Storia di dati e di manager

Qual è il mestiere di editori, oggi? Facebook è il giornale più letto nel mondo con 1,09 miliardi di lettori su base giornaliera. Davanti alla trasformazione epocale che ha investito il settore dell’editoria, che cosa avrebbero fatto Arnoldo e Alberto Mondadori, Giangiacomo Feltrinelli, Valentino Bompiani e Giulio Einaudi? La crescita del settore digitale non basta a risolvere la crisi che è più profonda e riguarda non solo i ricavi, ma il modo di fare informazione e di essere editori. Si potrebbe cominciare dalle preoccupazioni di un grande poeta, Thomas S. Eliot: «Dov’è la saggezza che abbiamo perso con la conoscenza? E dov’è la conoscenza che abbiamo perso con l’informazione?».

E si potrebbe continuare chiedendosi dov’è l’informazione che abbiamo perso con la sua sovrabbondanza, con le news always-on, con la marmellata mediatica che fa da rumore di fondo dei nostri giorni ma non mette bene in evidenza parole da ascoltare e capire. La nostra cultura ormai si caratterizza per la disponibilità di un’enorme quantità di dati. Una volta, c’era chi produceva informazione e chi la consumava. Oggi, chiunque può essere editore di se stesso. Siamo tutti contemporaneamente fruitori e generatori di informazioni, ciascuno di noi è soggetto e oggetto di comunicazione, è lettore e giornalista. E dobbiamo confrontarci inevitabilmente con il problema della qualità e della reputazione. Le informazioni ci raggiungono in modo istantaneo, e abbiamo solo l’illusione di sapere tutto. Perché per capire la relazione che lega i fatti ci vuole il tempo di approfondire e il lavoro di giornalisti capaci di scrivere, leggere e fare di conto. Da quarant’anni, siamo sulle scrivanie di chi decide.

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Da quarant’anni, crediamo nelle imprese, che sono le sole che in questo Paese creano veramente lavoro. Lo facciamo perché per fare innovazione e guardare al futuro ci vuole coraggio. Lo stesso coraggio che ci vuole per raccontare le storie di innovazione, fuori e dentro le imprese. Lo facciamo in modo libero, senza seguire la corrente e la logica mainstream delle pianificazioni “un tanto al kilo” delle agenzie che fanno business sulla notizia, ma non credono nel nostro lavoro. Fare la sottrazione tra informazione e comunicazione e ottenere una differenza di valore è la vera sfida, per non restare intrappolati nel labirinto della Rete e continuare a essere una voce libera, senza battere più forte la grancassa. I dati e le persone sono il vero capitale che dobbiamo preservare. E cerchiamo di dare valore alle informazioni e ai manager che le gestiscono perché questo fa parte del nostro DNA a partire dal nome.

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Sempre alla ricerca di un equilibrio, tra tempo e momento, cultura e mercato, gestione industriale e familiare. E per resistere, prima alla competizione delle testate nate come funghi negli anni d’oro della New economy, e oggi, alla competizione dei grandi brand che diventano aggregatori di notizie e degli OTT come Google, che diventano un ecosistema che detta le regole del gioco. Ogni mese, pubblichiamo una rivista patinata di oltre cento pagine. La piattaforma online ha una potenza di fuoco che ci mette al centro della community dei CIO italiani. Inutile indugiare sul dibattito tra carta e web perché crediamo nella sinergia tra i due mezzi, perché la carta se è bella ha una capacità di racconto senza tempo, e perché in un’era in cui non è più possibile restare da soli, perdersi o dimenticare, qualche volta stare con una pagina in mano può essere una consolazione.

Gli strumenti crescono, si evolvono e nell’era dell’IoT comunicano tra loro. Si può essere crossmediali e multicanale, ma la sostanza non cambia. La notizia è un fatto che aspetta di diventare storia. E dietro ogni storia ci sono le vite di persone e imprese. Crediamo di essere “padroni” di queste evoluzioni, ma in realtà la nostra capacità di gestirle è molto confusa. Quanta verità ci può essere in una storia dipende dal punto di vista, dai dati, dal modo in cui sono stati raccolti e analizzati, e anche dalla possibilità di verifica e di accesso. Abbiamo gli strumenti per fare meglio questo mestiere. Tutto il resto dipende da noi.