La Turchia blocca WhatsApp, YouTube, Facebook e Twitter. Di nuovo

Il governo di Ankara ha censurato i principali social media e piattaforme di comunicazione a seguito degli arresti nel fine settimana

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Lo scorso venerdì, 11 membri del Parlamento turco sono stati arrestati dalle forze dell’ordine del paese. Si tratta di uomini appartenenti al Partito Democratico Popolare Pro-Curdo, avversario del PKK di Erdogan al potere. A seguito di tale evento, sui social network era cominciato a montare il dissenso, tanto da spingere le autorità a zittire la massa chiudendo i principali sbocchi comunicativi digitali. Sotto i colpi  della censura sono dunque caduti WhatsApp, YouTube, Facebook e Twitter, che si allineano al blackout che solo qualche settimana prima aveva colpito il cloud di Google Drive, Dropbox, OneDrive e GitHub, dove erano state caricate le email sottratte a Berat Albayrak, ministro dell’energia e delle risorse naturali.

Cosa è successo

La Turchia continua a comportarsi in maniera deprecabile nei confronti della libertà di opinione dei suoi cittadini. Non a caso, in tempi non sospetti, anche WikiLeaks si era prodigata nel diffondere un bel po’ di messaggi interni dell’organizzazione PKK, nella speranza di fare maggiore chiarezza sull’operato del partito. La risposta di Erdogan e soci è chiara: chiunque si oppone al governo, sia sul web che con proteste in strada, è un nemico della patria e dunque va punito. Come spesso accade, l’unica alternativa per continuare a postare online resta quella delle VPN, che ancora una volta rappresentano il modo migliore per aggirare i limiti imposti al traffico internet.

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