizzative e di processo. Sempre più aziende parlano di smart working, ma a quali obiettivi stanno rispondendo le iniziative in corso? Nel confronto di questi mesi con decision maker aziendali è emersa una moltitudine di prospettive e di obiettivi: flessibilità lavorativa, produttività, motivazione, efficienza di spazi e facility, sostenibilità energetica, gestione di processi collaborativi, per citarne alcuni. Non sempre si delinea chiaramente una cornice in grado di orchestrare esigenze così estese, che abbracciano dall’efficienza nell’IT Service Delivery fino a prospettive organizzativo-gestionali.

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Nuovi interrogativi e nuove sfide

All’inizio del 2016 abbiamo aperto questa rubrica ponendo l’accento sulla sfida della “massive new scale” di innovazione portata dalla “Digital Transformation (DX) Economy”. L’onda d’urto non si è fatta attendere. Già nel primo semestre 2016, le survey IDC evidenziavano attese crescenti anche nel nostro Paese: quasi il 40% delle aziende italiane ha evidenziato la percezione di una scala di impatto della trasformazione digitale nelle proprie industry “disruptive” o molto forte. E un ulteriore 44% la considera comunque importante entro i prossimi 12 mesi. Molta consapevolezza, tanti strumenti, opportunità e, come sempre, ostacoli. Occorre attrezzarsi, siamo in tempo ma il rischio che abbiamo davanti è che il gap tra aziende che stanno accelerando verso stadi avanzati – in termini di strategie, approcci ai processi, modelli tecnologici innovativi, valorizzazione delle competenze – e quelle che si vedono qualche step indietro tenda ad aumentare. Confronto e ispirazione (non rincorsa) saranno ancora determinanti nell’anno che ci attende. Si apriranno inevitabilmente nuovi interrogativi. Non sarà necessariamente sintomo di incognite, piuttosto l’apporto e l’effetto di contributi multidisciplinari, la ricerca congiunta di percorsi e soluzioni per cogliere nuove sfide nella complessità.

Fabio Rizzotto, senior research and consulting director di IDC Italia