Il sistema di pagamento mobile di Google si allarga sempre di più partendo dal Regno Unito, trampolino di lancio per il resto del continente
Mentre il diretto concorrente, Apple Pay, latita, Android Pay conclude una serie di importanti accordi per il suo futuro nel vecchio continente. Nel Regno Unito, il sistema di pagamenti mobili di Google ha infatti stretto una serie di partnership con istituti di credito di un certo spessore, come la Royal Bank of Scotland, Santander, Ulster Bank e NatWest, mentre resta fuori dal giro Barclays, che potrebbe tuffarsi in un’avventura indipendente all’interno del settore del commercio elettronico on-the-go. Il vantaggio principale è che, per usare Android Pay, non serve uno smartphone di ultima generazione; gli elementi necessari per sfruttare le sue potenzialità sono due: la versione 4.4 del sistema operativo e la presenza di un chip NFC, integrato di recente su molti dei telefonini in circolazione, compresi quelli di fascia media.
In Italia?
Nonostante il fervore oltremanica, è presto per dire quando Android Pay arriverà da noi. È chiaro che i ritardi non siano legati a problematiche tecniche ma burocratiche. La stessa presenza di circuiti internazionali, che già supportano la modalità, fa ben sperare per un prossimo approdo anche se bisognerà attendere ancora. L’obiettivo di Google è chiaro: Pay non vuole essere un mezzo di pagamento esclusivo e settorializzato ma un modo per migliorare il flusso economico globale, attraverso la vasta diffusione di smartphone abilitati. Di notizie ufficiali circa l’approdo in Italia non ne abbiamo e il rischio è che, con il tempo, quella che sembra oggi un’innovazione, rischi con il diventare solo un’altra meteora, incapace di far voltare pagina a un panorama legato ancora, profondamente, al contante.