I software di PTC per lo sviluppo degli umanoidi iCub e R1

I due robot realizzati con l’Istituto Italiano di Tecnologia e Parametric Design sono destinati ad ambienti domestici e professionali. Si muovono, parlano e imparano dal mondo circostante

TI PIACE QUESTO ARTICOLO?

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato.

iCub è uno dei robot “domestici” più conosciuti a livello globale. Il motivo è semplice: è alto come un bambino di quattro anni, ha una faccia molto simile a quella dell’uomo ed è in grado di parlare, sorridere, muovere le ciglia e gli occhi. L’estetica fa dunque la sua parte ma non è tutto. Il piccolo umanoide è dotato di 53 motori, grazie ai quali può girare la testa e usare gli arti superiori e inferiori e oltre 4 mila sensori, con cui mantiene il senso della posizione, così da poter interagire con le persone che lo circondano. Il suo cervello è un piccolo gioiellino di Intelligenza Artificiale che, con il machine-learning, si sviluppa e impara da quello che vede e dagli “allenamenti” che compie.

Made in Italy

È italiano perché il suo sviluppo si deve all’Istituto Italiano di Tecnologia, che in circa dieci anni ha messo assieme figure professionali provenienti da diversi settori per realizzare l’innovativo progetto, basato su un concetto molto ampio di open source, visto che la piattaforma che lo potenzia è oggetto di continue implementazioni.

Grazie all’esperienza acquisita sul campo, l’Istituto Italiano di Tecnologia ha pensato a un’evoluzione di iCub non solo sotto il profilo software ma anche hardware. Il risultato è R1, un sistema robotico più complesso che, come il precedente, nasce dal supporto fondamentale di PTC e Parametric Design. La collaborazione tra i tre soggetti ha dato vita a “Tecno-logia”, un evento ospitato dalla sede principale dell’IIT a Genova, pensato proprio per approfondire le tematiche della robotica del nuovo millennio.

Il ruolo dell’Istituto Italiano di Tecnologia

A introdurre la giornata è stato Giorgio Metta, vice scientific director dell’Istituto, che ha tracciato le linee guida di un ente che a suo modo è unico in Italia: “Spesso si parla della ricerca italiana come di un contesto difficoltoso, dove si fa sempre più fatica a coinvolgere ragazzi e professionisti, che spesso preferiscono andare all’estero per finalizzare i loro studi avanzati. Quello che l’ITT cerca di fare è invece intercettare quel flusso migratorio, incentrando gli sforzi nella costruzione di un ambiente stimolante e fluido di idee, dove poter concretizzare prodotti che possano davvero cambiare e migliorare la società. R1 è uno degli stadi intermedi più importanti di tutto ciò”.

Leggi anche:  Economia circolare, Samsung estende la riparazione fai da te ad altri prodotti

La vision di PTC

Ma dicevamo di PTC. In che modo la compagnia è riuscita a supportare il lungimirante sogno dell’istituto? “Da 30 anni PTC si impegna nel fornire al mercato soluzioni dirompenti che supportino i bisogni dei clienti, sempre più votati all’innovazione e al design – ci spiega Stefano Rinaldi, SVP e General Manager di PTC Italia – oggi più che mai, il nostro lavoro è volto a facilitare la convergenza tra il mondo fisico e quello virtuale, che trova il suo culmine nell’Internet delle Cose. Non parliamo quindi solo di meccanica ma anche di software di bordo, AI, big data e connettività estrema. Questo tipo di evoluzione della domanda presuppone conoscenze multi-disciplinari, con una gestione più complessa e ampia delle fasi di produzione. Per questo pensiamo che vi siano degli elementi necessari che un’azienda deve possedere per poter affrontare con serietà le sfide del futuro. Parliamo della vision e della voglia di rischiare, del continuo aggiornamento tecnologico e del parco di partner a cui possiamo attingere per approcciare un progetto da diverse angolature”.

L’apporto di PTC Italia per la realizzazione di iCub e R1 si traduce nello sfruttamento di Creo 3 e Windchill 11, per la creazione e la programmazione delle singole parti che compongono i robot. Le piattaforme abilitano in maniera versatile e funzionale la combinazione di parti meccaniche, elettriche e software, per dar vita a un artefatto che è frutto di un know-how di assoluto valore. Per quanto riguarda l’ultimo R1, l’uso di Creo e Windchill è stato determinante per la progettazione dei movimenti di torso, testa e copertura in plastica del telaio, costruiti poi da Parametric Design L’obiettivo è quello di far diventare l’umanoide un vero oggetto di uso quotidiano, sia a casa che in ufficio. Stando ai fautori, in una fase di produzione di massa, sarà possibile comprare un modello per un prezzo vicino a quello di un’utilitaria: circa 12.000 euro.