Servono anche in Italia nuove figure complementari e specializzate, in uno scenario che vede oggi più che mai la sicurezza dei sistemi IT al top delle preoccupazioni per i CIO
Cambiano gli scenari e cambia il ruolo dei CIO, anche alla luce delle nuove sfide della trasformazione digitale. Ivan Straniero, dal suo punto di osservazione privilegiato di regional manager Southern & Eastern Europe di Arbor Networks, azienda da sempre in prima linea nella security IT, di cui coordina le attività in quasi venti paesi in Europa, spiega a Data Manager come in Italia, dove il tessuto economico è formato per la maggior parte di piccole e medie imprese, si vedano «i CIO e soprattutto gli IT manager affrontare la trasformazione digitale con ruoli sempre più orientati al business: se in passato l’IT era al servizio interno dell’azienda, oggi è sempre più una componente strategica del business».
Tendenza conservatrice
Ma attenzione: «Se nelle realtà più strutturate in Europa vi sono ormai figure complementari che ruotano attorno al CIO per cooperare nelle decisioni di business aziendali, come i chief data officer (CDO) o i chief marketing officer (CMO), in Italia si nota ancora una tendenza conservatrice, fatta per lo più di persone che non si mettono in gioco, continuando per così dire a coltivare il proprio orticello» –prosegue Straniero. Ma è anche un problema di investimenti, perché «di sicuro la maggior parte dei CIO sa che c’è bisogno di innovazione, ma poi si scontra con i budget. Non solo. Le aziende enunciano spesso di voler usare l’innovazione tecnologica ma poi si trovano a dover fare i conti con la realtà. Inoltre, in Italia perdura sempre un po’ di lentezza, dovuta al desiderio di contenere i costi evitando di effettuare investimenti considerevoli» – spiega Straniero, pur sottolineando che oggi «vi sono non poche aziende di sicura eccellenza, che sono partite per prime e hanno innovato, magari saltando a piè pari alcune fasi».
Il peso delle nuove figure
Allargando il discorso all’area coordinata da Ivan Straniero, che comprende 18 paesi europei oltre al nostro, il manager fa sapere che «vi sono realtà in cui queste nuove figure stanno prendendo piede, mentre in Italia non sono ancora così gettonate. Per esempio, in Turchia, dove al momento vi è molto dinamismo a livello di tecnologia, come nell’ambito delle reti informatiche che si stanno sviluppando molto anche nel settore mobile, con il 4.5 G in netta crescita, nonostante siano arrivati tardi al 3 G, si nota una preminenza dei chief information security officer (CISO), a fianco dei CIO, anche alla luce del fatto che molte aziende stanno investendo molto per migliorare le infrastrutture dal punto di vista della sicurezza». Una tendenza dinamica che si riscontra, secondo Straniero, anche in Polonia, dove «vi è un solido interesse per la sicurezza nonostante il numero di attacchi informatici sia inferiore rispetto alla Turchia». E questo spinge il manager di Arbor Networks ad auspicare che in Italia si prenda esempio da questi due paesi per ritrovare il coraggio di osare di più a livello di innovazione: «Qui da noi servirebbe senz’altro una maggiore spinta e una buona dose di dinamismo. E l’esempio della Turchia è quello di un paese che, al di là del momento politico, ha molto da dire in termini di spirito di iniziativa, anche a livello di start-up e di business online».
La governance ideale
Infine, l’analisi di Ivan Straniero tocca un altro punto rilevante per l’IT degli anni a venire: quello della governance ideale per avere un’IT aziendale non più vista come centro di costo ma come vero motore di crescita e di trasformazione digitale. E la conclusione è chiara: «Sarebbe opportuno che il CIO e il suo ruolo vengano visti come un centro di scambio di idee, o meglio come un punto focale cui tutti fanno capo per prendere tutte le opportune decisioni tecnologiche ai fini del business. Perché anche tenendo presenti i nuovi scenari e le nuove possibilità, l’IT non va più vista solo come un servizio ma anche come uno strumento per generare nuove opportunità di business».