Lo confesso: ho incominciato a scrivere di informatica (si diceva così) quando Data Manager muoveva i primi passi. Quasi per caso. Uno di quegli scioperi che in Germania capitano ogni 12 anni mi cancellò un appuntamento alla Volkswagen di Wolfsburg. Mi fermai ad Hannover, prima volta alla Fiera di cui il CeBIT era solo uno dei grandi padiglioni. Era il 1978, rapimento Moro in corso. Alla Siemens mi presentarono una delle prime stampanti laser. Destinata ai grandi data center, pensavo che col laser facesse fori per moduli perforati. Alla Nixdorf, dove incontrai il fondatore Heinz, mi parlavano di oscuri rapporti tra computer e linee telefoniche, ma pensavo che il mio tedesco mi stesse giocando brutti scherzi.
Ormai il dado era tratto. Tornato in Italia, imparai che cosa fosse un home computer, che costava come un mese di stipendio (erano l’Atari 400, il Commodore 64, il Sinclair Z80, o il costosissimo TI-99/4 che costava il doppio: un milione). Il pc IBM, annunciato nell’estate 1981 e qualche mese dopo presentato alla biblioteca comunale di Milano, ne costava tre o quattro. In compenso, un disco fisso di Apple da cinque mega (mega!) si chiamava Profile e nel 1983 costava cinque milioni di lire. Niente rispetto ai 17 milioni di un fax della Infotec, che diventavano 22 per garantire la compatibilità con gli altri apparecchi. Solo le grandi aziende e le principali redazioni dei giornali potevano permettersene qualcuno. Altrettanto costosi i word processor Xerox o Wang, che permettevano di impaginare un documento in un batter d’occhio, anche se costavano come una media cilindrata. Olivetti, che nel 1978 aveva introdotto la prima macchina per scrivere digitale (l’ET 101) cercava a sua volta di farsi strada nel segmento. Con l’ETS 601, in pratica una typewriter con dischetto e display. Per Data Manager dovevo occuparmi soprattutto della grande informatica, e così ecco arrivare nel 1982 le prime unità a disco IBM con testine “thin film”. Una unità, grande come un frigorifero, conteneva 2,5 gigabyte, un autentico record, ma costava dagli 80 ai 140 milioni di lire. Dieci giga, che oggi stanno su uno smartphone, costavano 400 milioni. Parte del sistema era prodotta per l’Europa a Vimercate, mentre a Montpellier IBM ci mostrava il raffreddamento ad acqua (TCM si chiamava) dei nuovi 3081, i mainframe eredi dell’S/370. Nascevano intanto nuovi concetti. In una conferenza chissà perché in Olanda, la Xerox, con Intel e DEC, aveva presentato l’Ethernet: quel mitico cavo giallo con un transceiver (1000 dollari ognuno) che trasmetteva non più i miseri 10 kilobit al secondo dei terminali IBM 3270, ma 10 megabit, mille volte di più rivoluzionando l’ufficio e non solo.
Il pc cresceva, in Italia arrivava l’M20 di Olivetti (1982) e poi l’M24 (1984), ma restava un brutto rospo da maneggiare. La rivoluzione, a parte le costose workstation Xerox “Star” sarebbe arrivata con Apple. Prima Lisa (1983) poi il Mac (1984). L’allora distributore italiano, la Iret di Reggio Emilia, me lo presentò in anteprima di alcuni giorni in un incontro “segreto” alle “Stelline” in corso Magenta a Milano. «Come lo trova»? – mi chiese. «Crescerà» – risposi, poco convinto da quel minidisplay da 9 pollici e l’archivio a floppy pur di risparmiare. Si doveva capire ancora a che cosa servisse. Non lo sapeva nemmeno Apple.
Il mondo però stava cambiando. Nuovi nomi arrivavano sulla spinta del pc, come Compaq (1982) e poi Dell (1984), entrambe texane. Altri nella grande informatica incominciavano a battere in ritirata. Arrivavano (1986) i primi “notebook” di Data General o Texas Instruments (e poi gli “high end”, Toshiba, Compaq), schermi piccoli, illeggibili perché non retroilluminati e prezzi da capogiro. Si incominciavano a diffondere nelle aziende nuovi termini: downsizing e client / server. Il regno di IBM, che nel 1986 arrivava a realizzare profitti record per 600 miliardi di lire in Italia, incominciava a essere meno solido. L’attenzione si era ormai spostata verso l’ufficio, arrivava la rivoluzione della stampa non a impatto, con HP e Canon a portare sui tavoli laser e ink jet. E naturalmente le reti, con i nomi nuovi di 3Com, Cisco. Il decennio dopo a fare il cambiamento sarebbero state le comunicazioni, con Internet (un milione per i primi modem domestici da 9600 kbit/s) e il loro costoso miagolare sulla linea telefonica, e la telefonia mobile: quattro milioni per il Microtac di Motorola, stella ai mondiali di Italia 90. Altri 10 anni, e il web sarebbe stato il protagonista indiscusso, mentre con il 2007 e l’arrivo dell’iPhone si cambiava ancora pagina e cambiavano in modo definitivo anche gli assetti geografici dell’industria. Ma forse un’altra cosa è cambiata: a un primo ventennio alla ricerca di risposte alle domande dell’utente, ne è seguito uno alla ricerca di domande. Ora serve una nuova sintesi.