Nel celebre film dedicato alla nascita di Facebook, “The Social Network”, una frase riassume perfettamente il monito che tutti gli utenti dovrebbero sempre tenere a mente: “Su internet non si scrive con la matita (…) ma con l’inchiostro”.
Tutto ciò che condividiamo e scriviamo sui social network, se non valutato accuratamente, può avere conseguenze molto serie sulla nostra vita e sulla nostra sicurezza. Si è appena concluso il mese europeo della sicurezza informatica e Lisa Vaas, Naked Security Author, condivide sul blog dell’azienda un’interessante riflessione volta a ribadire l’importanza di un uso consapevole del Web e si sofferma su alcuni comportamenti che sono a tutti gli effetti riconosciuti come reati.
1- Far finta di essere qualcun altro
Gli esempi possono essere molteplici: cercare di indovinare la password di qualcun altro, usare le sue foto o addirittura far finta di essere un’altra persona. Un’arte che i phisher di professione hanno affinato sempre di più con lo scopo di rubare informazioni, dati e denaro ovviamente.
Molte frodi online iniziano proprio con il phishing e le conseguenze possono essere davvero pesanti. Sebbene sia meno grave del phishing puro, anche solo creare un account di Facebook fake è illegale. Per prima cosa si violano le condizioni di Facebook, ma questa tutto sommato potrà sembrarvi l’ultimo dei problemi dato che Facebook non può controllare tutti i profili fake creati nel suo network sconfinato…
Ma oltre a non rispettare i termini e le condizioni di servizio di Facebook, usare una foto di un’altra persona, magari presa da Google o direttamente dal suo profilo, può essere considerato come una falsificazione della propria identità, furto di proprietà intellettuale e furto d’identità.
È sempre attuale anche il furto di password: nonostante gli utenti o le aziende continuino spesso ad utilizzare password banali come “Password” o “12345” non è una buona scusa per entrare su questi account. Si rischiano anche accuse di spionaggio industriale.
2- Cyberbullismo e trolling
Le parole, come i recenti fatti di cronaca confermano, fanno molto più male delle mani. Sono diversi i casi di ragazzi e ragazze giovani che si suicidano dopo aver subito atti di cyberbullismo online. In Italia, secondo l’ultimo rapporto Moige, il cyber bullismo è un fenomeno in continua crescita. Nel 2014 il 52,7% dei ragazzi è stato preso di mira almeno una volta dai bulli. Le più colpite le ragazze.
Facebook ha attivato un modulo di segnalazione proprio per cercare di arginare le conseguenze, spesso tragiche, di questo fenomeno. Anche le istituzioni stanno agendo: in queste settimane è infatti in corso di definizione l’iter legislativo per affrontare la questione del cyberbullismo con una legge ad hoc.
3- Revenge porn
È molto attuale anche la questione relativa al cosiddetto “Revenge porn”, ossia le immagini o video di nudi messe in rete senza il consenso della vittima, spesso per vendicarsi alla fine di una relazione o per screditare una persona dal punto di vista professionale. Si tratta di atti per cui le accuse possono essere molteplici, dal mancato rispetto delle leggi sul copyright all’accusa di molestie.
Oltre a perseguire chi carica online foto non autorizzate che ledono la dignità e la privacy dei soggetti, bisogna anche punire le piattaforme che ospitano questi file. La piattaforma scelta più spesso per questo intento dai cybercriminali è Facebook. Il social network ha subito una dura condanna e nel 2014 ha dovuto pagare una multa di 123 milioni di dollari per non aver rimosso, per diversi mesi, una pagina che si occupava proprio di condividere questo materiale.
Da allora Facebook ha cercato di essere molto più attiva su questo tema, ha creato diversi team che controllano in ogni momento le segnalazioni in modo da rimuovere le immagini il prima possibile. Altri social come Instagram e Snapchat hanno un controllo 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. Inoltre Google e Facebook hanno siglato un’importante alleanza e hanno organizzato il Child Safety Summit per garantire la sicurezza online dei bambini e come organizzare una difesa collettiva contro il “revenge porn”.