Microsoft vince la battaglia delle email con il governo degli Stati Uniti

I due erano arrivati in tribunale per l’ottenimento di alcuni messaggi di posta conservati nel data center irlandese

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Si è conclusa con una vittoria da parte di Microsoft la “diatriba delle email”. Si tratta di una questione che andava avanti da tre anni, da quando cioè, nel 2013, il governo degli Stati Uniti impose al gigante di Redmond di inviare al dipartimento di stato una serie di email, conservate sui server irlandesi e rientranti in una indagine su Silk Road, la piattaforma utilizzata dal dark web per la compravendita di prodotti illegali, tra cui droghe. Sin dal principio, Microsoft si è opposta alla richiesta del governo di Washington, sia per principio che per paura di una reazione dei suoi più grandi clienti cloud, che a quel punto avrebbero potuto preferire dirigere le loro necessità di hosting sulla nuvola verso compagnie più attente alla protezione della privacy.

La sentenza

Venerdì scorso però la Federal Appeals Court ha sentenziato in favore di Microsoft, spiegando che la procedura di ottenimento, avanzata dagli USA, ricade effettivamente nei poteri resi possibili dallo US Stored Communications Act (SCA) ma non per questo leciti se non correlati direttamente con l’interesse nazionale. In poche parole, lo SCA consente al governo statunitense di accedere a informazioni e dati digitali conservati dai provider, all’interno di procedure che riguardano indagini di polizia in cui sono coinvolti in prima persona gli States ma non a livello extra-territoriale, ovvero quando la compagnia a stelle e strisce localizza i suoi stemi di archiviazione all’estero. Il risultato è che la Corte al quale il governo si è appellata non può rispondere di una simile richiesta: “In alternativa si dovrebbe avviare un comitato di analisi internazionale per capire se è possibile forzare il trattato in merito ai contenuti conservati in Irlanda”. Soddisfazione da parte delle associazioni in difesa dei diritti digitali, come l’Open Rights Group (che ha supportato Microsoft nella vicenda sin dal 2014) e la Electronic Freedom Foundation che ha detto: “Si tratta di una decisione rivoluzionaria, che aiuta a proteggere la privacy degli utenti in tutto il mondo”.

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