Francesco Cavarero (Miroglio Group), come innovare il “made in Italy”

cavarero miroglio group

«Miroglio ha due anime» – ha spiegato Francesco Cavarero, CIO di Miroglio Group. Quella più antica della manifattura dei tessuti con una grande stamperia in provincia di Cuneo, che oggi non esisterebbe senza la tecnologia, e quella della confezione con la produzione di abbigliamento, che nel corso del tempo è cambiata fino a diventare una realtà prevalentemente distributiva. «L’innovazione è stata alla base dell’evoluzione dell’impresa in entrambi i casi. «Il manifatturiero italiano può assicurarsi un futuro – dichiara Cavarero – solo se fa leva sulla riconosciuta eccellenza artigianale, sulla tecnologia e sull’innovazione di processo». In particolare, Miroglio Textile ha potuto mantenere in Italia la sua significativa capacità produttiva nel mondo del tessuto stampato, «adottando con decisione la tecnologia digitale per rivoluzionare il modo in cui concepisce e produce i suoi prodotti». Si tratta di due facce della “fabbrica” che l’IT serve in modi diversi. «In fabbrica, Miroglio è passata nel giro di pochi anni da modalità di stampa convenzionale dei tessuti all’uso di avanzate tecnologie ink-jet, e alla completa digitalizzazione dei processi di design. In questo passaggio, il ruolo dell’IT è stato inizialmente di supporto. L’input è arrivato dalle operations. E lo stesso CEO ha avuto il merito di aver intuito il bivio che avevamo di fronte. Il vero lavoro per l’IT è arrivato dopo, quando è stato necessario integrare i processi e i dati».

Puntare sull’innovazione

Il Gruppo Miroglio ha saputo puntare sull’innovazione per trasformare il proprio modo di essere e fare impresa. Il Gruppo opera dal 1947 nei settori del tessile e della moda, ma ha saputo sviluppare una strategia internazionale, operando su tre segmenti specifici: fashion, tessuti stampati e offerta di servizi di supply chain management. «Miroglio – continua Cavarero – è una multinazionale con un forte presidio distributivo e produttivo in Italia. Da informatico, condivido gli obiettivi che il governo si è dato con l’Agenda digitale. La priorità ai servizi infrastrutturali di base per la gestione dell’identità digitale, per esempio, interpreta bene il ruolo che l’Amministrazione pubblica deve avere nel modernizzare i suoi servizi e aumentare l’efficienza del Sistema Paese e nell’abilitare lo sviluppo, da parte del mercato, di servizi a valore aggiunto».

TI PIACE QUESTO ARTICOLO?

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato.

Un ecosistema di relazioni

Il retail è uno dei settori più “technology intensive” al pari del finance. L’innovazione di prodotto e di processo hanno integrato la consolidata eccellenza nella proposizione stilistica, che oggi – secondo Cavarero – «è requisito necessario ma non sufficiente per l’affermazione del made in Italy». Per il retail il discorso è se possibile ancora più complesso. L’Italia da questo punto di vista non è l’osservatorio più attendibile, anche se i numeri crescono a grande velocità. «L’incidenza delle vendite online non solo ha tassi di crescita impressionanti, ma ha già raggiunto anche per molti retailer tradizionali incidenze importanti sul fatturato. Il mobile, i social network e le applicazioni di messaging diventeranno parte di un ecosistema di distribuzione e di relazione con il consumatore in cui il negozio, unico attore fino a pochi anni fa, sarà un tassello importante ma complementare rispetto agli altri».

Leggi anche:  Intelligent workplace, l’ambiente di lavoro diventa fluido

Trasformare la supply chain

La scansione temporale delle fasi di produzione e vendita a cui siamo abituati sarà sempre più messa in discussione. Dopo che il fast fashion, di cui Miroglio è stato uno dei precursori in Italia con il marchio Motivi, ha reso obsoleto il concetto di collezione, «anche l’alto di gamma – spiega Cavarero – sta immaginando di ripensare i suoi “riti”, con la possibilità di acquistare i prodotti poche ore dopo la sfilata di presentazione, con impatti notevoli su tutta l’organizzazione della supply chain a monte». Un impatto che si farà sentire anche sul ruolo del CIO e la sinergia con il business. Tra modello “as a service” di tutto e consumerization, il CIO è alla ricerca di una nuova identità. «C’è chi profetizza che il CIO sarà sempre di più un acquirente di servizi scelti dalle funzioni business e chi attribuisce al CIO il ruolo di principale motore dell’innovazione in azienda. Quello che è certo è che il valore del CIO risiede nella capacità di interagire e comunicare con gli altri manager. L’innovazione può nascere solo dalla collaborazione e da un approccio multidisciplinare. Non è solo una questione di strumenti, ma anche di persone».