Non solo metadati e geolocalizzazione, le forze dell’ordine potranno accedere anche ai nomi reali degli utenti e ad altre informazioni sensibili
La data da ricordare è quella di ieri, 7 novembre. In questo giorno la Cina ha approvato una delle più restrittive leggi del web a livello globale. Con la Cybersecurity Law, il governo di Pechino si assicura un bel po’ di informazioni sensibili dei navigatori della rete, senza dover tener conto di giudici e tribunali. Attraverso la norma infatti, le aziende che offrono servizi digitali nel paese dovranno rispondere alle richieste, da parte delle forze dell’ordine, di metadati, localizzazione, nomi e cognomi e un’altra serie di elementi peculiari dei propri utenti. La legge coinvolge una vasta molte di piattaforme, da quelle di instant messaging ai social network. Per arrivare a un punto del genere, anche quelle compagnie che non sono solite conservare informazioni personali dovranno farlo, per dar seguito alla volontà della polizia e degli organi speciali.
La legge
Stando a quanto dichiarato dallo Human Rights Watch: “La legge pone le compagnie internet cinesi, e centinaia di milioni di navigatori, sotto il diretto controllo dello stato”. Il motivo, è che oltre alle già citate possibilità di intrusione della privacy, la Cybersecurity Law prevede che le aziende operanti in Cina debbano permettere un “supporto tecnico” alle agenzie statali, durante le indagini, senza opporsi ai controlli e alle operazioni. Insomma, si tratta di una sorta di backdoor consenziente, di cui però anche i clienti devono essere informati. Il giro di vite che Pechino vuole attuare riguarda in particolar modo chi agisce per “sovvertire il sistema socialista” e “veicola false informazioni per causare un disordine economico” o “invogliare al separatismo”. Insomma, niente di così diverso da quanto accade in Turchia, dove non servono nemmeno leggi per zittire dissidenti e social network.